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Dopo l’Ucraina nel mirino della Russia rischiano di finire le repubbliche baltiche

Temono le ritorsioni di Mosca dopo l’accordo sulle nuove basi Nato. E già si susseguono gli “incidenti” con l’ingombrante vicino da cui dipendono per il gas. Lettonia e Estonia hanno una forte comunità russofona. La Lituania con una cura drastica è uscita dalla crisi (Pil +3,3%) e vanta ottime industrie nelle biotecnologie. Bene l’interscambio con l’Italia

Dopo l’Ucraina nel mirino della Russia rischiano di finire le repubbliche baltiche

“Georgia, Cecenia, Ucraina… chi sarà il prossimo?”, si chiede il professor Vyatautas Landsbergis leader per la lotta per l’indipendenza lituana e primo presidente democratico, oggi decano dei Popolari europei, a colloquio con l’inviato a Vilnius Andrea Tarquini sulla Repubblica dell’8 settembre scorso. Segnali preoccupanti non mancano. Nonostante le rassicurazioni arrivate dalla visita del presidente degli Stati Uniti al Tallinn (capitale della vicina Estonia) il 4 settembre scorso e la decisione della Nato di creare 5 nuove basi nel’Europa dell’Est, le tre repubbliche baltiche, che da 10 anni aderiscono alla Unione Europea e alla Nato, vivono con inquietudine le possibili ritorsioni del potente vicino russo.

I jet della Nato sono intervenuti quest’anno 68 volte in missioni di intercettazione lungo il confine. E si susseguono gli “incidenti” come la bizzarra richiesta di Mosca di estradare con l’accusa di diserzione 1.500 cittadini lituani che appartenevano alla Armata Russa o il sequestro a settembre del peschereccio lituano “Lupo di mare” con 28 uomini di equipaggio per supposto sconfinamento. Inoltre, come in Ucraina, la Russia lamenta le discriminazioni a cui è sottoposta la consistente minoranza russofona in Estonia e Lettonia e ne sostiene le rivendicazioni.

Diversa la situazione della Lituania che può vantare, rispetto ai vicini settentrionali, una cittadinanza spiccatamente monoetnica (85% di lituani) che ha favorito l’adozione di una politica di cittadinanza inclusiva, concessa a tutti i richiedenti senza previo esame di lingua. Anche la Lituania vive un difficile momento economico e sociale in parte dovuto proprio alla crisi ucraina con il seguito di sanzioni e contro-sanzioni e l’indebolimento delle prospettive dell’economia russa. Il tasso di crescita della popolazione è -1,06 (2012), fra i più bassi al mondo.

La popolazione, complice la crisi e l’emigrazione, è diminuita da 3.335.000 persone nel 2009 a 2.934.479 a maggio del 2014. Ciò nonostante è ancora la più popolata delle repubbliche baltiche (Lettonia, 2.032.000 abitanti, Estonia 1.311.870), e quella che può vantare il Pil più elevato 46 miliardi di dollari Usa nel 2013 (23,3 per la Lettonia, 18,4 per l’Estonia). Ed è al primo posto anche per gli investimenti esteri diretti cumulati pari a 12, 4 miliardi di euro, contro gli 11 miliardi della Lettonia e i 250 milioni dell’Estonia.

Secondo le previsioni di “primavera” dell’Unione Europea, (Eurpeon Economic Forecast Spring 2014) la crescita del Pil della Lituania che quest’anno dovrebbe attestarsi al 3,3% e raggiungerà nel 2015 il 3,7%. La disoccupazione scendere dal 10,6% del 2014 al 9,7% del 2015, la percentuale del debito sul Pil sarà contenuta nel 41,8% (41,4% nel 2015) e l’inflazione fermarsi all’1% (1,8% nel 2015). Da notare che la Lituania, pur essendo stata la prima a dichiarare l’indipendenza da Mosca sarà l’ultima a entrare nell’Euro il primo gennaio del 2015 (Estonia e Lettonia fanno parte dell’eurozona già dall’inizio di quest’anno).

Nel 2013 le esportazioni globali della Lituania verso il resto del mondo, rispetto al 2012, sono cresciute del 6,5%, raggiungendo un volume pari a 24,6 miliardi di euro. Analoga percentuale di incremento si registra dal lato delle importazioni che hanno raggiunto quota 26,5 miliardi di euro (+6,5%).

I cinque principali paesi fornitori della Lituania sono la Russia (quota di mercato del 29,3%, in gran parte composta da forniture di gas naturale dalle quali la Lituania dipende per il 92% del suo fabbisogno ), la Germania (10,3 %), la Polonia (9,4 %), la Lettonia (6,1 %) e l’Olanda (5,2%), con l’Italia che si colloca al sesto posto con il 3,9%. I principali mercati di sbocco dei prodotti lituani sono Russia (19,8%), Lettonia (9,8 %), Estonia (9,7 %), Polonia (7,4%), Germania (7,2 %), Bielorussia (5,2%), mentre l’Italia è al 16mo posto, con una quota pari all’1,7%.

Secondo i dati Istat, l’interscambio Italia-Lituania è passato da 1,208 miliardi di euro del 2012 a 1,444 miliardi nel 2013 (+19,6 %) con un surplus della bilancia commerciale a nostro favore per oltre 612 milioni di euro. L’Italia risulta il 6° paese fornitore con una quota del 3,9% (1,029 milioni di euro), facendo registrare un importante incremento delle esportazioni pari al 27,3%. Oltre a superare per la prima volta il simbolico tetto del miliardo di euro, si è in presenza del più alto tasso di crescita fatto registrare dai primi dieci paesi fornitori.

A trainare il nostro export in Lituania spicca il settore macchinari ed applicazioni meccaniche che, oltre ad essere la prima voce di export e a costituire un quinto delle nostre esportazioni, cresce con un impressionante +58,7%. Altra area trainante è quella dei macchinari e parti elettriche che cresce sensibilmente: +63,4%. Il Gruppo Fiat Chrysler, in particolare, registra un successo importante grazie alla gamma 500 ed alla linea veicoli commerciali, uscendo così da una crisi di prodotto e di immagine che aveva reso marginale la presenza del Gruppo in Lituania. Nel 2013, il Gruppo è diventato il secondo marchio più venduto dopo Wolkswagen e scavalcando Toyota e Hyundai/Kia, mentre la 500, anche nel 2014, si conferma vettura di grande successo risultando il modello più venduto nel mese di gennaio.

Dopo l’importante risultato del 2013, i dati forniti dall’Istituto centrale di statistica lituano confermano, anche per il primo semestre del 2014, una forte crescita dell’export italiano verso la Lituania. L’Italia, con esportazioni pari a 565,1 milioni di euro si conferma quale sesto paese fornitore con una quota del 4,53% e un incremento dell’export del 24,7% rispetto allo stesso periodo del 2013. I settori più dinamici dell’export italiano sono stati l’ortofrutta (+11%), vini e bevande (+20%), abbigliamento (+37%), calzature e ceramica (quasi raddoppiati), macchinari (+24%) e mobili/arredo (+82%). Crescono anche le esportazioni lituane verso l’Italia che nel periodo considerato raggiungono quota 219 milioni di euro (+14,5% rispetto al I semestre 2013) dove l’Italia figura quale quindicesimo paese cliente (sedicesimo lo scorso anno).

Settori trainanti delle esportazioni lituane verso l’Italia sono stati i prodotti lattiero-caseari, il legname ed i mobili/arredo. L’attrattiva della Lituania a livello imprenditoriale e occupazionale beneficia della vicinanza ai paesi scandinavi e alla Russia, di una rete internet tra le più veloci d’Europa e di una politica di incentivi agli investimenti esteri e da costi contenuti per l’insediamento di nuove imprese. La Lituania sta raggiungendo livelli di vera eccellenza in alcuni settori come quello delle biotecnologie e delle tecnologie laser, dove le aziende lituane del settore detengono il 50% del mercato globale lavorando con oltre 100 paesi tra cui USA, Giappone, Israele e Svizzera.

Un altro settore fortemente dinamico è quello dell’ITC: secondo dati ufficiali, 13 delle 20 maggiore imprese del settore delle repubbliche baltiche si trovano in Lituania, occupando circa 40.000 persone. Tra le altre imprese italiane attivi nel paese, operano nelle tecnologie Alenia, Selex, Technip, Foster Weelher Italia e Way Lab, nel tessile il gruppo Marzotto, nell’agroalimentare Del Verde, Paesini, Enovita, nel leasing Unicredit, nel trasporto di container MSC, Mantuano nell’abbigliamento. Esiste anche una Camera del Commercio Italo-Lituana (www.ilcc.it).

Come le altre ex “tigri baltiche” anche la Lituania ha dovuto affrontare nel 2009 la crisi finanziaria, con una recessione del 15 per cento, una delle più violente d’Europa. Un risveglio particolarmente amaro dopo il “miracolo” degli anni post-sovietici. I dipendenti pubblici si sono visti tagliare lo stipendio, dal 5 al 50 per cento, i ministeri hanno ridotto gli loro organici. Anche i pensionati sono stati colpiti. Tutto questo senza generare gravi tensioni sociali e politiche. Oggi i problemi non mancano, aggravati dalle tensioni con l’ingombrante vicino, ma la crescita è ripartita. Gli adulti quando parlano con i giovani cresciuti dopo l’indipendenza spiegano in una battuta come hanno potuto affrontare con compostezza le drastiche misure richieste dalla fuoriuscita dalla crisi e dal rispetto dei parametri necessari per l’ingrasso in Europa: “Non ti piace l’austerity? Dovresti provare il comunismo”.

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