Non c’è forse aggettivo oggi più abusato di “epocale”. L’utilizzo spesso retorico e vuoto che se ne fa ne ha in gran parte depotenziato la carica di significato. Eppure le trasformazioni avviate nell’economia dalla rivoluzione digitale, l’irrompere nel nostro quotidiano ed in quello delle aziende di tecnologie come l’intelligenza artificiale, i big data, il cloud computing, segna uno spartiacque tra un “prima” e un “dopo”. E’ lungo questa linea sottile che si gioca, almeno in buona parte, la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale dei bancari nella quale sono impegnati i sindacati.
Nell’ultimo incontro con l’Abi abbiamo stabilito di dar vita ad una cabina di regia che, già dal prossimo appuntamento, in agenda il 30 luglio, dovrà definire le linee guida per disciplinare l’innovazione digitale e i suoi effetti sul lavoro.
Il fatto che ambedue le parti, sindacati e Abi, concordino sul fatto che la materia vada regolata all’interno del contratto nazionale è di fondamentale importanza. Ciò per due motivi: in primo luogo si afferma il principio che i nuovi profili profesisonali che si stanno affacciando alla ribalta del mondo bancario non possono essere definiti a livello dei singoli gruppi, in questo modo stoppando eventuali velleità di deregulation; in secondo luogo si fa spazio ad un modello partecipativo che trova il suo ancoraggio nel dettato costituzionale dell’articolo 46, che “riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.
Quest’ultimo per la Cisl è un tema identitario. Non a caso la partecipazione è anche il filo conduttore del Manifesto AdessoBanca, un articolato insieme di proposte per la riforma del sistema bancario presentato da First Cisl ad inizio del 2018.
La partecipazione però, dal nostro punto di vista, non si incarna nel semplice diritto ad essere consultati, magari elargito come una benevola concessione e proprio per questo, all’occorrenza, sempre aggirabile o revocabile. Significa invece concorrere all’adozione delle decisioni nei luoghi deputati ad assumerle. Per questa ragione la cabina di regia cui lavoriamo con l’Abi non dovrà essere una semplice sede di discussione: non ci interessano altri pensatoi, ne esistono già fin troppi. Quello di cui abbiamo bisogno è un vero e proprio organismo bilaterale, al cui interno definire in accordo con le banche le modalità di applicazione delle nuove tecnologie digitali, l’impatto che esse avranno sui processi e le loro ricadute sui lavoratori.
Per ottenere questo obiettivo c’è tuttavia bisogno che contrattazione nazionale e contrattazione aziendale si rapportino in modo armonico e trasparemte. Gli accordi tra le parti e le relazioni sindacali possono rappresentare infatti il terreno più propizio per la partecipazione, anche se non sottovalutiamo affatto l’importanza che avrebbe un allargamento della governance delle banche ai lavoratori e alle loro rappresentanze. Non intendiamo vincolarci ad un’unica opzione: entrare nei consigli di amministrazione, ad esempio, sarebbe un segnale di assoluta novità rispetto alla cultura aziendale che ha sempre contraddistinto il settore; ma eleggere i nostri rappresentanti negli organi di controllo, sulla base dei diversi modelli di governance adottati dalle banche, avrebbe un impatto altrettato significativo.
E’ sempre in questo quadro, tra l’altro, che va letta la nostra proposta per Carige, che prevede l’ingresso dei lavoratori nel capitale dell’istituto ligure attraverso il Foc, il Fondo per l’occupazione istituito nel 2012. Siamo convinti infatti che il compito di un sindacato veramente “nuovo”, nell’accezione che al termine dava Giulio Pastore, non sia solo quello – certo importantissimo – di negoziare le condizioni di lavoro per l’oggi, ma di disegnare quelle di domani.
°°°° L’autore dell’articolo è il Segretario Generale della FIRST Cisl