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India: nonostante le difficoltà, un mercato da non ignorare

Pesano sulla crescita del Paese bassi livelli di infrastrutture e formazione, una burocrazia ingombrante e un sistema giudiziario inefficace. Tuttavia, secondo Atradius, la classe media locale riserva indubbie opportunità per gli IDE.

India: nonostante le difficoltà, un mercato da non ignorare

Come pubblicato nell’analisi Atradius, la dinamica della crescita economica indiana ha rallentato notevolmente dal 2011 dopo che sono stati registrati tassi oltre l’8% nel biennio 2009-2010. Le regioni vanno ricercate principalmente sui bassi livelli di infrastrutture e formazione, una burocrazia ingombrante e un sistema giudiziario inefficace. Negli ultimi anni, inoltre, la domanda per beni di consumo e investimenti è stata inibida da livelli ostinatamente alti di inflazione (oltre il 9%) e tassi di interesse elevati. Gli elevati prezzi al consumo sono una seria preoccupazione nel Paese, minando il potere d’acquisto delle famiglie più povere: secondo la Banca Mondiale, più di tre quarti della popolazione vivono ancora con meno di 2 dollari al giorno. Tuttavia, l’inflazione ha cominciato a diminuire durante il 2014 e dovrebbe calare ulteriormente nel corso di quest’anno (a circa il 7%), grazie alla diminuzione dei prezzi globali delle materie prime, primo tra tutti il petrolio. La crescita economica reale dell’India dovrebbe aumentare del 6,0% nel 2014 e raggiungere quest’anno il 6,5%. Si prevede che il rimbalzo sarà guidato dalla ripresa di progetti infrastrutturali tuttora in stallo e, nel medio termine, rafforzata dalla crescita della classe media, grazie a elevati investimenti, processi di urbanizzazione e miglioramento dell’ambiente imprenditoriale e strutturale. Ma sono necessarie riforme tempestive e profonde.

Il debito pubblico dell’India è tradizionalmente molto alto, ma è diminuito significativamente negli ultimi due anni. Esso attualmente ammonta al 50% del PIL, mentre il deficit di bilancio centrale si attesta al 4,5% del PIL per il 2014, con un disavanzo totale, compresi quelli degli Stati federali, pari a circa il 10% del PIL. I motivi principali sono la ridotta base imponibile e il dispendio elevato sulle sovvenzioni per carburante, cibo e fertilizzanti. Tuttavia, questi deficit possono essere finanziati da prestiti nazionali. A persistere su livelli elevati è il debito societario, con il rapporto debito/equity medio delle imprese indiane pari a 87%, il più alto di tutti i mercati emergenti. E mentre questo si traduce in gran parte in debito interno, il settore bancario indiano, che era ancora un creditore netto nel 2006, attualmente detiene obblighi esterni per oltre 150 miliardi di dollari. La preoccupazione, in questo scenario, è che le banche non siano in grado e/o disposte a finanziare nuovi investimenti delle imprese e ciò ostacolerebbe il raggiungimento di più elevati tassi di crescita economica.

Ad aggravare il quadro, l’attuazione stessa delle misure per riformare queste carenze strutturali è stata troppo lenta. I più importanti fattori, infatti, che ostacolano i flussi di investimento estero sono: il sottosviluppo del settore agricolo, qualità carente delle infrastrutture, rigidità nel mercato del lavoro, eccessiva burocrazia, inefficienze nella distribuzione della terra e una carenza di manodopera qualificata a causa del povero livello dell’educazione. Le sfide più importanti da affrontare vengono da energia, infrastrutture e sistema di istruzione. Finora la partecipazione del settore privato si è concentrato principalmente sul settore delle telecomunicazioni, con investimenti nei servizi igienico-sanitari, energia elettrica, strade e ferrovie molto più bassi del previsto anche nelle principali città del Paese. La dipendenza dalle importazioni di petrolio è, in questo senso, una delle maggiori debolezze strutturali. L’India è il più grande produttore mondiale di carbone, che fornisce oltre il 50% del suo consumo di energia, mentre il 66% di petrolio e gas viene importato. Tuttavia, la diminuzione dei prezzi del petrolio sta aiutando, accanto alla riduzione del livello generale dei prezzi e del deficit di conto corrente.

L’India resta un’economia relativamente chiusa, con livelli di export di beni e servizi pari al 26% del PIL. Gli afflussi di capitale estero sono rappresentati principalmente da investimenti di portafoglio e prestiti bancari. Rischio paese e rischio sovrano rimangono bassi, dal momento che il debito estero ammonta al 20% del PIL, mentre la situazione della liquidità è confortevole e il deficit di conto corrente sono piuttosto ridotti. Nonostante le lacune, dunque, l’India rimane un grande mercato con elevati potenziali di crescita. Con una popolazione crescente, una classe media oltre i 70 milioni di persone comporta indubbie opportunità per investimenti nazionali ed esteri nella domanda di beni di consumo. Un fattore che le imprese attive sui mercati internazionali non possono permettersi di ignorare. 

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