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Commissione Ue: i medici italiani lavorano troppo

La Commissione Ue ha ricevuto numerose denunce relative al fatto che i medici italiani sono sottoposti a orari di lavoro eccessivi senza un adeguato riposo – L’Ue chiede che i medici vedano rispettati i propri diritti – L’Enpam ha presentato i dati del bilancio consuntivo 2012: l’ente ha registrato un avanzo di gestione di 1,289 mld di euro

Commissione Ue: i medici italiani lavorano troppo

I medici italiani lavorano troppo. La Commissione europea ha inviato alle autorità del nostro Paese un parere motivato, strumento che costituisce il secondo passo della procedura di infrazione, ed esige che entro sei mesi vengano prese misure per assicurare il rispetto delle norme Ue. In caso contrario, la Commissione potrà decidere di deferire l’Italia alla Corte di giustizia Ue.

Quello che chiede l’Ue è che i medici italiani vedano rispettati i propri diritti, soprattutto per quanto riguarda il riposo minimo quotidiano e settimanale. In base alla legislazione italiana, molti dei diritti fondamentali stabiliti nella direttiva sull’orario di lavoro (come la durata media dell’orario di lavoro settimanale limitata a 48 ore e un periodo minimo di riposo giornaliero di 11 ore) non si applicano ai medici con funzioni di manager presso il servizio sanitario nazionale. I medici che lavorano per la sanità pubblica italiana, tuttavia, sono classificati ufficialmente come manager, anche se il più delle volte non godono di prerogative dirigenziali o di autonomia nell’orario di lavoro. In questo senso, la Commissione Ue ha ricevuto numerose denunce relative al fatto che, a causa dell’errata applicazione della direttiva, i medici sono sottoposti a orari di lavoro eccessivi senza un adeguato riposo.

Buone notizie arrivano dai conti dell’Enpam, l’ente di previdenza e assistenza dei medici e degli odontoiatri. La cassa (i cui dati sono stati presentati oggi) ha registrato infatti un avanzo di gestione di 1,289 miliardi di euro: un risultato “migliore delle previsioni” e in crescita rispetto all’anno precedente, tanto da determinare un incremento del 10,3% del patrimonio netto (che è salito a 13,818 miliardi, livello più alto mai raggiunto nella storia della Fondazione).

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