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FOCUS BNL – Per l’ Italia ora più produttività, più investimenti, più crescita

FOCUS BNL – La sfida per l’Italia è quella di mantenere la virtù fiscale attivando un percorso non più rinviabile di ripresa della crescita – In termini di saldo primario il nostro Paese ha fatto addirittura meglio della Germania ma quello su cui ora bisogna puntare è una ripresa basata sul recupero di produttività e di investimenti produttivi.

FOCUS BNL – Per l’ Italia ora più produttività, più investimenti, più crescita

L’aritmetica aiuta, a comprendere l’esistente e a provare ad organizzare un futuro. Lo ha sostenuto di recente Bill Clinton in un brillante discorso largamente incentrato sul presente e sul futuro dell’economia americana. Due più due fa quattro, non solo in Arkansas. I numeri parlano anche se si guarda alla congiuntura dell’economia italiana, che è nel pieno di una complessa fase recessiva.

Nel secondo trimestre del 2012 il prodotto interno lordo del nostro Paese si trova sette punti percentuali al di sotto del valore rilevato nel primo trimestre del 2008. Diversamente, il prodotto interno lordo della Germania risulta oggi quasi due punti al di sopra dei livelli ante-recessione del 2008-09. La Francia rimane sotto, ma solo di un punto. La Grecia, per avere un altro punto di riferimento, perde in quattro anni quasi un quinto del Pil con un tracollo dell’occupazione del sedici per cento. In Grecia, tra la metà del 2008 e la metà del 2012 hanno perso il lavoro 800mila persone su una popolazione di undici milioni di individui. In Italia il calo degli occupati è stato dell’ordine delle quattrocentomila unità, su sessantuno milioni di residenti. Come dire, se l’Italia avesse sperimentato la stessa caduta della Grecia, oggi il conto della perdita di posti di lavoro nel nostro Paese supererebbe i quattro milioni.

Guardando a nord delle Alpi viene spontaneo interrogarsi sulle ragioni del divario accumulato dal 2008 ad oggi dall’Italia rispetto a Germania e Francia. Molte, e note, sono le spiegazioni. Irrisolti problemi strutturali, a danno della competitività del sistema-paese. Carenze di credibilità, che hanno appesantito il nostro onere del debito. E’ tutto vero. Oltre a ciò, una ragione non piccola del delta 2008-2012 risiede non in un vizio, bensì in una virtù. Quella di avere più di altri mantenuto sotto controllo i conti pubblici, anche in anni di grave recessione. Alcuni numeri possono essere d’aiuto. Nonostante la contiguità di due recessioni, tra il 2008 e il 2011 il saldo primario – il saldo totale meno la spesa per interessi – dei conti pubblici italiani ha complessivamente registrato un avanzo pari a 2,7 punti percentuali di PIL. Sotto questo profilo l’Italia ha fatto addirittura meglio della virtuosa Germania, il cui avanzo primario cumulato sul periodo si è fermato a due punti percentuali di PIL. Invece che degli avanzi, i conti pubblici al netto degli interessi della Francia e della Spagna hanno segnato dei deficit, e di non piccola entità.

Il deficit 2008-2012 della crescita italiana deriva da un plus di virtù fiscale che ci è stato imposto dal livello più alto del nostro debito pubblico. Ora la virtù fiscale dei saldi primari in avanzo e dei deficit strutturali pari a zero verrà richiesta a tutti. Lo impone la prospettiva del “fiscal compact”, resa più forte dalla sentenza presa a Karlsruhe, così come la svolta operata dalla BCE nella direzione di un nuovo e bilanciato rapporto tra sostegno monetario e risanamento fiscale. Altri Paesi dovranno misurarsi con un percorso di risanamento che noi abbiamo intrapreso da tempo. La sfida per l’Italia è quella di mantenere la virtù fiscale attivando un percorso non più rinviabile di ripresa della crescita.

Fare crescita ai tempi del “fiscal compact” è assai difficile. Ma senza la crescita il rischio è anche quello di compromettere il rispetto dei nuovi parametri, a cominciare da quelli sul debito. Lo dicono i numeri. Se il debito pubblico è pari a 120 e il PIL nominale scende da 100 a 99, il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo sale a 120 ÷ 99 = 121,2 punti percentuali. Alla metà del 2012 il PIL italiano ha segnato un calo tendenziale di 2,6 punti in termini reali e di 1,6 punti a prezzi correnti. Quegli 1,6 punti di riduzione nominale determinano, ceteris paribus, quasi due punti di incremento del rapporto tra debito pubblico e PIL. È anche questa semplice aritmetica a segnalare l’urgenza di una ripresa. Una ripresa basata sul recupero di produttività che potrà associarsi a un rilancio degli investimenti produttivi. Sono, infatti, gli investimenti la componente del prodotto che, anche nei conti del PIL del secondo trimestre, denuncia in Italia il ritardo più profondo rispetto ai dati ante recessione. Parliamo, in quattro anni, di un calo reale di venti punti percentuali.

L’esperienza storica di benchmark virtuosi come quello tedesco indica che esiste una correlazione stretta tra riforme strutturali, aumento degli investimenti, recupero di produttività e crescita. In Germania tra il 2004 e il 2008 la combinazione tra la modernizzazione delle relazioni industriali realizzata con le riforme Hartz e un forte slancio di innovazione nell’industria si è tradotta in un aumento del sette per cento della produttività reale del lavoro e in un incremento del quindici per cento degli investimenti fissi lordi delle imprese in volume. Questa svolta virtuosa in quello che ancora nei primi anni Duemila veniva considerato il grande “malato d’Europa” ha permesso all’economia tedesca di affrontare molto meglio la successiva recessione. Sono numeri ed esempi da tenere in attenta considerazione.

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