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Censis: l’Italia delle grandi opere ferma al palo, tra contestazioni e investimenti mancati

Nella giornata dedicata a Gino Martinoli il Censis analizza la delicatissima situazione dei lavori infrastrutturali in Italia – Dal 1990 al 2010 gli investimenti pubblici sono diminuiti del 35% in termini reali contro un aumento del 21,9% del Pil – La rete dei trasporti è agli ultimi posti in Europa – La soluzione: più dialogo col territorio e trasparenza

Censis: l’Italia delle grandi opere ferma al palo, tra contestazioni e investimenti mancati

È un argomento sempre caldo, quello delle infrastrutture in Italia, e del loro rapido cammino verso un declino che, dal 1990 ad oggi, sembra non conoscere la parola fine. Giuseppe Roma, direttore generale del Censis presenterà oggi una sua proposta al governo, il cui obiettivo finale è quello di indicare la strada per sbloccare i lavori necessari ad infondere una nuova linfa alla corsa del Pil italiano.

A dare forza alla sua dettagliata relazione sono i numeri, che in alcuni casi risultano davvero impietosi.

Il quadro: investimenti pubblici in calo e welfare in crescita

Dal 1990 al 2010 gli investimenti pubblici in Italia sono diminuiti del 35% in termini reali fino agli attuali 29 miliardi di euro, a fornte di un aumento del Pil del 21,9%. Tanti i motivi di una contrazione così clamorosa: lo scoppio dell’inchiesta di Tangentopoli, nel 1992, che decimò i protagonisti della realizzazione delle opere pubbliche, l’esplosione del debito, ma anche la competizione spietata tra le infrastutture e il welfare per catturare le risorse disponibili.

La spesa per le prestazioni sociali è infatti esplosa, nello stesso periodo, aumentando del 397,4% fino a 442,6 miliardi di euro. Questo significa, secondo Giuseppe Roma, che gli italiani hanno preferito difendere i trasferimenti diretti delle risorse agli invidui piuttosto che investire quelle stesse risorse per beni collettivi, dato confermato anche dall’enorme sperequazione tra la spesa individuale per comprare case (tra i 90 e i 100 miliardi di euro l’anno) e la spesa per le opere pubbliche, e quindi per le infrastrutture, che rappresentano da sempre la voce più costosa di questo bilancio.

Una delle spiegazioni principali di questo fenomeno risiederebbe nei cambiamenti demografici in atto in Italia, con l’aumento della popolazione anziana fino al 20,3% della popolazione totale, aumento che comporta, per sua natura, una minore attenzione verso gli obbiettivi a medio e lungo termine.

Il divario con gli altri paesi.

La rete dei trasporti italiana è rimasta ferma, in questi vent’anni. E se nel 1990 eravamo all’avanguardia in Europa, secondi per autostrade ed alta velocità, oggi vivacchiamo agli ultimi posti tra i grandi paesi europei. Per quanto riguarda la rete autostradale (a pedaggio e non), infatti, la crescita in Italia è stata del 7%, nel Regno Unito dell’11,9%, in Germania del 16,5%, in Francia del 61,8%, in Spagna addirittura del 171,6%.

Anche per quanto riguarda le ferrovie veloci, tra quelle delle grandi economie europee, la nostra rete è quella cresciuta di meno: dal 1990, infatti, da noi sono stati realizzati 699 km, in Francia (che partiva già da 710 km) altri 1.186, in Germania 1.195 km in più, in Spagna (che partiva da 0) 2.056 km.

Continua invece ad essere altissima la densità automobilistica, altro segno del soggettivismo italiano, campo nel quale, con 605 auto ogni mille abitanti, possiamo rivendicare ancora posizioni di assoluto vertice

Altri dati inquietanti emergono inoltre dal rapporto sulla competitività del World Economic Forum, nel quale l’Italia figura al 48simo posto, in coda ai paesi sviluppati, su 139 nazioni. Dato che peggiora sensibilmente quando il focus dello studio si sposta, per l’appunto, sul settore delle grandi opere. Qui, infatti, l’Italia risulta al 73aimo posto per qualità complessiva e all’81simo per quanto riguarda sia porti che aereoporti.

Cosa pensano gli italiani

Dalle ultime indagini del Censis emergono altri numeri di assoluto interesse: il 58% degli italiani, infatti, è convinto che la realizzazione di nuove infrastrutture sia un volano fondamentale per la crescita, mentre il 42% ritiene che sia meglio non realizzare nuovi interventi, salvaguardando così il territorio. Figura però in crescita, anche tra coloro che sono diffidenti verso nuovi interventi la quota di chi ritiene, comunque, che la paralisi nelle opere pubbliche possa provocare un abbassamento a medio termine della qualità della vita.

Assai interessante, in tal senso, risulta essere il dato sui lavori contestati, che negli ultimi sarebbero 331. La Tav rappresenta dunque la vera e propria punta dell’iceberg di una realtà altrimenti diffussissima in Italia. Secondo i sondaggi elaborati dal Censis il motivo maggiore di questi contenziosi è la scarsa credibilità dei politici, al 32,5%, mentre l’ostilità del territorio si attesta al 13,1%.

Oltre che sul capitolo grandi opere anche quella che dovrebbe essere l’ordinaria amministrazione vive una fase di acuta sofferenza: quasi la metà delle strutture scolastiche sarebbero inagili, così come il 9,8% degli impianti sportivi, mentre gli acquesotti perdono il 40% dell’acqua che raccolgono alla sorgente.

La soluzione del Censis: dialogo e trasparenza

Oltre ad individuare e isolare i diversi sintomi di una malattia italiana, lo studio del Censis propone anche una cura, basata essenzialmente su una modifica sostanziale delle procedure progettuali.

L’idea è quella di modernizzare il territorio tramite l’impostazione di una democrazia di prossimità, che coinvolga le comunità interessate a partire dalle fasi preliminari del progetto, per giungere poi ad un progetto definitivo che recepisca il più possibile, dopo le necessarie consultazioni, le esigenze dei cittadini interessati, e che verrà redatto, solo a quel punto, al termine di questo “Dialogo pubblico finalizzato”, dal commissario indipendente che cura il dialogo.

A quel punto si apriranno i cantieri e si darà avvio ai lavori di costruzione dell’opera, ma il territorio, chiusa la fase di coinvolgimento attivo, potrò ricevere tramite un apposito Comitato tutte le informazioni sullo stato dei lavori, garantendo quindi  quella trasparenza e serietà necessarie per portare a termine i lavori e per permettere all’Italia di creare finalmente nuove opere pubbliche e, cosa non meno imoprtante, nuovi posti di lavoro.

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