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Amministrative: Palermo e Genova, città così lontane e così vicine, votano il sindaco della riscossa

Due città divise da 800 chilometri ma unite dallo stesso destino beffardo – tra cattiva politica e calamità naturali – voteranno domenica per eleggere la nuova giunta comunale – A Genova il favorito è il candidato indipendente di Sel, Marco Doria, mentre a Palermo la sinistra è più spaccata che mai.

Amministrative: Palermo e Genova, città così lontane e così vicine, votano il sindaco della riscossa

Tra Palermo e Genova ci sono quasi 800 chilometri in linea d’aria, eppure, oggi,  le due città sembrano essere vicinissime, facce distanti, ma in fondo uguali, di un’unica medaglia.

Sono due città ridotte allo stremo e bastonate, negli ultimi anni, dal destino Beffardo che, sotto forma di cattiva politica e di calamità naturali, ha deciso di abbattersi su di loro. Moltissimi sono i punti in comune tra Palermo e Genova, nel convulso teatrino politico che le coinvolge a pochi giorni dalle elezioni amministrative.

Genova.

Nel capoluogo ligure i candidati sono ben 13. A giocarsi la poltrona di Palazzo Tursi dovrebbero essere in due: Enrico Musso e Marco Doria, che a oggi sembra il favorito. Musso, che nel 2007 fu sconfitto alle elezioni da Marta Vincenzi, si presenta alle amministrative, come candidato del terzo polo, sostenuto da Udc e Fli, oltre che da una lista civica.

Meno lineare, dall’altra parte, è stato il cammino che ha portato alla scelta di Marco Doria, indipendente appoggiato da Sel che nelle primarie del centrosinistra ha superato la concorrenza delle due candidature (di Roberta Pinotti e del sindaco uscente Marta Vincenzi) avanzate in concomitanza dal Pd, con quel pizzico di autolesionismo che sembra non voler mancare mai.

Un altro candidato autorevole, anche se staccato, sempre secondo i sondaggi, è Pier Luigi Vinai, indipendente di destra appoggiato dal Pdl.

Palermo

A Palermo la questione delle primarie del Pd è stata, se possibile, ancora più controversa, con la vittoria, con tanto di coda di brogli di Ferrandelli, candidato sostenuto dall’anima siciliana del partito, ma inviso alla sua segreteria nazionale, che spingeva per la candidatura di Rita Borsellino.

A spaccare ulteriormente la sinistra, poi, e a disperdere ancora più i suoi voti, concorre inoltre la candidatura di Leoluca Orlando di Idv, insieme a Rifondazione e ai Verdi.

Ma se Atene piange, neanche Sparta ride. A destra il candidato forte, infatti, sembrerebbe essere Massimo Costa, del Pdl, sostenuto anche dall’Udc e dal “Grande Sud” del governatore Miccichè, che dovrà guardarsi però, oltre che dagli strascichi della scellerata gestione Cammarata, da Alessandro Aricò, candidato espresso da Fli, Api e dal Movimento per l’autonomia del governatore Lombardo.

A meno di una settimana dal voto, quindi, rimangono tantissime domande ancora aperte, e poche risposte, mentre i cittadini, non solo a Genova e Palermo, sembrano sempre più lontani dalla realtà politica, spettatori passivi e paganti della disperata gara a chi si spacca di più che sembra essere stata posta in atto dai partiti.

L’interrogativo che si staglia più forte di ogni altro, oggi, è quello che pende sulla testa del Pd, che giorno dopo giorno assomiglia sempre di più a un partito mai nato, misteriosamente in grado, questa volta come ogni volta, di compiere scelte distanti dalla sua base. Scelte aliene dalla realtà e puntualmente incapaci di interpretare, o rifondare, lo spirito del popolo della sinistra moderata.

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