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Peugeot Citroen, il nuovo piano non piace ai mercati

La casa automobilistica francese ha presentato il nuovo piano di rilancio per tornare ai profitti dopo anni di crisi – Le carte da giocare sono il riposizionamento dei marchi, l’internazionalizzazione (con più di un occhio alla Cina) e l’ottimizzazione dei costi – Ma l’operazione ha riscosso successo alla Borsa di Parigi

Peugeot Citroen, il nuovo piano non piace ai mercati

Si chiama Back in the Race il nuovo piano di rilancio di Peugeot Citroen. L’obiettivo è voltare pagina dopo anni di crisi. Un programma che, almeno per il momento, non ha convinto i mercati, con il titolo del gruppo automobilistico che è arrivata a perdere quasi il 7% alla Borsa di Parigi.

Il Piano 2014-2018, presentato oggi, si propone tre obiettivi finanziari: riportare al segno più il flusso di cassa operativo entro il 2016 (a 2 miliardi di euro entro il 2018) e riportare un margine operativo del 2% per la divisione auto entro il 2018.

Il gruppo deve dare il via libera, con l’assemblea generale di fine aprile, a un aumento di capitale di almeno 3 miliardi di euro, facendo entrare lo Stato francese e i cinesi di Dongfeng, che controlleranno il 14% della società, la stessa quota della famiglia Peugeot. Con Back in the Race, la casa automobilistica, che negli ultimi due esercizi ha accumulato perdite operative per 2 miliardi e mezzo, punta a tornare ai profitti senza dipendere dalle iniezioni di liquidità. 

L’amministratore delegato di Peugeot Citroen Carlos Tavares vuole raggiungere questo obiettivo attraverso più leve. La prima è il riposizionamento dei suoi tre marchi. DS diventerà un brand autonomo, su cui si punterà molto. L’ad ha detto di voler lanciare 8 nuovi prodotti nei prossimi 7 anni. Da parte loro, Peugeot e Citroen continueranno la loro differenziazione: i primi punteranno sulla gamma alta, i secondi sulla semplicità e sulle novità.

Più in generale, ci sarà una razionalizzazione della gamma e il numero di modelli scenderà dai 45 attuali ai 26 nel 2022. Secondo Tavares, in questo modo sarà possibile non disperdere gli investimenti in troppi progetti. Grazie a questa operazione, sarà possibile risparmiare 300 milioni l’anno.

I modelli in questione dovranno poi essere più globali. Ad oggi, 29 modelli sono venduti in una sola area. In futuro saranno 12. L’internazionalizzazione guarderà soprattutto alla Cina, dove il gruppo vuole triplicare i volumi di vendita da qui al 2020, ma anche a Russia e America Latina.

E poi c’è la questione competitività degli stabilimenti europei, vero tallone d’Achille della casa automobilistica. Alcuni sono stati già chiusi, ma i dirigenti vogliono fare di più. Tavares ha fatto sapere di voler abbassare il punto di pareggio (Cina esclusa) a 2 milioni di veicoli, contro i 2,6 di oggi, e prevede un tasso di utilizzo degli stabilimenti europei del 115% da qui al 2022. E, dulcis in fundo, di tagliare il costo dei salari, ottimizzando la produzione in Spagna e Slovacchia.

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