Condividi

INTESASANPAOLO – Italia 2013: ancora recessione ma la morsa si attenuerà

REPORT DEL SERVIZIO STUDI DI INTESASANPAOLO – Italia: la recessione allunga la sua ombra sul 2013 ma sarà più morbida – L’export crescerà ma non baserà a compensare il calo degli investimenti e dei consumi – Il vero rischio interno è legato all’esito del voto e alla possibilità o meno di continuare le riforme in linea con l’Europa

INTESASANPAOLO – Italia 2013: ancora recessione ma la morsa si attenuerà

Il 2013 sarà un altro anno molto difficile per l’economia italiana. Il PIL non potrà evitare un altro segno negativo, ma a nostro avviso la flessione sarà meno accentuata di quella vista nel 2012. Infatti, anche l’anno prossimo peseranno i fattori recessivi visti quest’anno (e cioè gli effetti della restrizione fiscale e della crisi finanziaria), ma a nostro avviso la loro morsa si attenuerà rispetto a quanto visto l’anno precedente. Infatti:

1) POLITICA FISCALE: secondo le stime della Commissione Europea, l’ammontare della correzione fiscale in Italia per il 2013 (misurato dalla variazione del saldo primario corretto per il ciclo) sarà pari allo 0,9% del PIL dopo ben il 2,3% del 2012 (1,2% da 2,9% secondo le stime del FMI). Ciò significa, applicando i moltiplicatori tradizionali, che l’impatto negativo della politica fiscale sulla crescita calerebbe allo 0,4% dopo il punto percentuale visto nel 2012 (0,6% secondo le stime del FMI, dopo l’1,3% del 2012). D’altro canto, la politica fiscale può agire con un ritardo (dell’ordine di qualche trimestre) sul ciclo, il che pone dei rischi sullo scenario di crescita soprattutto nella prima metà del 2013. Inoltre, una certa volatilità potrebbe essere indotta dall’incremento dell’aliquota ordinaria dell’IVA (previsto a partire dal 1° luglio 2013), che potrebbe causare un anticipo dei consumi nel 2° trimestre a discapito del 3°. Tuttavia, sembra possibile che gli effetti della stretta fiscale possano cominciare a essere assorbiti verso la fine del 2013.

2) CRISI FINANZIARIA: anche gli effetti della crisi del debito, in particolare su condizioni finanziarie e fiducia degli operatori, continueranno a pesare nel 2013. Tuttavia, anche in questo caso riteniamo che l’effetto possa risultare inferiore a quanto visto nel 2012. Infatti, vediamo la “temperatura” della crisi ovvero lo spread decennale Btp-Bund scendere rispetto ai 395 pb medi stimati per il 2012. Il nostro scenario centrale vede una media 2013 a 280pb, in calo cioè di oltre 100pb rispetto alla media dell’anno precedente. Importante sottolineare il fatto che la discesa nel nostro scenario dovrebbe avvenire soprattutto nella seconda parte del 2013 mentre lo spread potrebbe rimanere elevato per tutta la prima metà dell’anno. In ogni caso, sembra di poter dire che la “febbre” possa scendere nel 2013 rispetto al 2012, il che dovrebbe avere anche degli effetti sulla fiducia degli operatori economici. È vero che il morale di famiglie e imprese sembra sinora non aver beneficiato del parziale rientro delle tensioni finanziarie (rispetto ai picchi di un anno fa), tuttavia se il calo dei premi al rischio si dimostrasse permanente il miglioramento delle condizioni finanziarie potrebbe trasmettersi in misura più significativa su fiducia e condizioni del credito. Questo trend è ancora soggetto a rischi di varia natura (vedi infra).

I rischi sullo scenario sono di natura sia esogena che endogena. I rischi dall’esterno vengono da: 1) una evoluzione avversa della crisi del debito, avente come probabile epicentro Grecia o Spagna; 2) anche in caso di non recrudescenza della crisi finanziaria, un rallentamento più pronunciato del previsto nelle altre principali economie dell’eurozona, Germania e Francia (i maggiori partner commerciali dell’Italia) in primis; 3) una (per quanto a nostro avviso poco probabile) evoluzione recessiva negli Stati Uniti, anche sulla scia di una eventuale mancata risoluzione del problema del fiscal cliff. Continuiamo a ritenere in ogni caso che il rischio più importante di natura esogena sia rappresentato da evoluzioni avverse nella crisi del debito.

Il principale rischio di natura endogena viene invece dall’incertezza di natura politica. Infatti, l’incertezza sull’esito elettorale potrebbe pesare sulle condizioni finanziarie sino almeno alla data delle elezioni, e successivamente molto dipenderà dalla possibilità di formare un governo stabile e orientato non solo a proseguire nel segno della disciplina di bilancio e delle riforme, ma anche a rafforzare l’azione di sostegno alla crescita. La formazione di un governo stabile a nostro avviso avrebbe l’effetto di attenuare significativamente le tensioni sui mercati che dopo le annunciate dimissioni di Monti sembrano avere come epicentro proprio l’Italia.

L’anno prossimo, il commercio con l’estero resterà l’unica fonte di crescita, anche se stimiamo che il suo contributo positivo al PIL possa ridursi rispetto a quello eccezionale (2,7%) visto nel 2012. Stimiamo che l’export netto possa contribuire al PIL per quasi un punto e mezzo, sulla scia di una (lieve) ripresa delle esportazioni e di un altro calo piuttosto pronunciato delle importazioni.

Viceversa, stretta fiscale e condizioni finanziarie ancora tese continueranno a pesare sulla domanda interna, che stimiamo (al netto delle scorte) contrarsi di quasi due punti percentuali nel 2013 dopo il -4,4% del 2012 (che ha in pratica eguagliato il record del 1993). I consumi delle famiglie, dopo l’annus horribilis 2012 (che ha visto una contrazione-record di -4,1%), continueranno a scendere, anche nel 2013 in misura più pronunciata rispetto al PIL (-1,8% la nostra stima). Infatti il 2012 sarà il sesto anno consecutivo di flessione del reddito disponibile delle famiglie in termini reali (stimiamo una caduta di un punto e mezzo dopo il -4% del 2012), e solo un ulteriore calo del tasso di risparmio (stimiamo a 7,8% da 8,3%) impedirà una flessione ancor più accentuata della spesa delle famiglie. Una certa volatilità nell’andamento dei consumi potrebbe essere indotta dall’aumento di un punto dell’aliquota ordinaria IVA programmato per il 1° luglio, che potrebbe causare un anticipo di consumi durevoli al trimestre primaverile a discapito di quello estivo. In termini nominali (con ciò che ne consegue quanto alla correlazione con il fatturato delle imprese), stimiamo una sostanziale stagnazione dei consumi su base annua nel 2013 dopo la caduta pronunciata registrata nel 2012.

Gli investimenti potrebbero subire una contrazione più accentuata dei consumi, stimiamo di -3,4% nel 2013, affossati dalla recessione strutturale che sembra attanagliare in particolare gli investimenti in mezzi di trasporto (stimiamo un -6,2% dopo il -17% del 2012) e in costruzioni (attese contrarsi per il sesto anno consecutivo). Peraltro gli investimenti in macchinari e attrezzature (pur non riuscendo anch’essi a evitare una flessione su base annua), potrebbero risultare, sulla scia della elevata correlazione con l’export, la prima componente di domanda interna a mostrare una ripresa (comunque nella seconda metà dell’anno). Per inciso, le difficoltà per l’industria sono evidenziate anche dal fatto che la produzione industriale è vista ancora flettere significativamente nel 2013, stimiamo di -3,2% dopo il -6,3% del 2012.

Infine, la spesa pubblica non potrà non essere calmierata dalla necessità di proseguire anche nel 2013 l’aggiustamento fiscale. Ne deriverebbe un calo dei consumi pubblici di -0,7% nel 2013 (circa in linea con quello visto nel 2012). Appare peraltro persino pleonastico ricordare che la recessione iniziata nella seconda metà del 2011 (e che a nostro avviso durerà almeno sino alla prima metà del 2013) è giunta a breve distanza dalla recessione precedente (quella verificatasi tra il 2007 e il 2009), il che fa sì che già oggi (e ancor più sul punto di minimo del ciclo, che collochiamo a metà 2013) i livelli di attività mostrino una distanza-record rispetto ai picchi pre-crisi. Nel nostro scenario, solo nel 2016 il PIL ritornerà ai livelli precedenti l’ultima recessione (quelli del 2011), e occorreranno ancora molti anni per recuperare i massimi pre-crisi (quelli del 2007). Ciò ha delle importanti ripercussioni per quanto concerne il dimensionamento del sistema produttivo e degli organici occupazionali.

Commenta