“Per la prima volta dopo anni di crisi la congiuntura economica degli ultimi mesi ci manda segnali di ripresa in Europa e anche in Italia, soprattutto sul fronte della produzione industriale, ed è indubbio che un passo nella giusta direzione stia avvenendo ma guai a farsi troppe illusioni e a pensare che la crisi sia finita. E’ vero che anche l’Italia sta uscendo dalla recessione ma perché finisca la crisi e si torni ai livelli produttivi e di crescita dell’inizio del 2007 bisognerà aspettare la fine del decennio in corso”. In una pausa del workshop Ambrosetti di Villa d’Este di Cernobbio, Angelo Tantazzi, economista di scuola bolognese e analista tra i più fini della congiuntura economica, presidente di Prometeia e già presidente di Borsa italiana, racconta a FIRSTonline come vede l’orizzonte dell’economia italiana ed europea. Con qualche segno di speranza in più rispetto all’anno scorso. Ma anche senza pericolose illusioni.
FIRSTonline – Professor Tantazzi, quali sono i segnali che inducono a vedere le prime luci in fondo al tunnel dell’economia italiana?
TANTAZZI – In primo luogo l’andamento dell’attività produttiva che negli mesi manda timidi segnali di risveglio, anche se con luci e ombre perché il confronto tra il primo e il secondo trimestre del 2013 non è del tutto adeguato perché è vero che gli ultimi mesi sono andati meglio ma è vero anche che l’inizio dell’anno era stato caratterizzato da difficoltà stagionali non ripetibili. Tuttavia, è indubbio che un passo nella direzione giusta si stia compiendo. Migliora la produzione industriale, l’export è sempre positivo, i pagamento della Pa alle imprese stanno arrivano e portando un po’ di liquidità in più e, da ultimo, si sta ricostituendo il ciclo delle scorte che è sempre il volano della macchina dell’economia.
FIRSTonline – Ma i segnali di ripresa continueranno o sono effimeri?
TANTAZZI – La possibilità di consolidarli c’è ma molto dipende da noi. Sul piano più generale non mancano i segnali di debolezza – come il rallentamento dei Paesi emergenti – ma spiccano anche le mosse dei giganti (a partire dall’America) che possono compensare la minor crescita dei nuovi protagonisti dell’economia mondiale. Quanto all’Italia l’area delle imprese virtuose che hanno fatto tesoro della crisi, che hanno innovato e che spingono sull’internazionalizzazione, si sta allargando e se fino a qualche tempo fa ammontava al 25% circa del totale oggi può arrivare al 35%. Naturalmente ci sono e ci saranno vincitori e vinti anche tra le imprese.
FIRSTonline – Ma il rallentamento dei Paesi emergenti non può penalizzare un Paese come l’Italia che basa in gran parte la sua speranza di ripresa sull’export?
TANTAZZI – Il rischio c’è ma il rallentamento dei Paesi emergenti non è omogeneo e non produce gli stessi effetti. Prendiamo ad esempio la Cina: è vero che la crescita scenderà dal 9 al 7% l’anno ma è anche vero che riguarderà più gli investimenti che i consumi che invece dovrebbero salire con effetti benefici per aziende come quelle del Made in Italy. Inoltre, la minor crescita degli Emergenti può essere compensata dalla maggior crescita degli Usa e della Germania verso cui si dirige buona parte dell’export italiano. Consideriamo, infine, che la direzione delle esportazioni italiane sta cambiando e si sta allargando e che l’expprt extra Ue è quasi vicino all’export italiano verso l’Europa.
FIRSTonline – Sulla ripresa pendono tuttavia quattro grosse incognite come il tapering, le elezioni tedesche di settembre, la crisi della Siria e il rebus Berlusconi: che effetti potranno avere per l’economia italiana?
TANTAZZI – Il tapering americano può anche avere una lettura positiva: è vero che la Fed immetterà nel sistema meno liquidità ma è anche vero che il tapering scatta perché l’economia torna a crescete, anche se in misura modesta. Quanto alla Germania bisognerà vedere chi vince realmente le elezioni, se si farà o meno la Grande coalizione e che effetti avrà tutto ciò sulla politica economica tedesca europea. Le altre incognite sono imperscrutibili. Ma quel lo che mi preoccupa di più è l’atteggiamento che c’è nella classe dirigente e nel Paese rispetto ai primi segnali di ripresa?
FIRSTonline – Capisco che, dopo anni di crisi, se arriva un segnale positivo si possa tirare un sospiro di sollievo ma attenzione a non farsi illusioni e non compiere passi falsi. Non è il momento di festeggiare, anzi preoccupa il fatto che il Paese continui a dimostrare di non essere consapevole che siamo un Paese debitore che ha uno dei più grandi debiti pubblici del mondo e che dobbiamo abituarci a vivere con meno risorse del passato. Abbiamo fatto dei sacrifici e il calo dello spread lo attesta ma, nelle condizioni dell’Italia, non si può essere virtuosi solo per un’ora e poi dare l’assalto alla diligenza. Il recente accordo tra Confindustria e sindacati è una spia su cui riflettere.
FIRSTonline – In che senso?
TANTAZZI – Nel senso che, se dovessero essere tutte accolte le richieste delle parti sociali, occorrebbe mettere sul tavolo 15 miliardi. Proporre la riduzione delle tasse sul lavoro e sulle imprese è sacrosanto ed è una delle chiavi della ripresa ma occorre anche indicare il modo di finanziare un’operazione del genere. E soprattutto occorre avere una visione generale del futuro del Paese della sua economia che non riesco a scorgere. Spiace dirlo, ma il futuro dell’Italia sarà probabilmente peggiore del passato e di questo dovremo farcene una ragione, senza rinunciare a fare tutto quanto è nelle nostre possibilità – a cominciare da riforme strutturali – per migliorare la nostra condizione economica e sociale.
FIRSTonline – Tagliare le tasse sul lavoro e sulle imprese e normalizzare il credito restano le priorità dell’autunno?
TANTAZZi – Sì, certamente. Ma per tagliare le tasse in modo significativo e nel rispetto dei vincoli europei occorre non solo tagliare in modo corrispondente la spesa pubblica improduttiva riorganizzare e cambiare la qualità della spesa e del funzionamento di tutta la Pubblica amministrazione e questa non è un’operazione che si possa fare in pochi giorni. La riduzione dello spread Btp-Bund è il segno di una nostra ritrovata credibilità anche se la Spagna si è avvicinata a noi e un’ altra novità positiva è anche il fatto che, per la prima volta dopo molto tempo sono tornati ad affluire capitali esteri in Italia, ma attenzione a non montarsi la testa e a non sfasciare tutto. La soglia del 3% di deficit sul Pil non è un optional e non sarà facile rispettarla.
FIRSTonline – C’è chi dice che l’altro nodo sul tappeto della normalizzazione del credito e della possibilità che le banche tornino a fare più copiosamente credito alle famiglie e alle imprese che lo meritano possa essere affrontato superando finalmente l’anomalia dell’assetto proprietario della Banca d’Italia e rivalutando e liquidando le quote azionarie delle banche azioniste: Lei che ne pensa?
TANTAZZI – Penso che sia così e che sia giusto affrontare il problema dell’assetto proprietario della Banca d’Italia e che la presenza al Tesoro di una persona saggia ed equilibrata che viene dalla Banca d’Italia come il ministro Saccomanni possa facilitare l’operazione.
FIRSTonline – Professore, la recessione forse sta finendo, ma per la fine della crisi Prometeia ci ha più volte avvertito a non illudersi sui tempi brevi: quando finirà?
TANTAZZI – Al di là egli effetti puramente statistici, che possono confondere la realtà, credo che solo alla fine del decennio i n corso potremo tornare ai livelli produttivi e di crescita che c’erano prima dell’avvio della crisi nell’estate del 2007