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Exane Bnp Paribas: l’enigma dello spread sui prestiti alle imprese

L’analisi di Pierre Olivier Beffy, Chief Economist di Exane Bnp Paribas – Nonostante la contrazione degli spread sovrani nell’Eurozona, le Pmi dei paesi periferici sono ancora fortemente penalizzate da un maggiore costo del capitale, rispetto alle Pmi dei paesi core. Ecco come rimediare.

Exane Bnp Paribas: l’enigma dello spread sui prestiti alle imprese

Durante il mio business trip negli Stati Uniti la scorsa settimana l’argomento di discussione principale è stata la BCE e i possibili annunci in occasione della conferenza stampa di giovedì prossimo. Direi che, in media, gli investitori americani credono che verrà proposto un programma più articolato di un semplice taglio dei tassi di rifinanziamento e di una riduzione dei tassi di deposito; tuttavia sono anche alquanto scettici sulle capacità della BCE di rilanciare concretamente la crescita del credito nell’Eurozona.

A nostro avviso, la ragione fondamentale che spiega la mancata crescita del credito nell’Eurozona é riconducibile alla persistente frammentazione delle condizioni di finanziamento alle imprese in tale area. Infatti, mentre gli spread sovrani e quelli relativi alle obbligazioni corporate si sono sensibilmente ridotti nei paesi periferici, gli spread sui prestiti alle imprese sono al contrario cresciuti a seguito del programma di OMT. Le PMI dei paesi periferici sono ancora fortemente penalizzate dal maggiore costo del capitale rispetto alle PMI dei paesi core. Quanto affermato emerge anche dalla ricerca condotta dalla BCE sulle condizioni di finanziamento, indagine in cui numerose società si sono dichiarate molto scoraggiate a chiedere un finanziamento alla propria banca a causa degli elevati tassi che verranno applicate o perché sanno che non verranno erogati crediti. 

La ragione principale della distorsione delle condizioni di finanziamento delle PMI dell’Eurozona è legata alla relativa fragilità delle banche dei paesi periferici. L’AQR in corso, che obbliga le banche a rafforzare i propri bilanci più rapidamente, si aggiunge al processo di deleveraging delle banche periferiche e pesa ulteriormente sulla loro capacità di erogare prestiti alle imprese. 

Cosa può fare la BCE? È interessante notare come molti investitori americani abbiano paragonato la situazione della BCE con quella della Fed. Negli USA, grazie all’acquisto di MBS e titoli del debito sovrano e grazie alla buona capacità di trasmissione della politica monetaria, la Fed è stata in grado di ridurre i costi di rifinanziamento delle imprese, dei prestiti immobiliari e del governo. Attualmente l’obiettivo della BCE consiste in un intervento diretto sulle condizioni di finanziamento del settore corporate. L’acquisto di obbligazioni sovrane potrebbe accelerare la convergenza dei tassi sovrani in seno all’Eurozona, ma potrebbe risultare totalmente inefficace nel ridurre il costo di finanziamento delle PMI. Di conseguenza, per risolvere il problema dell’imperfetta trasmissione della politica monetaria in Europa, la soluzione é spingere le banche a concedere prestiti grazie ad un programma mirato di liquidità (ad esempio mediante l’implementazione di un haircut negativo sui prestiti alle imprese in deposito come collaterali) o acquistare direttamente i titoli di debito corporate, eventualmente cartolarizzati. 

E quale tempistica? Affinché le operazioni non convenzionali possano essere proficue, le banche devono prima concludere il processo di AQR. Infatti, fintanto che il sistema bancario sarà unicamente preoccupato di perseguire il deleveraging dei propri bilanci, l’azione della BCE continuerà ad avere un impatto piuttosto limitato sulla crescita del credito al settore corporate. Di conseguenza, anche se probabilmente la BCE annuncerà a giugno un programma di misure non convenzionali, la sua attuazione sarà posticipata almeno fino a settembre. Inoltre, se per superare gli stress test le banche hanno rettificato con un approccio prudente i propri bilanci, allora le stesse a seguito della conclusione dell’AQR e degli stress test avranno probabilmente maggiori margini di manovra per concedere prestiti alle imprese. 

Da quanto detto, ne traiamo diverse conclusioni. In primo luogo, la view di consensus non crede che si assisterà ad una crescita dell’offerta di credito nel medio periodo in Europa.Tuttavia se la BCE riuscisse a ridurre gli spread sui prestiti alle imprese nell’Eurozona, allora per la fine dell’anno si potrebbe anche osservare una ripresa della crescita dell’offerta di credito. In secondo luogo, un tasso di deposito negativo potrebbe essere di supporto all’economia nel breve termine, grazie al leggero deprezzamento dell’Euro nei confronti del Dollaro. Nel corso degli ultimi mesi la moneta unica si è già svalutata rispetto alle valute degli EM e un suo ulteriore deprezzamento rispetto al Dollaro potrebbe essere di supporto all’economia dell’Eurozona (anche se potrebbe innescare un incremento della volatilità del debito sovrano periferico). In terzo luogo, non possiamo non parlare del successo di Renzi. Il popolo italiano ha votato per un policymaker appartenente alla nuova generazione di politici che vogliono cambiare il sistema e accelerare il programma di riforme. Si tratta di un segnale positivo per l’Italia e più in generale per coloro che vogliono accelerare il processo riformatore in Europa. Al tempo stesso, il voto di protesta emerso in tutta Europa dimostra che c’è un limite alla pazienza delle persone, soprattutto in merito alla loro capacità d’attendere l’implementazione delle riforme e gli effetti positivi della moderazione salariale. La BCE ha anche la responsabilità d’impedire che le forze deflazionistiche si intensifichino ulteriormente, soprattutto a causa dell’assenza di azione contro la frammentazione finanziaria dell’Eurozona.

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