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La sterlina appesa a un filo di Scozia

REPORT INTESA SANPAOLO – Se in Scozia vinceranno i secessionisti, aumenterà ancora la volatilità della sterlina, con rischi di calo ulteriore nel breve sotto quota 1,60 dollari, per l’incertezza sulle molte incognite che l’indipendenza comporterebbe – All’opposto, una vittoria dei No porterà un recupero, anche in attesa che la Bank of England alzi i tassi.

La sterlina appesa a un filo di Scozia

Tra luglio e settembre la sterlina ha subito una correzione importante (-6,6%) contro dollaro, passando da quasi 1,72 GBP/USD (massimo a 1,7192 – livello abbandonato nel 2008) a 1,60 (minimo a 1,6052 GBP/USD). Inizialmente si è trattato perlopiù di un generalizzato apprezzamento del dollaro, aiutato dalla testimonianza (15 luglio) di Yellen, che aveva prospettato l’eventualità di un avvio anticipato dei rialzi Fed in caso di miglioramenti sul mercato del lavoro più rapidi delle attese. 

Il secondo colpo è arrivato in agosto, con l’Inflation Report che, abbassando le previsioni di inflazione nel breve, ha spento le speculazioni di un’anticipazione a quest’anno del primo rialzo dei tassi Bank of England. Tali aspettative erano andate formandosi alla luce delle continue sorprese verso l’alto nella crescita del Pil e del simultaneo calo, più rapido del previsto, del tasso di disoccupazione.

Alla riunione BoE di inizio agosto si era anche creata la prima spaccatura ufficiale all’interno del board, con 2 membri su 9, Weale e McCafferty, che hanno votato per un rialzo immediato dei tassi. La maggioranza però rimane convinta dell’opportunità di un atteggiamento più prudente.Nell’IR infatti la BoE si è soffermata sul contestuale declino della crescita salariale, sintomo della presenza di un grado ancora elevato di spare capacity nel mercato del lavoro. Secondo la nuova forward guidance, in un contesto di inflazione più bassa più a lungo, questo richiede una cautela maggiore rispetto al passato in fase di rialzo dei tassi. Le attese di un primo incremento del bank rate sono quindi state rinviate al 1°-2° trimestre dell’anno prossimo. A nostro avviso già il T1 potrebbe rappresentare un’opzione ragionevole, a meno di delusioni sul fronte crescita/mercato del lavoro negli ultimi mesi del 2014.

In un discorso recente (9 settembre) il governatore della BoE, Mark Carney, ha dichiarato che data la robustezza della ripresa in corso, il momento di avviare la normalizzazione dei tassi si sta avvicinando e, poiché la crescita dei salari dovrebbe tornare a salire intorno a metà 2015, il primo rialzo del bank rate potrebbe arrivare entro la primavera. 

La sterlina non ha potuto beneficiare molto di tali sviluppi, perché penalizzata nel frattempo dall’aumentata incertezza sull’esito del referendum per l’indipendenza della Scozia, che si terrà il 18 settembre. Domenica 7 settembre un sondaggio (condotto da YouGov Plc per il Sunday Times) aveva mostrato per la prima volta il fronte dei “sì” (favorevoli all’indipendenza) in vantaggio sui “no”(contrari all’indipendenza) con una maggioranza del 51% contro il 49% (percentuali calcolate escludendo gli indecisi). Alla riapertura dei mercati lunedì la sterlina era precipitata in area 1,60 GBP/USD a fronte di un minimo il venerdì precedente in area 1,62 GBP/USD. Si consideri che solo un mese prima (7 agosto) la stessa indagine dava i “no” in netto vantaggio sui “sì” a 61% contro 39% (uno scarto del 22% ribaltatosi a -2%). 

In un paio di giorni la sterlina è poi risalita a 1,62 GBP/USD aiutata dagli ultimi due sondaggi (Survation per il Daily Record il 10 settembre e di nuovo YouGov l’11 settembre) che hanno mostrato invece ancora una prevalenza dei “no”, rispettivamente a 53% contro 47% (Survation) e a 52% contro 48% (YouGov). Anche l’ultima indagine pubblicata oggi da ICM per The Guardian ha confermato il vantaggio dei “no” al 51% sui “sì” al 49%.Fino al giorno del referendum comunque la sterlina resta esposta a elevata volatilità, con preponderanza di rischi verso il basso.

Infatti, premesso che la quota di indecisi è alta, il margine tra i sì e i no è troppo ridotto per poter fornire indicazioni attendibili su quello che sarà l’esito effettivo del referendum, la cui portata è tutt’altro che di poco conto. La consultazione ha per oggetto l’indipendenza della Scozia dal Regno Unito. In caso di vittoria dei “sì” la Scozia diventerebbe un nuovo Stato sovrano, con un proprio assetto politico-istituzionale ed economico, incluse una propria banca centrale, un proprio debito e una propria valuta. Il progetto richiederebbe del tempo per essere implementato e sarebbe oggetto di complessi negoziati tra Regno Unito e Scozia. A fronte di un’incertezza elevata sui risultati di una simile operazione, sia in itinere sia finali, l’unica certezza sin d’ora è quella che i costi da pagare per avviarla e portarla avanti sarebbero estremamente elevati, sin da subito.

Non è pertanto agevole qualificare e quantificare in generale l’effetto sulla sterlina in caso di vittoria dei “sì”. Si può ipotizzare che l’impatto immediato sia un aumento della volatilità con rischi di calo ulteriore nel breve, plausibilmente sotto quota 1,60 GBP/USD, per l’incertezza sulle molte incognite che l’indipendenza comporterebbe. 

All’opposto, una vittoria dei “no” manterrebbe lo status quo, con il duplice effetto di agevolare almeno un parziale recupero della sterlina, collegato al venire meno del fattore incertezza, e di far tornare l’attenzione dei mercati sugli sviluppi “ordinari” dell’economia britannica.

Il nostro attuale scenario sul cambio si basa quindi sull’assunto che il referendum non modifichi lo status quo. Il recupero atteso della sterlina nei confronti del dollaro, con rientro verso 1,65-1,68-1,70 GBP/USD a 1m-3m-6m riflette la prospettiva che il consolidamento della ripresa domestica prosegua nei prossimi mesi spingendo la Bank of England ad alzare i tassi nel primo trimestre del 2015, in particolare (poco) prima della Fed. L’arretramento ipotizzato a 12m riflette invece il prevalere, nelle dinamiche di mercato, della svolta attesa verso metà 2015 sui tassi Fed, con annesso generalizzato rafforzamento del dollaro. Nei confronti dell’euro questo implicherebbe la possibilità da parte della sterlina di tornare a vedere i massimi recenti (luglio: area 0,78 EUR/GBP) contro la moneta unica e di inaugurarne di nuovi, verso 0,76-0,74 EUR/GBP entro l’orizzonte a 3m-6m. 

Questo si avrebbe anche in funzione di un ulteriore deprezzamento atteso dell’euro rispetto al dollaro – soprattutto dopo il taglio dei tassi BCE di questo mese – con un’estensione del calo sotto 1,30 EUR/USD verso quota 1,25 EUR/USD. In direzione di un maggiore rafforzamento della sterlina sull’euro porterebbe anche l’evidenza più recente che ha visto la valuta britannica precipitare rapidamente contro dollaro, restando invece pressoché invariata (e su livelli comunque forti tra 0,80 e 0,79 EUR/GBP) contro euro. Inoltre, è ragionevole pensare che quando la Fed inizierà ad alzare i tassi, a fronte del generalizzato apprezzamento atteso del dollaro la sterlina scenda meno dell’euro perché la Bank of England è anch’essa in fase di rialzo, laddove la BCE divergerà da entrambe, soprattutto se dovesse aver avviato nel frattempo un eventuale QE.

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