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Brasile, Bolsonaro è il nuovo presidente

Come da pronostico, il candidato di estrema destra ha superato nel ballottaggio Fernando Haddad, del Partito dei Lavoratori – Risultato netto e svolta storica nella politica brasiliana: per la prima volta dalla ridemocratizzazione del 1985, torna al potere un uomo vicino alle forze armate.

Brasile, Bolsonaro è il nuovo presidente

Il risultato è stato accolto, in molte città tra cui Rio de Janeiro, da festeggiamenti con i fuochi d’artificio, come se la maggior parte del Paese non aspettasse altro che lasciarsi alle spalle gli anni del “lulismo”, segnati dagli scandali giudiziari, da un’economia che non è mai decollata e – soprattutto negli ultimi tempi – da una drammatica ascesa della criminalità. Jair Messias Bolsonaro, 63 anni, ex militare e candidato con un partito di estrema destra, è da oggi il nuovo presidente del Brasile: ha superato, nel ballottaggio decisivo, il rivale Fernando Haddad, delfino di Lula e candidato del Partito dei Lavoratori, la formazione di sinistra che ha governato la prima economia sudamericana per oltre un decennio. Il verdetto, come era nell’aria stando ai sondaggi delle ultime settimane, è stato anche piuttosto netto: Bolsonaro ha ottenuto circa il 55,5% delle preferenze (pari a oltre 55 milioni di voti), contro il 44,5% di Haddad.

Il più grande cambiamento di direzione politica da quando c’è stata la ridemocratizzazione del Brasile, nel 1985, commentano i principali quotidiani verdeoro. All’epoca il Paese sudamericano usciva da una feroce dittatura militare, che ora torna in qualche modo di attualità, visto che Bolsonaro, che da giovane ha frequentato l’accademia militare, si è più volte espresso con toni nostalgici nei confronti di quel regime, sostenendo persino in qualche occasione che i militari – così come i poliziotti oggi – avrebbero dovuto essere ancora più spietati nella repressione degli oppositori. Propositi inquietanti che si aggiungono a quelli espressi nei mesi di campagna elettorale, di ispirazione maschilista, omofoba e misogina. Torna così al potere in Brasile una destra vicina alle forze armate (il vice di Bolso sarà il generale Hamilton Mourao), che i giornali del Paese definiscono liberale in economia ma conservatrice nei costumi. Di che ricordare le ricette di Donald Trump negli Stati Uniti e in un certo senso quelle della Lega in Italia. Con un comune denominatore a questi tre trionfi elettorali: la presenza, più o meno dietro le quinte, del guru della comunicazione (ed estremista di destra) Steve Bannon.

Il risultato dilagante vieta tuttavia di ridurre la vittoria di Bolsonaro a un voto di protesta, o a pulsioni reazionarie della popolazione bianca e benestante del Sud, o ancora alla lobby dei grandi proprietari terrieri, che non vedevano l’ora di chiudere con la fase delle nazionalizzazioni e dell’assistenzialismo sociale. A rimanere fedele a Lula e al suo partito è stato il Nord-Est, l’area più povera del Paese, ma non sono solo i “ricchi bianchi” (la popolazione bianca in Brasile è inferiore al 50% del totale) ad aver preferito Bolsonaro, il cui successo è stato trasversale, come dimostrano i festeggiamenti smodati in molte città del Brasile, compresa Curitiba, proprio davanti alla sede della caserma dove è detenuto Lula. E’ stato, in realtà, una specie di “Vaffa Day” verdeoro, che ha coinvolto anche molti giovani, stufi della criminalità dilagante e preoccupati dall’eventualità di vedere il Brasile trasformarsi in un nuovo Venezuela. Bolsonaro era l’uomo giusto al posto giusto. L’uomo dell’ordine, l’uomo della Chiesa (è stato apertamente sostenuto dalla Chiesa evangelista), l’uomo del possibile rilancio economico.

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