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Riforma del lavoro: ecco i punti essenziali

SCHEDA – Tutte le novità sulla riforma del lavoro che è diventata legge: licenziamenti e articolo 18, contratti a progetto e partite Iva, apprendistato e stage, aspi e salario base – Confindustria, Squinzi: “Serve una revisione” – Fornero: “Disponibili a cambiamenti” – Scarica in Pdf il testo completo degli emendamenti.

Riforma del lavoro: ecco i punti  essenziali

La riforma del lavoro è divenatata legge. In extremis, a meno di 24 ore dall’avvio del prossimo Consiglio Ue, ma comunque in tempo per consentire al premier Mario Monti di arrivare a Bruxelles con una carta in più da giocare. Il Premier è stato accontentato: la credibilità del Governo e il suo potere contrattuale al tavolo della trattativa europea escono oggi rafforzati da Montecitorio.

Dopo l’ok già arrivato dal Senato, i la Camera ha dato il via libera a ben quattro fiducie su altrettanti maxi-emendamenti presentati dall’Esecutivo, che ha scelto di spacchettare in questo modo l’intero provvedimento per accelerare i tempi d’approvazione.

“Nessuno ha mai avuto la pretesa di avere chiave in tasca per soluzione dei problemi che affliggono il mercato del lavoro italiano – ha detto  il ministro Elsa Fornero -. Capisco anche il sacrificio fatto dalla Camera per questa limitazione della discussione imposta dall’agenda europea. Il Governo è disposto a fare cambiamenti che saranno discussi, non ci sono intoccabilità. Ora è importante far partire questa riforma che contiene un insieme di elementi positivi”. In particolare, l’Esecutivo si è impegnato ad intervenire nuovamente in tema di esodati, flessibilità in entrata e ammortizzatori sociali.

In prima linea fra i dissidenti c’è il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, sostenuto su questo fronte dal Pdl. “Non è ancora pace fatta con il ministro Fornero – ha sottolineato il numero uno degli industriali -. La riforma non ha migliorato la flessibilità in uscita, se non solo marginalmente, e ha peggiorato la flessibilità in entrata. Quindi se deve essere approvato entro il 28 giugno mi sta bene, ma poi dovremo metter mano sicuramente a una revisione”.

Seppure con motivazioni differenti, anche il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, ritiene che “il provvedimento Fornero non vada bene. Ci sono dei punti che vanno cambiati”.

Vediamo ora nel dettaglio quali sono le novità fondamentali contenute nella riforma del lavoro.

 

ARTICOLO 18

La riforma rivede l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori differenziando i trattamenti a seconda del tipo di licenziamento. La normativa, fino ad oggi applicabile solo alle aziende sopra i 15 dipendenti, sarà ora applicabile in tutti i casi.

Licenziamenti economici

E’ stato sicuramente questo il capitolo più controverso dell’intera riforma. Nella prima formulazione, il Governo non aveva previsto alcuna possibilità di reintegro per i lavoratori licenziati ingiustamente con motivazioni economiche, ma solo un indennizzo compreso fra le 15 e le 27 mensilità. Nella versione definitiva, invece, Il giudice – quando non riterrà valide le motivazioni fornite dall’azienda – potrà scegliere se imporre il pagamento di un indennizzo o la restituzione del posto di lavoro.

Licenziamenti disciplinari

In questa categoria rientra anche la condotta di quei lavoratori che con brunettiana memoria si è soliti definire “fannulloni”. Non solo, quindi, chi picchia i colleghi o ruba alla società, ma anche chi non adempie agli obblighi previsti dal suo contratto. Fino ad ora il comportamento del giudice in questi casi era identico a quello per i licenziamenti economici: né reintegro né indennizzo nel caso in cui abbia ragione l’azienda, reintegro se invece ha ragione il lavoratore, a cui si offre in alternativa la possibilità di scegliere l’indennizzo. Da oggi invece sarà il giudice a decidere di volta in volta per il risarcimento o il reintegro.

Non è più previsto alcuno stop in caso di malattia, per evitare frodi da parte di lavoratori che potrebbero fingersi ammalati in modo da frenare la procedura. Fatti salvi i casi d maternità o di infortunio sul lavoro, tutti i licenziamenti disciplinari diventano effettivi “dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo è stato avviato, salvo l’eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva”.

Licenziamenti discriminatori

In questo caso non cambia nulla. La norma rimane esattamente quella già prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: se il lavoratore riesce a dimostrare di essere stato discriminato dall’azienda (per ragioni religiose, politiche, razziali, d’orientamento sessuale o altro), il giudice deve annullare il licenziamento e imporre il reintegro.

 

CONTRATTI

Il tempo indeterminato

“L’obiettivo è di fare del contratto dipendente a tempo indeterminato quello dominante che comincia con la fase d’apprendistato, cui noi intendiamo dare enfasi”, ha spiegato il ministro Fornero. In sostanza, la scommessa è di incentivare le assunzioni a tempo indeterminato rendendo più costosi i contratti precari (Co.co.co e Co.co.pro) e premiando le aziende che stabilizzano i lavoratori, ma anche rendendo più facili i licenziamenti, in modo che le imprese non abbiano più alcun alibi per non assumere.

L’apprendistato

La durata minima del contratto è di sei mesi, ma quella canonica arriva a tre anni. Alla fine di questo periodo, il bivio: l’azienda potrà scegliere se chiudere il rapporto con l’apprendista oppure stabilizzarlo con un contratto a tempo indeterminato. La facoltà di incamerare apprendisti sarà però concessa solamente a quelle imprese che nell’ultimo triennio abbiano assunto almeno il 50% degli apprendisti. Per i primi tre anni dall’entrata in vigore della legge, però, questa quota scende al 30%. Aboliti gli stage gratuiti.

Il tempo determinato

Il primo contratto a termine che può essere stipulato senza causale può durare un anno. Le pause obbligatorie fra un contratto e l’altro passano da 10 a 60 giorni per i rapporti di lavoro inferiori a 6 mesi di durata e da 20 a 90 giorni per quelli superiori. Nei casi di specifici processi organizzativi (come start up, lancio di nuovi prodotti, cambiamenti tecnologici, seconde fasi di progetti) i contratti collettivi potranno prevedere una riduzione del periodo di ‘pausa’ (20-30 giorni in luogo di 60-90 giorni).

L’aliquota contributiva su questi contratti viene alzata dell’1,4% e il gettito in più verrà utilizzato per finanziare la nuova Aspi. C’è però un premio per la stabilizzazione: in caso di assunzione a tempo indeterminato, l’aliquota viene restituita alle aziende per un importo pari a sei mesi di contribuzione.

Scompare il contratto d’inserimento, mentre per i co.co.pro è previsto l’incremento dell’aliquota contributiva Inps, in modo da avvicinarla a quella prevista per i dipendenti (al 33% nel 2018). Inoltre, se nel contratto manca la definizione precisa del progetto, scatta automaticamente il tempo indeterminato.

Partite Iva

Si presumerà che siano vere solo le partite Iva con un reddito annuo lordo di almeno 18mila euro. Per quelle che mascherano un rapporto di lavoro subordinato arriva l’obbligo d’assunzione. Questa norma però non sarà valida da subito, ma solo dopo un anno dall’entrata in vigore della riforma. Si tratta di una concessione del Governo alle richieste degli imprenditori. Gli indicatori di rischio che fanno supporre la falsità della partita Iva sono la durata della collaborazione, che non deve andare oltre gli otto mesi, e il corrispettivo pagato, che non deve essere superiore dell’80% di quello di dipendenti e co.co.co. Inoltre, il lavoratore non deve avere una postazione fissa in azienda. 

 

AMMORTIZZATORI SOCIALI

Aspi, la nuova indennità di disoccupazione

L’assicurazione sociale per l’impiego sostituirà gradualmente ogni forma di mobilità ed entrerà a regime nel 2017. Si applicherà a tutti i dipendenti con contratto a tempo determinato, ma per averne diritto bisognerà avere almeno due anni di anzianità assicurativa e 52 settimane lavorative negli ultimi due anni. L’ammontare sarà pari al 75% delle retribuzioni fino a 1.150 e al 25% oltre questa soglia, ma l’assegno massimo sarà di 1.119 euro lordi al mese. La durata standard del trattamento sarà di 12 mesi: solo per gli over 55 arriverà a 18 mesi. L’aliquota contributiva sarà dell’1,3% (2,7% per i precari).

La mini-Aspi

Sarà riservata a chi non ha maturato i requisiti per l’Aspi tradizionale e rispetto a questa avrà un importo inferiore. Non ne avranno diritto i lavoratori precari, ma solo quelli con un contratto di lavoro subordinato.

Salario base per i contratti a progetto

In arrivo una sorta di salario base per i co.co.pro. Sarà calcolato facendo riferimento ai salari minimi dei dipendenti per figure analoghe.

Una tantum per i parasubordinati

Per una fase sperimentale di tre anni, si rafforza l’attuale una tantum per i parasubordinati che perdono il posto. Ad esempio, chi ha lavorato 6 mesi potrà avere oltre 6 mila euro.

Fondo di solidarietà per gli over 58

Con la nuova riforma delle pensioni non si può più sperare di ritirarsi dal lavoro prima dei 66-67 anni. D’altra parte, chi perde il posto ed è già in età avanzata ha davvero poche speranze di trovarne un altro. Per queste persone arriva un fondo di solidarietà coperto dalle aziende, che impiegheranno in questo modo almeno parte dell’aliquota che risparmieranno sulle indennità di mobilità, destinate a scomparire.

Contro le dimissioni in bianco per le donne

Durante la maternità e fino ai primi tre anni di vita del figlio, le dimissioni e le risoluzioni consensuali del contratto dovranno passare al vaglio del ministero del Lavoro. Gli abusi saranno puniti con sanzioni da 5 mila a 30 mila euro.


Allegati: Riforma_Lavoro.pdf

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