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Macchinari: ecco come far decollare l’export

REPORT SACE – Nonostante il rallentamento della domanda internazionale, l’export dei macchinari italiani (il cui valore ha raggiunto i 74 miliardi di dollari nel solo 2015) potrebbe continuare a crescere, ma serve un riorientamento della promozione anche per i prodotti a monte della filiera.

Macchinari: ecco come far decollare l’export

Esiste un settore la cui importanza all’interno del complesso dell’export italiano è spesso sottovalutata, anche a causa della percezione diffusa del Made in Italy come una realtà legata principalmente ai prodotti del settore agroalimentare. Si tratta dei nostri macchinari, le cui esportazioni valgono 74 miliardi di euro, quasi tre volte più rispetto all’agroalimentare (che copre il 7% del nostro export, contro il circa 20% dei macchinari).

Proprio alla realtà dei macchinari è dedicato il rapporto “Una macchina da export”, a cura dell’Ufficio Studi di Sace. “Possiamo fare di più – si legge nello studio -. Dobbiamo trovare il coraggio di raccontare l’Italian Tale (i-Tale) dell’intera filiera produttiva, sia a valle sia a monte. Se promuovessimo, infatti, l’industria meccanica come stiamo facendo per i prodotti a valle, ad esempio gli alimentari e le bevande, potremmo ottenere – secondo le previsioni SACE – in 4 anni 12 miliardi di euro di export in più, raggiungendo nel 2018 i 90 miliardi. Le geografie che offrono le migliori opportunità sono molto eterogenee: ci sono i principali importatori mondiali come Stati Uniti, Cina, Germania, Regno Unito e Francia, ma anche mercati in forte espansione come Messico, Thailandia, Turchia, Arabia Saudita e Polonia”.

Secondo il focus, negli ultimi dieci anni l’export di prodotti alimentari è cresciuto molto di più rispetto a quello di macchinari, che hanno visto parte della loro quota di mercato erosa da concorrenti tedeschi e americani.

Il progetto che deve coinvolgere l’export dei macchinari parte dalla consapevolezza che organizzazione, filiera e proposta finanziaria possano creare un percorso di crescita sostenibile e duratura anche per questo comparto così importante, trovando il modo di concorrere con i migliori sia a valle sia a monte della filiera e riorientando il nostro modello industriale a vantaggio dell’intera catena del valore.

Dal 2009 al 2014 l’import mondiale di meccanica strumentale è cresciuto del 7,6% medio annuo, superando i 1.500 miliardi di euro, pari all’11,8% dell’import totale. Le macchine italiane nello stesso periodo hanno tenuto il passo con una crescita del 6,2%. Nei prossimi anni la stima di Sace, in considerazione anche del rallentamento della domanda internazionale, è per una crescita intorno al 4,8% annuo.

L’anno scorso l’Italia ha esportato oltre 74 miliardi di euro in macchinari, circa un quinto dell’export del nostro Paese. Quasi un terzo è andato nell’Eurozona, seguita dall’Asia orientale (11,6%) e Paesi europei non UE (come Russia, Turchia e Svizzera; per il 10,8%). 

Le cose potrebbero cambiare, in meglio, se questo genere di industrie ricevesse una promozione simile a quella che viene fatta per i prodotti a valle, ad esempio gli alimentari e le bevande. Se si realizzasse questo riorientamento del modello del Made in Italy,  secondo Sace, si potrebbero ottenere 12 miliardi di euro di export in più tra il 2015 e il 2018 solo dai macchinari, grazie anche all’approccio con geografie molto eterogenee come i principali importatori mondiali (Stati Uniti, Cina, Germania, Regno Unito e Francia), ma anche mercati in forte espansione (Messico, Thailandia, Turchia, Arabia Saudita e Polonia).

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