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Ue, Draghi: per unione politica i Paesi devono cedere sovranità sulle riforme

Secondo il presidente della Bce, “finora l’attuazione delle riforme strutturali è stata in gran parte una prerogativa nazionale, ma in un’Unione come la nostra è chiaramente una questione di interesse comune”.

Ue, Draghi: per unione politica i Paesi devono cedere sovranità sulle riforme

Per far avanzare ancora l’Unione economica e monetaria è necessario proseguire e accelerare il cammino verso una vera e propria unione politica. Che è la condizione prima per assicurare la stabilità e la prosperità in tutti gli Stati membri della stessa Ue, e, in definitiva, per dare un futuro all’Europa. Questo è, in estrema sintesi, il messaggio che Mario Draghi indirizza sostanzialmente (pur se non esplicitamente) ai governi e ai parlamenti dei Paesi dell’Eurozona. Un messaggio, pacato nella forma ma preoccupato nella sostanza, che illustra con chiarezza di ragionamento i motivi per cui le riforme strutturali sono essenziali, in un contesto europeo di rafforzata integrazione politica e istituzionale, per la ripresa dell’economa e la crescita dell’occupazione in tutti i 19 Stati che hanno adottato l’euro (nessuno escluso, anche se alcuni marciano più spediti e altri sono in ritardo).

Il messaggio del presidente della Banca centrale europea ha la forma di un intervento scritto per “Project Syndicate”, un’agenzia americana che distribuisce a centinaia di testate giornalistiche in 150 Paesi articoli scritti da molte fra le maggiori personalità di livello mondiale nei campi dell’economia, della finanza, della politica, dello sviluppo dei diritti umani. E viene pubblicato contestualmente all’uscita di una lunga intervista rilasciata da Draghi al quotidiano economico-finanziario tedesco “Handelsblatt”.

La testimonianza conferma l’attenzione costante del presidente della Bce per una ripresa economica e occupazionale ancora debole e che quindi tarda ad assumere carattere di stabilità. Una situazione che obbliga Draghi, come un medico al capezzale di un malato grave, a ribadire che Francoforte possiede gli strumenti necessari per intervenire nel momento in cui la recessione, non ancora superata soprattutto in alcuni Stati membri dell’Eurozona (fra questi c’è l’Italia), dovesse malauguratamente virare verso la tanto temuta deflazione.

La preoccupazione di Draghi non assume però la veste di un “allarme rosso”. Il suo intervento per “Project Syndicate” sottolinea anzi che l’Unione economca e monetaria, pur se ancora incompleta, continua ad assicurare un buon livello di stabilità ai Paesi che ne fanno parte proprio “grazie al considerevole grado di integrazione raggiunto dai paesi dell’Unione europea, reso ancora più profondo dalla condivisione di una moneta unica”.

Ma cosa significa “completare” un’Unione monetaria? “Significa principalmente – chiarisce Draghi – creare i presupposti affinché i Paesi, entrandone a far parte, raggiungano una maggiore stabilità e prosperità. Devono trovarsi in condizioni migliori aderendovi anziché restandone fuori”.

Fra questi presupposti ancora manca nell’Eurozona, dove per altro è presente una “forte identità comune” fra i Paesi membri, il collante dei “trasferimenti di bilancio permanenti tra regioni più ricche e regioni più povere”. Collante che nell’area dell’euro ha solo una pallida imitazione rappresentata dalla politica di coesione. “Abbiamo quindi bisogno – sottolinea Draghi – di un approccio diverso per assicurare che ogni Paese stia meglio all’interno dell’area dell’euro in maniera permanente”.

Da qui nasce allora l’esigenza di adottare “riforme strutturali che stimolino la concorrenza, riducano il carico superfluo della burocrazia e rendano i mercati del lavoro più adattabili”. Riforme la cui attuazione, chiarisce il presidente della Bce, “finora è stata in gran parte una prerogativa nazionale, ma in un’Unione come la nostra è chiaramente una questione di interesse comune”.

Ed è giunto quindi il momento per il passo successivo, dice Draghi. In primo luogo per allontanare “lo spettro di un’uscita di cui tutti i membri in ultima analisi subirebbero le conseguenze”. Inoltre diventa sempre più “fondamentale migliorare la distribuzione del rischio” allo scopo di “ripartire il costo degli shock”, eventuali ma possibili, fra tutti gli Stati membri dell’Eurozona. Ed è altrettanto necessario che “le politiche di bilancio nazionali siano in grado di svolgere il loro ruolo di stabilizzazione”.

In definitiva, conclude il presidente della Bce, la convergenza economica fra Paesi “deve essere una condizione da soddisfare su base durevole”. E quindi “per  completare l’Unione monetaria bisognerà in ultima analisi rafforzare ulteriormente l’Unione politica, definendone diritti e doveri in un rinnovato assetto istituzionale”.

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