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LE INTERVISTE DEL WEEKEND – Angelo Rughetti: “Cosi cambierà la Pa”

INTERVISTA AD ANGELO RUGHETTI, sottosegretario Pd al ministero della semplificazione e della Pubblica amministrazione – “Si costituirà un albo unico centrale dei dirigenti dello Stato che saranno valutati per caratteristiche professionali e merito. Il bacino ottimale dei servizi pubblici locali sarà quello delle province. Tempi contingentati e snellimento per la conferenza dei servizi. La Scia, il nuovo contratto, la legge Brunetta e l’inasprimento delle norme anti-fannulloni”

LE INTERVISTE DEL WEEKEND – Angelo Rughetti: “Cosi cambierà la Pa”

Se ne parla poco, eppure i primi 11 decreti della Legge Madia sulla riforma della PA possono rappresentare un cambiamento epocale per il funzionamento della nostra pubblica amministrazione. I politici non ne hanno fatto un argomento delle loro polemiche quotidiane, mentre la pubblica opinione aspetta, con qualche scetticismo, i risultati concreti della rivoluzione annunciata. Eppure si tratta di un complesso di innovazioni veramente importante. Per chiarire i tanti aspetti contenuti nei decreti delegati approvati dal Governo e che ora dovranno essere esaminati dal Parlamento e dalle Regioni in tempi molto ristretti, abbiamo chiesto al Sottosegretario al Ministero della Semplificazione e della PA, Angelo Rughetti, deputato Pd, già segretario generale dell’ANCI, di mettere in evidenza i punti più importanti delle nuove norme e quello che ancora dovrà essere fatto per completare la legge delega.

Partiamo da quello che non c’è in questi decreti e cioè la riforma della dirigenza che è il punto fondamentale da cui partire se si vuole effettivamente far funzionare in modo diverso la PA. Uno dei decreti affronta il tema dei dirigenti delle Asl creando un albo unico nazionale di persone che posseggono effettivamente i requisiti per gestire una struttura sanitaria limitando l’arbitrio delle nomine fatte dalle Regioni. Per la dirigenza si pensa a norme analoghe?

“Abbiamo bisogno ancora di qualche settimana per mettere a punto un decreto che dovrà cambiare profondamente la figura del dirigente. Intanto si costituirà un albo unico centrale dei dirigenti che saranno valutati in base alle proprie caratteristiche professionali ed al merito. Per tutte le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato sarà obbligatorio scegliere i propri dirigenti da questo albo tramite interpello e valutazione di una commissione indipendente. Questo dovrebbe ridurre gli spazi per chiamate esterne, ma impone a tutti i dirigenti di mandare un curriculum e quindi di essere giudicati. E non so se tutti gli attuali dirigenti vorranno sottoporsi a questa prova. Poi bisognerà cambiare le modalità di retribuzione basandosi su un fisso tabellare e su un variabile, cioè una indennità di posizione che viene legata alla posizione ricoperta e quindi non rimane stabile per tutta la vita lavorativa, ma può variare a seconda della carica ricoperta. Si abolisce in vecchio sistema del galleggiamento e si apre un vero e proprio mercato della dirigenza basato sul merito. Naturalmente questo comporterà la necessità di pesare il valore di ogni posizione ai fini delle retribuzioni variabili e questo richiede un po’ di tempo. Ma certo si tratterà di un cambiamento vero e non solo apparente. Così come è un vero cambiamento quello deciso per la scelta dei dirigenti della sanità, accettato in via di principio dalle Regioni che quindi dovranno fortemente limitare la lottizzazione”.

Tra le norme contenute negli 11 decreti alcune delle più importanti riguardato le società partecipate dagli enti locali e l’organizzazione dei servizi pubblici locali. Si tratta non solo di disboscare la giungla delle società controllate dagli enti locali, ma anche di favorire un avanzamento verso un assetto più efficiente dei servizi che comunque verranno erogati dalla amministrazione. Tuttavia ci sono state diverse critiche perché è sembrato che tra le pieghe del decreto ci fossero diverse norme che potranno consentire alle amministrazioni locali di continuare con le loro gestioni opache e clientelari.

“Non mi sembra proprio. Il punto fondamentale di questo decreto è proprio nella ” effettività delle norme ” cioè nel fatto che
è sempre prevista una chiusura del processo di riorganizzazione o vendita di queste società possedute dagli enti locali. Se questi ultimi non agiranno ( cioè non chiuderanno le società inutili) spetterà agli enti superiori surrogare le inadempienze. Per quanto riguarda i servizi pubblici locali, le norme impongono la ricerca di bacini ottimali per la dimensione del servizio facendo piazza pulita dell’attuale eccessiva frammentazione di società in campi fondamentali come l’energia o i trasporti. E’ evidente che ogni ente finora ha voluto mantenere la propria piccola società per motivi di prestigio o di potere, mentre noi abbiamo individuato come bacini ottimali la dimensione delle attuali province. Spetterà alle regioni procede nell’applicazione della norma e se saranno inadempienti, interverrà lo
Stato centrale. Noi stiamo mettendo in moto un processo che porterà alla trasformazione totale della presenza pubblica sul territorio.
Spero che questo processo possa vedere la partecipazione attiva della Cassa Depositi e Prestiti che da tempo si è attivata in questo campo, e comunque anche in questo caso si dovranno rispettare tempi certi”.

Altri decreti riguardano il funzionamento della Conferenza dei servizi, che spesso è una vera e propria “Via Crucis” per un’azienda o un privato che vuole intraprendere una nuova attività o edificare una casa, e quello della SCIA per la quale oggi vengono richieste differenti tipologie di pratiche tra i vari enti sul territorio.

“La conferenza dei servizi cambierà profondamente. Intanto riduciamo il numero di partecipanti. Saranno solo quattro, una per ogni livello di amministrazione, Stato, Regione, Comune, provincia o altro ente intermedio. Ogni rappresentante avrà pieni poteri di decisione, anche quelli di cambiare il parere di una tra le varie amministrazioni del suo livello che devono esprimersi sul progetto in questione. Inoltre i tempi saranno contingentati e la mancata risposta di una amministrazione vale come approvazione.Noi consideriamo che con queste modifiche la durata massima di una conferenza dei servizi sarà di 5 mesi contro una media attuale di 18 mesi. Insomma tutti dovranno rispondere entro tempi prestabiliti, sovraintendenze comprese, e comunque il silenzio vale sempre come assenso. Inoltre il termine per una modifica della propria posizione originaria da parte di un Comune, è fissato in 18 mesi, mentre oggi non esiste alcun limite temporale con la conseguenza che una impresa, pur avendo ottenuto le necessarie autorizzazioni, può essere sempre sottoposta al rischio che l’Ente che ha dato il via libera, cambi idea e quindi ritiri la concessione”.

Ma questi cambiamenti saranno sufficienti? Un problema di fondo della nostra PA è che bisognerebbe indagare ufficio
per ufficio per capire se quello che fanno è ancora utile, e poi se “il come” viene fatto risponde a criteri di efficienza o c’è confusione di competenze.

“Questo è proprio quello che abbiamo fatto con le norme sulla Scia. In questo caso infatti abbiamo individuato un grosso
numero ( circa 850 ) di procedimenti ricorrenti per i quali abbiamo decretato l’unificazione delle tipologie e della modulistica su tutto
il territorio nazionale. E questo dopo aver individuato tutti quei procedimenti amministrativi attuali che invece in futuro non saranno
più richiesti ai cittadini. E non si tratta di ripetere quanto già tentato più volte con lo sportello unico. Infatti in questo caso non si tratta di un semplice coordinamento tra amministrazioni che rimangono ognuna ancorata ai propri tempi ed alle proprie procedure, ma un un vero e proprio cambio dei poteri per cui una sola amministrazione è responsabile di tutto”.

Rimane il fatto che tra non molto, quando saranno definitivamente approvati i decreti, sarà importantissima l’implementazione degli stessi e cioè la capacità di applicarli nella pratica di tutti i giorni. A questo proposito mi sembra fondamentale il prossimo decreto sulla dirigenza, così come appare di grande importanza la possibilità di chiudere il contratto del pubblico impiego valorizzando al massimo la professionalità ed il merito dei funzionari.

“Sì, stiamo discutendo i preliminari del contratto e cioè l’esame di grandi comparti che secondo noi dovrebbero essere tre ma
che i sindacati insistono per quattro ( sanità, scuola, Enti locali, Stato). Sulla negoziazione vera e propria non vorrei che obiettivo dei
sindacati fosse quello di far saltare la legge di Brunetta sulle modalità di erogazione dei premi di risultato che peraltro finora non
sono state applicate con rigore. Brunetta aveva stabilito che i dipendenti dovevano essere valutati fino ad un massimo di in un 25%
di bravissimi, un 25% di bravi ed un 50% di sufficienti ai quali non sarebbe andato alcun premio di risultato. Per poter dare effettiva
attuazione alla riforma è necessario invece confermare le graduatorie di merito e premiare coloro che si impegnano al massimo”.

Infine le polemiche sul licenziamento dei fannulloni. Soprattutto siete sicuri che senza l’intervento della magistratura le prove documentali possano reggere in un eventuale giudizio?

“Le nostre norme sono soprattutto rivolte ai dirigenti che verranno duramente penalizzati se lasceranno correre di fronte a
casi di palesi violazioni degli impegni lavorativi da parte dei loro dipendenti. Quanto all’ammissibilità delle prove (tipo videosorveglianza) esistono delle nuove norme nei decreti delegati del Jobs act. Ma stiamo vedendo che le prime applicazioni di tali norme non sono soddisfacenti e quindi vedremo se è il caso di fare qualche ulteriore modifica per renderle effettivamente cogenti”.

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