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Emilia-Romagna, fra recessione e voglia di fare impresa

DATI UNIONCAMERE – Cala il pil dell‘1,4% nel 2013, dopo l’arretramento marcato (-2,5%) del 2012, ma al contempo aumentano infatti le start up innovative, toccando quota 162, così come le reti d’impresa, che a luglio coinvolgevano 714 aziende – Nel 2014 dovrebbe arrivare la ripresa, +1,1%, mentre l’occupazione dovrebbe stabilizzarsi.

Emilia-Romagna, fra recessione e voglia di fare impresa

La recessione colpisce anche l’Emilia-Romagna per il secondo anno consecutivo, ma non fiacca la volontà di chi ha delle idee e desidera metterle in pratica. Cala il pil dell‘1,4% nel 2013, dopo l’arretramento marcato (-2,5%) del 2012, ma la voglia di fare impresa cresce. Aumentano infatti le start up innovative, toccando quota 162, così come le reti d’impresa che a luglio coinvolgevano 714 aziende. Il clima economico è freddo, ma non pessimista. Nel 2014 dovrebbe arrivare la ripresa, +1,1%, mentre l’occupazione dovrebbe stabilizzarsi. Sono le stime di Unioncamere regionale, che traccia il tradizionale bilancio di fine anno.

Il morale è guardingo, sostiene l’associazione, ma non pessimista. Nel motore economico della regione infatti gira la benzina dell’export, cresciuto anche quest’anno del 2%, sostenuto soprattutto da packaging e cibo. 

In questi due ambiti il segno più resta imperativo: +7,5% l’agroalimentare; +1,5 il metalmeccanico. “Il comparto più importante sotto l’aspetto economico e tecnologico – scrive Unioncamere – vale a dire macchine e apparecchi meccanici, compreso il packaging, cresce del 3,4%. La migliore performance viene dai prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature, il cui export sale dell‘11,5%”.

Insomma, non tutti piangono, anzi c’è chi in questa fase continua a espandersi e a conquistare mercati. E’ chi ha saputo internazionalizzarsi per tempo e innovare processi e prodotti. “Resiste e spesso si consolida – si legge nel rapporto – chi ha fuori dai confini nazionali il principale mercato di riferimento. E dall’estero dovrebbe arrivare qualche timido vento di ripresa”. Purtroppo la domanda interna è ancora molto debole e il rilancio non sarà tale finché gli italiani non avranno risorse da spendere. 

Fuori dal perimetro dalle eccellenze infatti il bilancio di fine anno è un bollettino di guerra: “Il comparto manifatturiero non esce da una spirale recessiva: per l’industria in senso stretto nei primi nove mesi del 2013 sono in calo produzione (-3,1%), fatturato (-3,2%) e ordini (-3,8%). Il settore delle costruzioni, in difficoltà da oltre cinque anni, è ancora lontano da una via d’uscita.

Il ridimensionamento non risparmia alcuna classe dimensionale: il volume d’affari subisce una diminuzione del 5,7%, più marcata per le piccole imprese da 1 a 9 dipendenti (-6,4%). Il commercio al dettaglio registra flessioni nelle vendite intorno al 6,2% rispetto all’analogo periodo del 2012 (-7,9% in Italia), in correlazione con un andamento assai depresso dei consumi e dei redditi. Le situazioni più critiche sono nella piccola e media distribuzione (rispettivamente – 8,7% e – 6,7%). 

La grande distribuzione evidenzia una relativa maggiore tenuta (-2,0%). L’agricoltura stenta a mantenere livelli di redditività soddisfacenti: il valore della produzione agricola e zootecnica accusa una diminuzione del 3 % circa rispetto alla precedente annata agraria. Tuttavia il valore della produzione all’origine sembra attestarsi sui 4,4 miliardi di euro, un dato superiore alla media degli ultimi tre anni, che conferma il ruolo anticrisi di un settore che tra il 2008 e il 2012 ha aumentato del 12% il valore della sua produzione”. In questo contesto anche l’occupazione soffre (-1,5%), ma il tasso di occupazione dell’Emilia-Romagna resta comunque alto, il secondo del paese, alle spalle del Trentino Alto Adige.

In sofferenza infine il mercato del credito “secondo le statistiche divulgate dalla Banca d’Italia, a fine settembre 2013 gli impieghi bancari vivi, ovvero al netto delle sofferenze, concessi alla clientela ordinaria residente, escluso le Istituzioni finanziarie e monetarie, calano del 5,0%”. La situazione peggiora se si restringe l’analisi alle imprese e famiglie produttrici (-6,3 %).

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