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Salvataggi bancari: lo Stato ci guadagna

Dopo l’enciclica Laudato si’, quale è stato l’impatto dei grandi salvataggi bancari? Positivo – Il Tesoro Usa ha investito 426 miliardi di dollari in banche e auto in crisi – A distanza di 6 anni, ha ottenuto una plusvalenza di 15 miliardi – Il caso di Gran Bretagna e Irlanda – In Italia le banche non sono state aiutate dal governo ma dagli azionisti.

Salvataggi bancari: lo Stato ci guadagna

Un danno o un affare? La domanda è legittima dopo l’enciclica papale Laudato si’ che ha criticato “il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione”. E la risposta va nella direzione opposta a quella apparentemente voluta da Papa Francesco. La crisi e i salvataggi delle banche si sono infatti rivelati un’occasione di guadagno per gli Stati Uniti (e non solo per loro) che hanno guadagnato un po’ di quattrini salvando sia gli istituti di credito dal crack ma anche tanti posti di lavoro.

A partire dalla crisi del 2008 che ha colpito a catena, fra gli altri, Aig, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley , l’operazione di salvataggio, a oggi, ha portato nelle casse del Tesoro Usa circa 15 miliardi di attivo. Infatti, il programma di salvataggio lanciato da George W. Bush nel 2008 e proseguito con decisione da Barack Obama, ammontava a 426,4 miliardi di dollari, oltre un terzo dei quali dedicati al colosso Aig. A distanza di 6 anni, dopo la nuova privatizzazione delle banche salvate nel 2008, gli Stati Uniti hanno incassato quasi 442 miliardi di dollari, andando in attivo di 15 miliardi. Positivi soprattutto i salvataggi di Aig (+24,7 mld), Citigroup (+ 13,4 mld) e Bank of America (+4,5 mld). Male, invece, gli investimenti nel settore automobilistico con GM (-10,5 mld) e Chrysler (-1,3 mld).

Dunque la crisi delle banche si è trasformata addirittura in un’opportunità di guadagno nel medio e lungo periodo per gli Stati Uniti. Basta che le finanze pubbliche abbiano in cassa denari da investire. Ed è soprattutto per questo motivo che l’Italia non ha perseguito la stessa strada: soprattutto per l’enorme debito pubblico che pesa sul nostro Paese e sulle nostre possibilità di crescita. Oltre che per considerazioni di carattere più politico, legate fondamentalmente alla difficoltà di fare accettare all’opinione pubblica interventi di sostegno alle banche. Come dimostra anche eloquentemente il vespaio suscitato (ministro del Tesoro Saccomanni) dalla rivalutazione degli assets della Banca d’Italia. Il costo del risanamento delle banche italiane è ricaduto sugli azionisti (in qualche caso pubblici, come per Mps). Il caso Usa si può invece estendere anche a Gran Bretagna e Irlanda. 

Ma al di là delle cifre spese e poi recuperate dagli Stati, c’è da considerare l’impatto generato sul Pil e anche in questo caso il saldo è positivo: dal 2008 il Pil Usa è cresciuto del 18,9%, quello Uk del 20% e quello irlandese del 10,1% complessivamente. Valori che indubbiamente risentono anche di altri fattori ma sui quali è legittimo pensare che i salvataggi operati dai governi abbiano svolto un’influenza positiva.

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