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Lavoro e demografia: fra 10 anni mancherà 1 milione di giovani

Oggi manca il lavoro per i giovani ma domani mancheranno i giovani per il lavoro – Fra 10 anni, quando i trentenni di oggi entreranno nell’età più produttiva in termini economici, saranno troppo pochi e avranno anche difficoltà a collocarsi sul mercato del lavoro

Lavoro e demografia: fra 10 anni mancherà 1 milione di giovani

Oggi manca il lavoro per i giovani, domani mancheranno i giovani per lavorare. Le ragioni sono due: una demografica, l’altra sociopolitica.

Sul primo fronte, l’allarme più imminente riguarda le fasce d’età centrali. Come rilevato da Giuliano Cazzola in un recente seminario all’Università di Modena e Reggio Emilia, oggi gli italiani fra i 30 e i 34 anni sono 3,4 milioni, mentre quelli fra i 40 e i 44 sono 4,4 milioni. Significa che fra 10 anni, quando i trentenni di oggi entreranno nell’età più produttiva in termini economici, saranno troppo pochi. “Un milione di braccia e di cervelli in meno” per “il pilastro centrale del capitale umano e della forza lavoro”, scrive Cazzola citando una conferenza di Alessandro Rosina all’Arel.

Per riempire la voragine aperta dalla demografia, fra 10 anni gli attuali 30enni dovrebbero raggiungere un tasso d’occupazione siderale: addirittura il 95%. Fantascienza, considerando che oggi la stessa generazione si ferma al 67,9%, livello lontanissimo sia dalla media Ue (79,1%) sia dalla stessa rilevazione fatta 10 anni fa sui 40enni italiani di oggi (74,8%). Ma non basta: sempre fra i 30-34enni “abbiamo anche il più alto numero di Neet d’Europa e il più basso numero di laureati – continua Cazzola – il che li rende ancor meno spendibili sul mercato del lavoro”.

È qui che la questione demografica s’intreccia ai problemi sociali e politici. Nell’Italia di oggi, scrive Luca Ricolfi in “La società signorile di massa” (La nave di Teseo, 2019), i titoli “rilasciati da scuola e università sono eccessivi rispetto alle capacità e alle conoscenze effettivamente trasmesse e certificano la legittimità delle aspirazioni, giustificando il rifiuto di offerte di lavoro percepite come inadeguate, perché la generazione dei padri ha accumulato una quantità di ricchezza importante attraverso decenni di risparmio”.

Una ricchezza che oggi garantisce a molti giovani un tenore di vita impensabile fino a qualche decennio fa: “Numeri alla mano – sostiene Ricolfi – siamo nei primi posti al mondo per possesso e utilizzo di automobili e cellulari, per iscrizioni a palestre e centri benessere, per la spesa in giochi d’ azzardo. Ce la caviamo bene anche sul consumo di droghe, sui pranzi fuori casa e sul tempo passato a navigare in Internet. E non è finita: l’80% degli italiani ha una casa di proprietà, il 65% fa vacanze lunghe e il 50% possiede una seconda abitazione al mare o in montagna”.

Da tutto ciò Ricolfi (e con lui Cazzola) ricava questa conclusione: “Chi dipinge i giovani come una generazione di esclusi a cui è stato rubato il futuro non vede l’altra faccia della medaglia, ovvero che oggi – grazie alla ricchezza accumulata dai genitori – sono molti più di ieri i giovani che possono permettersi di non fare nulla”, altrimenti non si spiegherebbe nemmeno il numero così alto di Neet. “È paradossale, ma quel che potrebbe succedere è che il racconto vittimistico oggi prevalente alla lunga funzioni come una profezia che si autorealizza”. Per scoprirlo, basterà aspettare una decina d’anni senza fare niente.  

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