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Petrolio e gas, riparte la corsa ai giacimenti in Italia e si riaprono i giochi nell’Alto Adriatico

Il decreto Sblocca-Italia riapre i giochi nell’Alto Adriatico – In Basilicata e in Sicilia gli altri progetti importanti – Possibili subito 150 milioni di investimenti in ricerca e 2,5 miliardi di entrate fiscali l’anno – Arriva la concessione unica, più soldi alle Regioni ma decide il ministero Ambiente – In ballo Eni e Edison ma anche la società di Cao.

Petrolio e gas, riparte la corsa ai giacimenti in Italia e si riaprono i giochi nell’Alto Adriatico

Petrolio e gas, si apre una nuova stagione in Italia. Dopo anni di moratoria, può ripartire la produzione di gas nell’Alto Adriatico così come gli investimenti nel canale di Sicilia per lo sviluppo del greggio made in Italy. E’ il decreto sblocca-Italia, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, che rilancia l’attività negli idrocarburi, ostacolata dai veti locali negli ultimi vent’anni. Miracolo? Piuttosto, la volontà di riaprire il capitolo troppo a lungo tenuto nel cassetto dalle Regioni e di tornare a decidere, con un sì o con un no, su una questione strategica per il Paese. E con la prospettiva di vedere affluire 2,5 miliardi l’anno di entrate fiscali (la valutazione è stata fatta dal Rie, il centro di ricerca di Alberto Clò nel 2012. Ma da allora nulla è cambiato) nelle casse esauste dello Stato.

La ricerca e lo sviluppo di idrocarburi così come lo stoccaggio del gas, diventano attività “di interesse strategico e sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili”, afferma l’articolo 38 voluto dal ministro dello Sviluppo Federica Guidi. Ma soprattutto, non sarà più necessario chiedere un permesso per la ricerca e un altro permesso per lo sviluppo dei giacimenti. Il doppio passaggio rendeva incerto l’iter autorizzativo a fronte di rilevanti investimenti, con tempi assolutamente incompatibili: anche 20 anni dalla scoperta alla produzione contro una media di dieci all’estero.

 Arriva dunque il “titolo concessorio unico”: una sola autorizzazione per entrambi le attività, divisa in una prima fase di 6 anni per l’esplorazione e 30 per la produzione. Ma soprattutto, le Regioni che hanno già procedimenti di Valutazione ambientale (Via) in corso dovranno concluderli entro il 31 dicembre 2014. Poi, tutta la documentazione passerà al ministero dell’Ambiente che diventerà competente per i rilasci non solo per i permessi off shore ma anche per quelli su terra. Alla Via sarà sostituita la Vas (valutazione ambientale strategica) ma almeno deciderà 1 sola commissione di esperti anziché 20 e si avrà un indirizzo univoco per tutto il territorio nazionale. Le aziende hanno tempo 90 giorni per scegliere se mantenere le vecchie domande presentate alle Regioni o optare per il nuovo percorso con il ministero dell’Ambiente (che coinvolge anche lo Sviluppo economico). E non c’è dubbio che sceglieranno la migrazione: le prime richieste stanno già arrivando a destinazione.

In pratica, una rivoluzione che non esclude le Regioni (rimane il loro coinvolgimento) ma ne ridimensiona il potere di veto. Resta ora da vedere se il testo reggerà alla prova parlamentare e quando arriverà il regolamento attuativo (il testo prevede sei mesi ma il tentativo è di chiudere tutto entro fine anno). In ballo ci sono 57 richieste per permessi di ricerca (è tutto tracciato sul sito del Mise www.unmig.it) che da sole potrebbero generare da 100 a 150 milioni di investimenti immediati, secondo stime attendibili. Ma il tesoretto è molto consistente se si considera che i 40 progetti-chiave, già pronti, sono valutati circa 15 miliardi (nuove stime più aggiornate sono in corso) e sono rimasti finora inchiodati a oltre 100 richieste di Via ferme da anni (alcune risalgono al 1996). Il decreto dovrebbe ridare sprint all’interesse dei grandi gruppi come Eni, Total, Shell e Edison ma anche i più piccoli sono in corsa. In particolare si stanno muovendo Exploenergy di Stefano Cao (ex numero uno dell’E&P Eni), Gas Plus, Appenine, Northsun. Alle Regioni pensa l’articolo 36 del decreto che sblocca, dai vincoli del patto di stabilità interno, le risorse arrivate dagli idrocarburi che altrimenti non sarebbero state spendibili.

Nell’Alto Adriatico, dove i giacimenti di gas italiani sono condivisi con la Croazia che si sta attivando rapidamente, viene facilitata l’uscita dalla moratoria che ha bloccato i permessi già acquisiti da Eni e Edison. E’ prevista la ripresa dei lavori per 5 anni purché venga accertato che non ci sono effetti di subsidenza (cioè di cedimento del terreno) sotto costa cioè nell’area vicino Venezia. Ma si partirà da progetti più lontani dove le stime ingegneristiche hanno escluso rischi. In pole position anche i progetti in Basilicata e canale di Sicilia. L’obiettivo è di utilizzare il tesoro sottoterra: solo dall’Adriatico potrebbero arrivare circa 2 miliardi di metri cubi di gas in più l’anno, un altro miliardo dalla Sicilia: un tesoro prezioso a fronte dei 65 miliardi di metri cubi di gas che consumeremo quest’anno di cui solo 4,2 prodotti in Italia contro i 20 miliardi che riuscivamo a produrre fino agli anni ’80.


Allegati: Decreto sblocca-Italiahttp://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/istanze/istanze.asp?numerofasi

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