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L’amara realtà dell’accordo Alitalia-Etihad: gli arabi guadagnano, l’Italia paga il conto

Ci sono molti aspetti non chiari, o per lo meno non ancora svelati nella vicenda Alitalia-Etihad – Una sola cosa è certa: gran parte del costo di questa nuova ristrutturazione ricade sul sistema Italia, cioè sulle banche italiane e sugli azionisti dell’attuale compagnia, ma il dubbio è che l’operazione costituisca un vantaggio solo per gli arabi

L’amara realtà dell’accordo Alitalia-Etihad: gli arabi guadagnano, l’Italia paga il conto

Anche se il finale della partita non è stato ancora fischiato e anche se il traguardo è nuovamente slittato di mesi, sul ventilato accordo tra Alitalia e Etihad è ora di fare qualche riflessione.

Tralasciamo pure il capitolo più remoto della storia infinita di Alitalia (quello, per intenderci che riguarda il 2001-2003 con i ripetuti e fatali rifiuti sindacali e con la consueta indisponibilità dei governi dei vari tempi a fare conti con la realtà della compagnia, della sua struttura, del suo mercato, del sottostante sistema nazionale aeroportuale) e accantoniamo, per comodità di ragionamento, anche il capitolo successivo anche se meno recente (quello del 2008: il rifiuto sindacale di accettare l’integrazione con Air France – Klm, pagata con molto denaro sonante e senza bad company e quindi il varo della Nuova Alitalia coi famosi “capitani coraggiosi” e con il conto a carico dei contribuenti, la fusione con Airone ed il disastroso Piano Fenice). Concentriamoc invece sulle vicende più vicine di Alitalia. 

La scelta dell’azienda e del Governo di previlegiare la trattativa con Etihad è stata netta ed ha dato luogo a lagnanze di Air France-Klm, che, in fondo, aveva chiesto solo di poter effettuare le stesse verifiche tecniche che ad Etihad sono state consentite. Perchè agli arabi sì e ad Air France-Klm no? Questo è un primo punto oscuro che, prima o poi, dovrà essere chiarito. Ma la storia non finisce qui. Le soluzioni che Air France-Klm a quel tempo ipotizzava –cioè ante due diligence – erano meno pesanti di quelle poi (apparentemente) imposte da Etihad a carico dell’occupazione e dei creditori bancari (si parla di oltre 2.200 esuberi – effettivi e definitivi – e di crediti da ristrutturare/azzerare per oltre 550 milio di euro). Perchè allora si è preferito Etihad alle proposte di Air France-Klm?

La scelta aziendale/governativa può in effetti avere una logica finanziaria (le capacità di investimento di Etihad sono, in questo momento, superiori a quelle attuali di Air France-Klm, ancorché siano legittimi i dubbi di compagnie aeree europee circa l’indipendenza finanziaria dell’investitore arabo rispetto al proprio governo; le concessioni che probabilmente verranno alla fine fatte dalle banche italiane risulteranno più generose di quelle che avrebbe potuto spuntare Air France-Klm, ma lascia molto perplessi dal punto di vista strategico ed operativo per una serie di ragioni. Ecco quali:

1) Alitalia, come Air Berlin e Air Serbia e Etihad Regional, sarà sostanzialmente governata da Abu Dhabi e presumibilmente orientata di conseguenza dal punto di vista del network (voli verso l’Asia via Abu Dhabi?); e ciò pur rimanendo Alitalia – come è normativamente necessario – un’impresa almeno formalmente a controllo europeo.

2) Non sono chiare al momento le conseguenze della scelta di Alitalia sul sistema delle alleanze sia a livello globale (Skyteam) sia a livello bilaterale (jv con Air France-Klm) e di conseguenza non è possibile fare valutazioni sul rischio che tali sinergie economiche vengano a mancare o si riducano considerevolmente a seguito dell’alleanza con Etihad. Tale rischio potrebbe anche essere rilevante e per ora non è facile ipotizzare in che misura l’alleanza con gli arabi generi volumi comparabili di sinergie economiche sostitutive di quelle che eventualmente venissero a mancare.

3) Non è chiara – ancora – la struttura societaria dell’operazione: si è parlato di una newco operativa partecipata da Etihad al 49% e dalla vecchia Alitalia al 51%; ma, se ne sono chiare le ragioni (legate alla ristrutturazione degli apporti finanziari dei vecchi soci ed alla necessità di preservare Etihad dalle cosiddette past liabilities – cioè le passività effettive e potenziali di vari contenziosi di Alitalia – e dai risultati economici dell’esercizio in corso, che si prevedono pesanti), non sono invece ancora chiare le conseguenze di natura economica e finanziaria per gli azionisti di questo riassetto societario, fra i quali le banche, Atlantia, Poste, Air France-Klm e i “residui capitani coraggiosi”.

4) Le scelte di rete, così come sembra di poterle dedurre da quello che si è letto, mirano a contrarre la capacità di trasporto sul b/m raggio (-11 A320), in particolare sulla rotta Fiumicino-Linate, ovviamente, ma non solo su questa, con qualche potenziamento sul lungo (pare 3/4 nuove rotte).

5) Il pareggio economico è previsto fra 3/4 anni. Ovviamente per la newco!

6) Cadrebbero molte limitazioni su Linate, che tornerebbe a ricevere diverse connessioni europee. Ne potrebbe conseguire un’ulteriore de-moltiplicazione dell’effetto hub su Malpensa.

7) Cresce il ruolo di Fiumicino, cosa che ovviamente è gradita ad AdR (ed al suo azionista Atlantia), e forse anche naturale.

Insomma, ci sono molti aspetti non chiari, o per lo meno non ancora svelati dell’operazione Alitalia-Etihad. Una sola cosa però è certa: gran parte del costo di questa nuova ristrutturazione ricade sul sistema Italia, cioè sulle banche italiane e sugli azionisti dell’attuale Alitalia. Il che – intendiamoci – è naturale per come sono andate le cose. Ma restano gli interrogativi su come questo sistema abbia gestito nel tempo il suo rapporto con Alitalia e c’è da sperare che l’intera operazione non costituisca un vantaggio per il solo nuovo azionista arabo. Ma c’è un’altra riflessione che si impone: vogliamo verificare le convenienze perseguite, di passaggio in passaggio, dai lavoratori italiani e dai loro rappresentanti? Ne uscirebbero verità molto amare.

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