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Rcs: ribaltone, scintille in Borsa e la sfida di Della Valle

“Sono voluto uscire dal patto di sindacato – ha dichiarato Della Valle – perché in Rcs ho visto una situazione gestita da un ragazzino e da un funzionario con la pretesa di decidere per tutti” – Se la prende con Elkann e con Renato Pagliaro, presidente di Mediobanca – Lo scontro adesso si trasferisce sulle reti virtuali della Borsa, dove Rcs vola

Rcs: ribaltone, scintille in Borsa e la sfida di Della Valle

Fuochi d’artificio in Piazza Affari attorno a Rcs. Dopo la pirotecnica riunione del patto finita con l’uscita di Diego Della Valle dal patto (e dal consiglio), la sfida si è trasferita sulle reti virtuali della Borsa. Il titolo segna infatti una quotazione di 0,724 euro intonro alle 12. con un incremento del 15,29%.

Il mercato, insomma, crede alla promessa di don Diego: la partita non è finita qui. “La battaglia continua e continua con le mani libere – afferma –. Sono voluto uscire dal patto di sindacato perché in Rcs ho visto una situazione gestita da un ragazzino e da un funzionario con la pretesa di decidere per tutti”. Il ragazzino in questione è, ovviamente, John Philip Elkan, il” funzionario” corrisponde all’identikit di Renato Pagliaro, presidente di Mediobanca. Al di là degli aspetti pittorici e suggestivi che il capitalismo italiano a sprazzi concede, c’è da chiedersi a questo punto quali saranno gli effetti di uno “strappo” destinato a pesare sull’intera filiera di quel che fu il salotto buono, già alle prese con situazioni imbarazzanti anche dal punto di vista penale (vedi Fonsai).

1) Lo scontro in Rcs, almeno in via ufficiale, ha avuto per oggetto la richiesta da parte di due azionisti forti, Fiat e Mediobanca (con il pieno sostegno di Giovanni Bazoli, nel patto rappresentante di Mittel) di chiedere un passo indietro agli azionisti per sostituirli in consiglio con altrettanti “indipendenti”. Della Valle ha annusato la volontà di depotenziare in questo modo la sua posizione. Nei mesi scorsi, del resto, lo stesso Della Valle aveva chiesto di poter apportare al patto nuove azioni Rcs, da acquistare dietro licenza degli altri soci. Ma gli era stato opposto un netto rifiuto per bocca di Giampiero Pesenti.

2) Alla fine, una volta uscito dalla riunione don Diego furente, con una lettera di fuoco è stata adottata una formula mista. Nel prossimo consiglio ci saranno azionisti, indipendenti scelti pro quota dagli azionisti, un rappresentante per il solito Giuseppe Rotelli, ormai rassegnato a non far parte del patto. E un nuovo amministratore delegato che non dovrebbe emergere, salvo sorprese, nemmeno nella prossima riunione del 2 maggio. Di sicuro, infatti, è stato deciso l’esautoramento di Antonello Perricone, intimo di Luca di Montezemolo e difeso in questa occasione da Della Valle. Il presidente uscente, Piergaetano Marchetti, avrà a disposizione la diletta ( e non poco costosa…) Fondazione e farà parte del nuovo cda, come “indipendente”, qualifica curiosa dopo sette anni ai vertici del gruppo di via Solferino.

3) Alla fine i “12 Apostoli” designati nel mercoledì delle ceneri saranno: Paolo Merloni (azionista), Carlo Pesenti (azionista), Luca Garavoglia (presidente di Campari, e per conto di Fiat), Vittorio Conti (ad di Enel, per conto di Mediobanca), più gli indipendenti Roland Berger, Andrea Bonomi, Umberto Ambrosoli, Giuseppe Vita, Piergaetano Marchetti. Laura Mengoni Bottani e Graziano Molinari completano, per ora, il cda. Ma i due lasceranno il posto ad un rappresentante delle minoranze (ovvero Giuseppe Rotelli) e al nuovo ad, con ogni probabilità, Giorgio Valerio.

4) Il grande vincitore della partita è senz’altro Renato Pagliaro, che si è assunto evidentemente il compito di leader delle partite mediatiche di piazzetta Cuccia, come dimostra la recente partecipazione ai meeting fiorentini di Ceccherini. Dall’istituto filtra infatti questa dichiarazione da lui ispirata: “Siamo soddisfatti dell’esito odierno in quanto e’ stato utile delineare una separazione piu’ netta tra proprieta’ e gestione aziendale ai fini di una maggiore indipendenza e prospettiva di rilancio della stessa. E’ parso a tutti necessario far evolvere la Governance di un’azienda dell’importanza di Rcs verso un assetto piu’ moderno e internazionale evitando istanze personalistiche e favorendo la coesione e la comunanza di obiettivi”. Una riposta in piena regola alla sfida di Della Valle, azionista di rilievo (ma non consigliere) dell’istituto e combattivo membro del cda Generali.

5) Il riassetto in chiave Rcs può anche essere letto, infatti, alla luce del riequilibrio delle alleanze e degli obiettivi di piazzetta Cuccia in un momento cruciale e scomodo per la banca, a metà del guado della complicata partita Fonsai, in cui avrà un peso non indifferente la ricollocazione delle quote già custodite da don Salvatore in cambio di una protezione generosa che crea non poco imbarazzo e problemi a Mediobanca. In questa chiave può anche essere letto il ritorno in scena della famiglia Bonomi, estromessa dal Corriere della Sera ai tempi della scalata Bi-Invest. Oggi il numero uno di Investindutrial torna in scena, quasi a ringraziamento del ruolo svolto in Bpm, dove ha impedito l’irruzione del “guastatore” Matteo Arpe (noioso antagonista in Fonsai). Bonomi, del resto, può tornare più che utile: a suo tempo il finanziere, già proprietario del 5% di Recoletos, fu uno dei beneficiari dal disgraziato acquisto (ad un p/e di 53 volte) della società editoriale spagnola che tanti problemi crea a Rcs Media group. In quell’occasione l’advisor fu Mediobanca.

6) Lo scontro, come si è detto, si trasferisce in Borsa. Anche se il patto controlla ancor oggi saldamente più del 58% del capitale cui va aggiunto l’11% abbondante di Giuseppe Rotelli. La situazione di Rcs, che accusa una perdita superiore ai 300 milioni e che fatica a vedere una via d’uscita, dopo l’infelice acquisizione di Recoletos in Spagna per oltre 1,1 miliardi (incluso debiti per 272 milioni), richiederebbe un aumento di capitale, oltre al sacrificio del gioiello Flammarion. Ma nessuno tra i soci del patto ci sente da quest’orecchio. Dai tempi del tentativo di scalata di Ricucci, quando il solo Della Valle mise mano al portafoglio per rafforzare il pazzo contro lo scalatore, il titolo è precipitato da 6 euro abbondanti  a 0,69 euro di oggi. Azionisti come Rotelli accusano circa 200 milioni di minusvalenze (sui 350 spesi). Il prezzo infine può favorire qualche incursione, ma non mettere in discussione il controllo. Ma don Diego Della Valle, al pari dell’amico e socio Luca di Montezemolo, è uomo di grandi risorse e fantasia. Difficile che si faccia tagliar fuori dalle partite che corrono sull’asse Milano-Trieste.

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