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Nazionalizzare l’Alitalia o ridurre le tasse? L’allucinante dibattito sul futuro della compagnia

La difesa ad oltranza, senza “se” e senza “ma”, dell’italianità di Alitalia sta portando alla deriva e il dibattito di ieri sera a “Porta a porta” ne è stata l’ultima manifestazione – Una parte delle forze politiche, senza interrogarsi mai sulle perdite della compagnia, sembra sognare la nazionalizzazione anche a costo di rinunciare a ridurre le tasse

Nazionalizzare l’Alitalia o ridurre le tasse? L’allucinante dibattito sul futuro della compagnia

La stupefacente deriva che sta prendendo il confronto pubblico sul disastro economico e politico dell’Alitalia rasenta ogni giorno di più l’incredibile, ma livelli davvero lunari sono stati raggiunti nella puntata di ieri sera di “Porta a porta” su Rai 1, nella quale sono intervenute due note esperte (!) di trasporto aereo come Mara Carfagna del Pdl e Paola De Micheli del Pd. Sarà stata l’ora tarda ma ognuno – incoraggiato da Bruno Vespa – ha recitato la sua litania falso-patriottica per sostenere l’assoluta indispensabilità della compagnia di bandiera – alla faccia delle sue perdite che sono già costate parecchi miliardi al Paese – e la difesa senza “se” e senza “ma” del piano governativo che prevede l’intervento nel capitale di Alitalia di Poste Italiane alimentato dal risparmio postale di tanti italiani inconsapevoli. Solo l’editorialista del “Corriere della sera” Antonio Polito ha sollevato dubbi ragionevoli e saggiamente ricordato che, non per caso, British Airways, Iberia e Lufthansa ci accusano di aiuti di Stato per l’operazione Alitalia-Poste.

E’ inutile segnalare che troppe volte si è abusato, anche nella trasmissione di ieri, della parola “strategica” per Alitalia dimenticando che nella teoria economica “strategico” non è un sinonimo di “importante” e vale solo per gli asset che concorrono in modo significativo alla formazione del Pil ma soprattutto che non sono replicabili. Non è il caso di Alitalia dopo che i cieli sono stati liberalizzati e le compagnie aeree di cui i cittadini si possono servire non si contano più.

Ma ciò che inquieta è l’obiettivo nascosto che sta dietro gli strampalati e confusi discorsi che vanno di moda su Alitalia (stendiamo un velo pietoso sull’assurda intercambiabilità delle alleanze internazionali) e di cui anche ieri sera si è avuta una sgradevole manifestazione e cioè – lo ha detto anche Vespa facendo riferimento all’intervento dello Stato nella banche in Usa come in Inghilterra – che, alla fine delle fini, se non passa l’operazione Poste sarebbe il caso di pensare, sia pure come estrema ratio, alla nazionalizzazione della compagnia aerea. In fondo c’è pur sempre Pantalone, o no? E poco importa che in Belgio e in Svizzera le vecchie compagnie aeree sono fallite senza che il mondo ne fosse sconvolto mentre è bastato il fallimento della Lehman per scatenare la crisi finanziaria globale.

Un discorso del genere sul futuro di Alitalia è talmente sgangherato e improvvido che non meriterebbe nemmeno un commento, ma siccome la politica ancora una volta sta mettendo impropriamente il becco nelle vicende aziendali di Alitalia, basterebbe rivolgere ai parlamentari e ai ministri che si improvvisano apprendisti stregoni al capezzale della compagnia aerea la seguente domanda: meglio la rinazionalizzazione di Alitalia o la riduzione della tasse?

Cari parlamentari, provate a chiederlo ai vostri elettori, e ringraziate il cielo se non riceverete insulti.

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