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Reddito di cittadinanza in controluce: dove porta la mossa di Draghi

Il premier ha escluso l’abolizione del Reddito di cittadinanza, ma ha aperto a una possibile revisione, rafforzando lo strumento di lotta alla povertà, ma sganciandolo dalle politiche attive del lavoro, che richiedono un diverso approccio al mercato del lavoro

Reddito di cittadinanza in controluce: dove porta la mossa di Draghi

Sono bastate due parole del premier Mario Draghi, pronunciate in occasione del saluto per le vacanze ai cronisti di Palazzo Chigi, ad accendere le scommesse sul futuro del controverso Reddito di cittadinanza. Ma cosa ha detto realmente Draghi? Ecco: “È troppo presto per dire se (il Reddito di cittadinanza) verrà ridisegnato, riformato, come cambierà la platea dei beneficiari. Quello che però voglio dire è che il concetto alla base del Reddito di cittadinanza io lo condivido in pieno“. Ma delle due frasi del premier quale conta di più? La prima con l’ipotesi della revisione del Reddito di cittadinanza o la seconda con la difesa del principio cardine del Reddito stesso? Difficile dirlo, ma forse una cosa non contraddice l’altra.

In altra parole sembra di capire che Draghi non avallerà l’abolizione o la cancellazione del provvedimento simbolo dei Cinque Stelle, a meno che l’anno prossimo non intervenga un referendum abrogativo per il quale vanno ancora raccolte le firme. Tuttavia il premier non esclude a priori che una riforma del Reddito di cittadinanza sia nelle cose. Del resto, basta porsi la seguente domanda: quanti nuovi posti di lavoro ha finora creato il Reddito di cittadinanza? Nessuno. Colpa dei servizi per l’impiego che non sono stati in grado di far incontrare domanda e offerta di lavoro? Certamente, ma i numeri sono numeri e sono impietosi. Non per caso l’ex ministro del Welfare grillino, Luigi Di Maio, fiutando il vento contrario che monta sul Reddito di cittadinanza, ha già aperto alla possibilità di una sua revisione.

Non scordiamoci però di un punto essenziale: che l’attuale Reddito di cittadinanza – e forse proprio qui sta la sua intrinseca debolezza – è due cose insieme e cioè difesa dalla povertà e sostegno a chi non ha lavoro. La lotta alla povertà del Reddito, che già poteva avvalersi dei Rei istituito dai governi Renzi e Gentiloni, ha funzionato discretamente, anche se ovviamente non poteva portare e non ha portato all’abolizione della povertà come demagogicamente – sul balcone di Palazzo Chigi – sostenevano i ministri grillini quando nel 2018 il provvedimento fu approvato dal Governo Conte 1. E questa parte, di sostegno alle famiglie più povere, è probabilmente quella che verrà salvata e possibilmente rafforzata, allargando la platea dei percettori ma cacciandone gli scrocconi e gli evasori fiscali.

Tutt’altro discorso invece sulla creazione di posti di lavoro che il Reddito di cittadinanza non è stato in grado di garantire e che richiede un ben diverso approccio che chiama in causa la riforma degli ammortizzatori sociali e l’attivazione delle politiche attive del lavoro che devono slegarsi dal Reddito di cittadinanza. E che soprattutto richiede la consapevolezza che i posti di lavoro non si creano per decreto ma attraverso gli investimenti, pubblici e privati, che devono animare la crescita che di questi tempi sta raggiungendo livelli record da miracolo economico e che offre perciò l’occasione per ripensare il mercato del lavoro e le politiche ad esso inerenti alla luce delle grandi trasformazioni tecnologiche in corso.

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