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Elezioni amministrative: un voto più sui partiti che sul governo Monti

Una volta le amministrative avevano grande rilevanza politica, ma oggi i partiti sono deboli e impopolari – Le maggiori difficoltà per il Centro-destra alle prese con il dopo-Berlusconi e la crisi della Lega – Ma anche Terzo polo e Pd devono fare i conti con astensionismo e anti-politica di Grillo e dintorni.

Elezioni amministrative: un voto più sui partiti che sul governo Monti
Domani e dopodomani si vota per un turno di elezioni amministrative, nel quale sono coinvolte importanti città italiane come Palermo, Genova, Verona, Como e L’Aquila. In passato è accaduto che turni elettorali di questo tipo abbiano finito per pesare sui futuri indirizzi della politica nazionale anche più delle canoniche elezioni per il rinnovo delle assemblee parlamentari. Ma questa volta siamo in una situazione profondamente diversa per due motivi.
 
Il primo motivo è che da un lato si confrontano partiti in forte difficoltà al proprio interno (evidenti le spaccature all’interno del Pdl e la crisi della Lega nord, ma altrettanto rilevanti le difficoltà che ha incontrato, per esempio il Pd, in occasione delle primarie di Genova e di Palermo, mentre il Terzo polo non è riuscito a compattare le sue componenti nelle singole realtà cittadine); dall’altro si vota in città tra loro molto diverse con storie e problemi particolari.
 
Ma è soprattutto il secondo motivo a rendere “particolare” questo turno elettorale. Questa volta è accaduto che il vero scossone alla politica nazionale non sia avvenuto dopo il voto, ma prima del voto.
 
E’ alla fine dell’anno scorso che sono avvenuti tre fatti dirompenti: a) la caduta del governo Berlusconi, e probabilmente la fine del berlusconismo, con la crisi dell’alleanza con la Lega e le conseguenti vicende all’interno del Carroccio che hanno definitivamente messo in crsi la leadership di Bossi; b) la formazione del governo Monti con ministri tutti extra-partiti, ma con una maggioranza che si impernia sulla convergenza di partiti tra loro concorrenti se non avversari, come Pd, Pdl e Terzo polo; c) il progressivo avvitamento su sè stessi dei partiti, incapaci (anche dinanzi ai casi Lusi e Belsito), fino ad ora, di riformare sè stessi e riguadagnare prestigio e spazio per la politica.
 
Si vota così in una situazione di forte sofferenza del sistema politico. Testimoniata dalle difficoltà che, dopo i primi mesi di luna di miele, il governo e le sue sceltre cominciano ad incontrare nell’opinione pubblica. Il calo di popolarità del premier e dei ministri è segnalato dai sondaggi. Nè aiuta la recente scelta di affiancare a ministri già “tecnici”, autorevolissimi consulenti “supertecnici”. Il tutto mentre i partiti non sono stati incapaci nè di avviare una riduzione dei rimborsi elettorali, nè di trovare un punto di partenza comune per cambiare, in tempi ormai ridottissimi, la legge elettorale.
 
Abbiamo così assistito ad una strana campagna elettorale: il Pdl e, in particolare Berlusconi sono stati preoccupati soprattutto di spiegare che il voto non avrà che una modesta portata politica. Berlusconi ha fatto solo una breve apparizione in occasione di un comizio a Monza limitandosi a predere qualche distanza in più dal Governo Monti e a sostenere che l’alleanza con la Lega non è finita. A sua volta il Carroccio si è dovuto occupare più di risse e pulizie interne che di fare propaganda elettorale. Di questo probabilmente beneficherà il candidato sindaco di Verona Tosi, che, se sarà confermato, lo dovrà soprattutto al fatto di essere riuscito a tenere il più possibile Bossi, distante dalla sua campagna elettorale. Per il resto il copione messo in atto dalla Lega, tra diamanti veri e lauree false, ha finito per ricalcare i tragicomici film di Pierino, interpretati dal mitico Alvaro Vitali (verrebbe da dire: anticipando il trota). Quanto al terzo polo abbiamo già detto che i partiti che lo compongono si sono presentati in ordine sparso. A sua volta il Pd rischia di pagare un prezzo agli attacchi dell’antipolitica, interpretati soprattutto dalla concorrenza che hanno cercato di fargli Di Pietro, Vendola, ma, soprattutto Beppe Grillo e il movimento a cinque stelle. Il tutto mentre i sondaggi segnalano l’altissima previsione di astenuti e di schede bianche.
  
Se questo è il quadro politico generale nel quale si svolgono le consultazioni di domani e di lunedì, la domanda principale da porsi è che effetti avrà il voto sulla tenuta del governo Monti? Il Pd, comunque vadano le cose elettorali, non toglierà il proprio sostegno. Bersani lo ha ripetuto in ogni comizio: Monti deve andare avanti fino alla fine della legislatura. Lo stesso vale per il terzo polo.
Gli interrogativi, se mai, riguardano il Pdl. Se come è possibile, i risultati del partito Berlusconi (che i risultati li aspetterà in Russia dove è impegnato nei festeggiamenti all’amico Putin), saranno più preoccupanti che incoraggianti, qualcuno potrebbe tornare a chiedere di staccare la spina. Ma, a parte il fatto che, visti i movimenti e gli smarcamenti interni del tipo Pisanu, la corrente potrebbe continuare ad arrivare lo stesso, davvero un partito in difficoltà come il Pdl, può permettersi il lusso di provocare elezioni anticipate? Certo i risultati saranno utilizzati in polemiche interne, e potrebbero rafforzare l’ala più insofferente al sostegno al governo come quella degli ex An. Ma tra il dire e il fare ci sono di mezzo i voti, che questa volta potrebbero essere pochi.
 
Conclusione: la tenuta del governo Monti dipenderà molto più da Monti e dai suoi ministri e quindi dal rapporto che riusciranno ad avere con l’opinione pubblica e dall’efficacia delle politiche messe in atto, che non dal voto di Verona Como e Palermo. Inoltre la tenuta del governo gioverà anche ai partiti che (non vale solo per il centro-destra) dovranno mostrarsi in grado di far qualcosa su loro stessi e per loro stessi (legge elettorale e riduzione dei compensi elettorali) per prepararsi alle prossime elezioni politiche, quando dovranno essere in grado di essere protagonisti per rimettere la politica alla guida del Paese.

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