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Addio ad Antonio Maccanico: grand commis dello Stato e consigliere di La Malfa, Pertini e Cuccia

Amico e consigliere di Ugo La Malfa, Sandro Pertini ed Enrico Cuccia, Antonio Maccanico si è spento oggi all’età di 88 anni – Fu uno straordinario servitore dello Stato e l’elezione di Pertini al Quirinale fu il suo capolavoro – Da presidente di Mediobanca rese possibile la privatizzazione – Più volte ministro e grande protagonista delle istituzioni

Addio ad Antonio Maccanico: grand commis dello Stato e consigliere di La Malfa, Pertini e Cuccia

Più volte nel corso nelle non edificanti vicende che hanno portato alla conferma di Giorgio Napolitano alla presidenza della Repubblica mi è venuto in mente il ruolo che nei momenti più complicati della storia politica e parlamentare del dopoguerra ha avuto Antonio Maccanico, morto oggi all’età  di 88 anni. Maccanico ha avuto diversi ruoli pubblici. E’ stato segretario generale del Quirinale con Pertini e poi per un periodo breve anche con Cossiga, è stato poi parlamentare e ministro e tra il 198 e 1988 presidente di Mediobanca che, grazie alla sua abile mediazione, fu privatizzata.

Ma la sua storia migliore Maccanico l’ha scritta come grande tessitore impegnato a favorire il dialogo trai partiti per la tenuta e il rafforzamento delle migliori istituzioni repubblicane. Era l’uomo capace di parlare alla politica e ai politici (migliori) per fare l’interesse del Paese. Veniva dal Partito d’azione, poi però fu soprattutto un eccezionale funzionario della Camera, della quale fu prima vicesegretario generale e poi segretario generale. 

Per identificarlo politicamente lo collocherei tra  Sandro Pertini e Ugo La Malfa, con particolare consuetudine con quest’ ultimo. Maccanico fu personaggio risolutivo nell’elezione che portò Pertini al Quirinale. Provo a frugare rapidamente tra i miei ricordi. Quella volta il favorito per essere eletto presidente della repubblica era fino alla vigilia Ugo La Malfa. Era l’uomo che aveva colto prima di altri la novità rappresentata dalla presa di distanza del Pci di Berlinguer nei confronti di Mosca. Aveva  recuperato ottimi rapporti con la Dc di Zaccagnini. Era stato l’uomo della fermezza nella drammatica vicenda Moro. La sua biografia lo poneva tra i più autorevoli padri della Repubblica. Ma pesavano i pessimi rapporti di La Malfa con il Psi di Bettino Craxi. Insomma, la sua elezione sarebbe stata possibile in uno schema di “compromesso storico” o più modestamente del rapporto preferenziale tra la Dc e il Pci. Ma né la Dc né il Pci volevano rompere con Craxi. E quest’ultimo aveva detto senza mezzi termini che al Quirinale doveva andare un socialista.

Alla fine i candidati socialisti furono due: Antonio Giolitti e Sandro Pertini. La Malfa, che non si era mai fatto vedere durante le votazioni, uscì alla fine da giorni di assoluto riserbo pronunciandosi per Pertini. Il quale era il presidente della Camera e il cui principale collaboratore era appunto il segretario generale Antonio Maccanico. Quasi tutti gli osservatori politici colsero il peso che aveva avuto il grande suggeritore avellinese nel favorire una soluzione di altissimo livello in nome dell’interesse generale del Paese. Ma anche di consentire sia a Craxi sia ai repubblicani di La Malfa di uscire da una contrapposizione che non giovava a tutta la sinistra democratica. Negli anni futuri ci sarebbero state le condizioni per arrivare a presidenti del Consiglio laici e socialisti, come Spadolini e Craxi.

Il legame personale e politico tra Maccanico e La Malfa passava, oltre che per il partito di azione, anche per  Mediobanca ed Enrico Cuccia. Maccanico era nato ad Avellino ed era il nipote di Adolfo Tino, presidente di Mediobanca e soprattutto mentore di Enrico Cuccia. Tra il 1987 e il 1988 proprio Maccanico assunse la presidenza del prestigioso istituto milanese favorendone la privatizzazione e l’uscita dall’orbita Iri. Altri tempi, altre storie. Altro che caste! Altro che sterili contrapposizioni tra politica e finanza. Ero poco più che un ragazzo quando ho conosciuto Maccanico. Avevo accompagnato mio padre, appena eletto deputato del Pri, a un dopo cena a casa di Tom Carini per incontrare La Malfa, che era appunto accompagnato da Maccanico. Parlarono tutta la sera di politica, che voleva dire delle cose che sarebbero state meglio per il Paese. Un’Italia che oggi c’è sempre di meno.

Spesso il nome di Maccanico è stato disinvoltamente ed erroneamente associato alle guarentigie per garantire da interventi della magistratura le più alte cariche dello Stato. Una soluzione fortemente voluta da Berlusconi. Si parla così ancora di un cosiddetto lodo Maccanico. Le cose non stanno così: proprio Maccanico, che pure si era impegnato a trovare una ragionevole e legalitaria soluzione a quel problema reale, fu il primo a dire “non in mio nome” quando dall’iniziale proposta Maccanico si passò a quello che è tutt’ora il lodo Schifani.

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