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Il maggio elettorale dell’Europa: domenica si vota in Francia, Grecia, Germania e Italia

Domenica quattro Paesi al voto: in Francia per il secondo turno, in Grecia per le politiche, in molte città italiane per le amministrative e anche in due land tedeschi con liberali a rischio – Tutti dovranno fare i conti con l’anti-politica e il governo Monti potrebbe ritrovarsi più forte in Europa che in Italia.

Il maggio elettorale dell’Europa: domenica si vota in Francia, Grecia, Germania e Italia
Nella crisi europea, dominata dai sussulti dei mercati finanziari, torna in campo la politica. Domenica prossima si vota in Francia per il secondo turno delle presidenziali, in Grecia per le elezioni politiche, in Italia per un turno significativo di amministrative, in Germania nel land quasi decisivo dello Schleswig-Holstein (la domenica successiva sarà di turno il Nord reno-Westfalia), e a fine mese ci sarà il voto dell’Irlanda sul nuovo trattato europeo per l’unione di bilancio. Insomma, se la politica volesse battere un colpo, questa di maggio è l’occasione.

E non c’è dubbio che un primo colpo la politica l’ha battuto in Francia con il successo del socialista Hollande nel primo turno delle presidenziali. Altrettanto scontato è che con il probabile successo del candidato socialista da domenica prossima dovranno fare i conti gli altri governi europei. E, la Germania sopratutto. Un successo di Hollande accrescerebbe anche il ruolo dell’Italia e del governo Monti (il quale se sta perdendo punti nei sondaggi per quel che riguarda il gradimento degli italiani, ha ancora molto prestigio a livello internazionale), che potrebbe avere un ruolo decisivo per determinare il punto di equilibrio dei rapporti tra il cancelliere tedesco e il futuro presidente francese. Naturalmente, nonostante i sondaggi favorevoli, la partita in Francia è ancora aperta. E tutto dipenderà da come si regoleranno quegli elettori che hanno già espresso il forte sentimento anti-politico votando per l’estrema destra di Marine Le Pen. Quel che sembra scontato è che comunque con il risultato del voto francese dovranno fare i conti i governi di tutti gli altri paesi europei. Anche i mercati finanziari.

Eppure la politica in Europa continua ad essere debole e sopraffatta dai mercati. In questo quadro assume particolare rilevanza il voto della Grecia, il Paese che più degli altri sta subendo i colpi della crisi economica. Come si esprimerà domenica prossima la protesta anti-politica della Grecia? Riuscirà a contenere gli effetti di un voto di protesta la grande coalizione destra-sinistra, che, come in Italia, sostiene un governo tecnico? Se la risposta sarà positiva mercati e cancellerie europee tireranno un sospiro di sollievo. Ma se la grande coalizione fosse travolta o comunque molto indebolita, tornerebbe di attualità l’uscita della Grecia dall’Euro, magari con un nuovo governo pronto a denunciare i trattati sinora sottoscritti in sede europea. E tutto questo avrebbe forti ripercussioni in tutta la politica europea.
Anche il voto dei due land tedeschi non è da sottovalutare. Al netto del voto antipolitico, che potrebbe manifestarsi con un successo del partito dei “Pirates”, la Merkel, che già potrebbe dover fare i conti con il possibile successore di Sarkozy, potrebbe veder venir meno a gravemente indebolirsi la propria maggioranza. I liberali sono in difficoltà e, stando ad alcuni sondaggi, potrebbero non superare la soglia di sbarramento. Questo potrebbe portare il cancelliere a puntare su una nuova alleanza con i socialdemocratici, magari, dopo aver scelto la strada delle elezioni anticipate. E questa possibile nuova alleanza potrebbe favorire il peso di Hollande, sempre che vinca il ballottaggio di domenica prossima.
Quanto all’Italia, l’esito delle prossime elezioni amminstrative, oltre che incerto, non sarà facile da interpretare. Sarà un voto che dovrà fare i conti con alleanze variabile e lotte fraticide: a sinistra il Pd non è alleato dappertutto con la sinistra più radicale di Vendola, e quella più giustizialista di Di Pietro. Al tempo stesso i partiti del terzo polo sono, talvolta separatamente, presenti in alleanze diversificate. Quanto alla destra le difficoltà del Pdl e della Lega (non più tra loro alleati) sono evidenti e scontate: il Pdl in molti casi si è nascosto dietro liste civiche, per evitare la conta. Nella Lega (squassata da scandali sull’uso dei rimoborsi e da scontri intestini) è lo stesso Bossi a prevedere che si pagherà un prezzo. Anche se, a Verona il sindaco leghista Tosi, vicino a Maroni, potrebbe essere confrmato. Il tutto mentre, nonostante l’uso disinvolto del denaro pubblico, i leghisti cercano di cavalcare e aizzare la protesta contro la politica del governo, e in particolare contro l’Imu.
Nel Pdl altrettanto alta è la confusione del dopo Berlusconi. L’ex premier praticamente non ha partecipato alla campagna elettorale, mentre i contrasti di potere tra ex An e diverse anime della ex Forza Italia sono palpabili). Difficile pensare che, come dice Berlusconi, tutto sia colpa dell’acronimo Pdl, o che basti, come dice Alfano, lanciare (dopo il voto) una grande proposta su un nuovo partito da far nascere dopo le amministrative.
Anche la sinistra però dovrà fare i conti con l’anti-politica, la quale, a giudizio dei sondaggi, dovrebbe premiare soprattutto le liste che fanno riferimento al movimento cinque stelle e a Beppe Grillo. Insomma è difficile che il voto di domenica diradi le nebbie di una situazione politicamente confusa. Ed è, purtroppo, in queste acque poco propizie, che dovrà continuare a navigare il governo Monti, per il quale le elezioni amministrative italiane, potrebbero alla fine mostrarsi molto più indigeste, di quelle che si vanno svolgendo negli altri paesi europei.

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