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Privatizzazione Poste e Fs, governo diviso: Calenda smentisce Giacomelli

Il ministro dello Sviluppo: in un Paese ad alto debito sono importanti, maggioranza resti in mano pubblica. Il sottosegretario invece è contrario a cedere una seconda quota. Divergenze Padoan-Delrio su Fs

“Sono assolutamente favorevole alla privatizzazione della seconda tranche” di Poste Italiane, “nel senso che il controllo deve rimanere in mano pubblica” tramite la quota di Cassa depositi e prestiti. Così il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda ha preso le distanze da quanto aveva affermato, giorni fa, il sottosegretario Antonello Giacomelli. “Le privatizzazioni in un Paese ad alto debito sono importanti – ha precisato Calenda – per ridurre il debito e avere ulteriori margini per investire nello sviluppo”.

Sulla questione era intervenuto nei giorni scorsi il sottosegretario allo Sviluppo Antonello Giacomelli, con delega alle Comunicazioni, che si era detto contrario alla ulteriore privatizzazione di Poste Italiane. Il capitale della società, quotata in Borsa dopo la prima apertura ai privati, è attualmente suddiviso tra Cdp 35%, Tesoro 29,3% e 21,8% investitori istituzionali. Il 13,9% è in mano a singoli risparmiatori.

L’urgenza di riprendere il programma di privatizzazioni è stata ribadita mercoledì dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in risposta ai rilievi dell’Ocse, nel corso della presentazione dell’Outlook sull’economia Italiana. I due colossi da aprire al capitale privato sono Poste, in parte già ceduta, e soprattutto Ferrovie dello Stato. Ma proprio su Fs pochi giorni fa il ministro dei Trasporti Graziano Delrio, che già in passato aveva sollevato dubbi sul modello di privatizzazione da adottare, ha preso le distanze dall’ipotesi di quotare quest’anno in Borsa le Frecce sollevando il problema dei pendolari sui treni ad Alta Velocità. Sullo sfondo resta il progetto di fusione tra Fs e Anas.

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