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Made in Italy: nel 2018 l’export sale a 465 miliardi (+3,5%)

In Italia, nonostante la preoccupante frenata di Pil, consumi e investimenti a partire dal terzo trimestre, le esportazioni hanno continuato a crescere portando la media dei primi 11 mesi al 3,5%: beni raffinati +12%, farmaceutica +8%, elettronica +7,2% e mezzi di trasporto +6,3%

Made in Italy: nel 2018 l’export sale a 465 miliardi (+3,5%)

Come segnala la Sace, nonostante il PIL italiano si sia ridotto dello 0,1% fra luglio e settembre 2018, a novembre l’export italiano di beni è aumentato dell’1% in termini tendenziali. Il risultato porta la media dei primi 11 mesi al 3,5% e, se il ritmo di crescita fosse confermato dal dato di dicembre, le esportazioni italiane raggiungerebbero i 465 miliardi di euro nel 2018 (contro i 449 dell’anno precedente). Il dato va contestualizzato alla frenata sia nella crescita dei consumi (che dovrebbe attestarsi al +1%) sia degli investimenti. Va segnalato come ad essere restii ad investire non sono più solo i cittadini ma anche le banche, come si nota dal Rapporto Trimestrale di Assoreti, l’associazione delle banche e delle imprese d’investimento che prestano il servizio di consulenza in materia d’investimenti: la maggior parte degli istituti ha preferito tenere i soldi dei propri clienti su conti e depositi piuttosto che investirli in fondi, polizze, titoli ed azioni.

I mercati UE continuano a mostrare la maggiore dinamicità (+4,4%) spinti da Polonia (+7,4%) e Rep. Ceca (+7%). Positiva la crescita in Germania (+4,1%) e Francia (+4,4%). Nell’area extra-Ue (+2,4%) bene Africa Subsahariana e Nord America, male il Medio Oriente. In Asia, l’India compensa i lievi segni negativi in Giappone e Cina, mentre si registra un complessivo +1,5% in America Latina. L’export verso gli USA (+6,2%) aumenta ben oltre la media nazionale grazie al traino di legno, mobili e chimico-farmaceutica. Questo ultimo settore traina anche il Made in Italy in Olanda (+12,1%), dove tuttavia le statistiche comprendono anche le merci che transitano per il porto di Rotterdam. La questione Brexit ha avuto un impatto sulla crescita del PIL del Regno Unito (+1,4% nel 2018, la più bassa dal 2012) e di conseguenza anche sulla sua domanda di beni e servizi italiani (+0,8%).

Guardando ai dati diffusi dal MiSE relativi ai primi otto mesi dell’anno scorso, tutti i principali acquirenti del Made in Italy hanno incrementato le proprie vendite rispetto al 2017: l’incremento più cospicuo è stato registrato in Francia (+5,4%), seguito da Germania (+4,7%) e USA (+4,7%). Fra i primi 30 Paesi destinatari dell’export italiano a sorprendere ci sono l’India in crescita del 15,5%, la Svizzera con +14,5%, Slovenia (+12,9%), Paesi Bassi (+12,1%,) Brasile (+11,6%) e Grecia (+10,3%).

Se diamo uno sguardo ai settori, gli incrementi più significativi arrivano da raffinati (+12%), farmaceutica (+8%), elettronica (+7,2%) e mezzi di trasporto (+6,3%). In questo contesto le vendite all’estero dei beni intermedi registrano un aumento del +4,7%, mentre i beni di consumo si assestano al +3,5%, grazie principalmente al contributo dei non durevoli (+4%), con i durevoli a +1,2%. Più moderata la crescita dei beni strumentali (+1,8%). Le vendite nel settore della metallurgia (+5,7%) sono principalmente trainate dai mercati UE (in primis Austria, Germania e Repubblica Ceca). È invece l’area extra-UE a sorreggere l’export di tessile e abbigliamento, con incrementi di circa il 20% in Cina e del 10% in India. Infine, Romania, Polonia e mercati ASEAN hanno registrato la maggior crescita di vendite in alimentari e bevande.

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