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L’inflazione resta un forte rischio per il 2019: ecco le previsioni

Mentre le banche centrali di tutto il mondo, con in testa la Fed e la Bce, si preparano ad alzare i tassi d’interesse, l’eccesso di dinamiche inflazionistiche globali rappresenta un forte rischio per un 2019 che si prospetta molto insidioso – Ecco le prospettive degli strategist di Lombard Odier nell’Outlook 2019

L’inflazione resta un forte rischio per il 2019: ecco le previsioni

L’eccesso di dinamiche inflazionistiche globali è un rischio chiave nel nostro scenario fondamentale di un 2019 senza recessione, ma insidioso (“no recession, yet tricky”). È infatti probabile che le banche centrali passino a una modalità di rialzo dei tassi congiunta, in tutto il mondo, e che la liquidità pompata nel sistema dopo la crisi finanziaria inizi gradualmente ad avere effetto.

Le previsioni di inflazione globale sono un fattore curioso per il nostro scenario perché un aumento dell’inflazione più rapido del previsto può spingere molte banche centrali, compresa la Federal Reserve, ad aumentare i tassi molto più velocemente di quanto scontato dai mercati. Questo può generare un irrigidimento delle condizioni finanziarie e, considerato che la leva finanziaria dell’economia globale è così elevata, si rischia di arrivare persino a una potenziale recessione.

Non è solo la Federal Reserve a voler rimuovere parte dello stimolo monetario nel 2019. La Banca Centrale Europea (BCE), la Bank of England (BoE), la Bank of Canada (BoC) e la Riksbank svedese probabilmente seguiranno. Un grande punto interrogativo, e dunque un rischio, per gli investitori è capire se questo irrigidimento involontariamente coordinato della politica monetaria può avere un effetto avverso sui mercati finanziari e sulla crescita. Crediamo che nel 2019 il focus sulla restrizione monetaria resterà forte, ma ci aspettiamo anche una forte sensibilità a eventuali eccessi, soprattutto nel caso della BCE.

Sul fronte positivo, la BCE ha chiaramente indicato le sue intenzioni ed è ampiamente atteso che ponga fine al programma di acquisto di attività (PAA) alla fine del 2019, mentre è improbabile che rialzi i tassi prima dell’estate. Settembre sarà il punto di partenza più probabile, con un certo rischio di ritardo.

Tuttavia, alcuni fattori potrebbero obbligare la BCE a rivedere i suoi piani. Innanzitutto, alcuni segnali indicano che l’economia potrebbe rallentare più del previsto. Questo significherebbe che la capacità in eccesso non scomparirebbe con la velocità prevista dalla BCE. In secondo luogo, un’escalation delle tensioni con l’Italia potrebbe incidere negativamente sulle condizioni monetarie e sulla crescita dell’eurozona.

Il prossimo anno vedrà anche un cambiamento ai vertici della BCE. I mercati guarderanno con grande attenzione gli eventi dei prossimi mesi, quando il prossimo presidente inizierà a essere tenuto sotto osservazione.

Il percorso della politica della Swiss National Bank (SNB) è molto legato a quello della BCE. È dunque molto improbabile che la SNB aumenti i tassi prima della BCE, per timore del possibile impatto sul franco svizzero (CHF).

Tuttavia, con una solida economia svizzera e una continua contrazione del mercato del lavoro, le pressioni inflazionistiche potrebbero spingere la SNB a un rialzo precoce. Crediamo, tuttavia, che farà di tutto per evitarlo. Per raggiungere questo obiettivo, potrebbe scegliere di lasciar apprezzare il franco a breve termine per ridurre l’inflazione importata e controbilanciare parte dell’inflazione interna, guadagnando un po’ di tempo.

La Bank of Japan (BoJ) è probabilmente l’unico altro attore importante che non ridurrà lo stimolo monetario nel 2019. Vista l’assenza di pressioni inflazionistiche sostenute, e con l’inflazione ben al di sotto del target, crediamo che la BoJ non possa permettersi di ridurre la portata delle misure accomodanti, e lascerà quindi invariati il programma di QE e il contesto di intervento sulla curva dei rendimenti. Inoltre, con l’aumento dell’IVA previsto per il prossimo autunno, è molto probabile che la BoJ preferisca che l’economia resti calda per meglio assorbire l’impatto negativo di questo aumento fiscale.

Ciononostante, non escludiamo la probabilità che la BoJ cambi l’obiettivo relativo alla curva dei rendimenti per via delle continue pressioni al rialzo sulle obbligazioni governative giapponesi, in un momento in cui i rendimenti globali a lungo termine aumentano. Tuttavia, l’impatto che un cambiamento di questo genere avrebbe sullo yen probabilmente impedirà tale decisione.

Per quanto riguarda la BoE, in assenza delle incertezze sulla Brexit avrebbe già irrigidito la politica monetaria. Ci aspettiamo che rialzi i tassi due volte il prossimo anno, a maggio e novembre, sempre che l’accordo sulla Brexit si trovi.

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