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Descalzi e la Nigeria: “All’Eni è in atto una trasformazione ma la governance è eccellente”

Il numero uno del Cane a sei zampe, indagato con Scaroni, Bisignani e Di Nardo per corruzione internazionale nell’acquisizione del giacimento nigeriano Opl 245, precisa la sua posizione dopo lo sfogo pubblicato su Repubblica. E sottolinea il cambiamento industriale avviato e la sua estraneità a contatti e persone. La replica di Bisignani: “Ingrato”

Descalzi e la Nigeria: “All’Eni è in atto una trasformazione ma la governance è eccellente”

Non ritengo corretto dire che “all’Eni decideva tutto Scaroni” in quanto non rende giustizia né alla struttura di governance della società né alle persone. Inoltre, non è vero che da mesi non parlo con Scaroni”. E’ con questo passaggio, scritto e inviato al direttore di Repubblica, che l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi puntualizza, precisa, mette qualche puntino sulle “i” dopo il lungo sfogo affidato alla penna di Gad Lerner domenica. E titolato dal quotidiano diretto da Ezio Mauro: “La rabbia di Descalzi: non ho mai preso soldi, in Nigeria decise Scaroni”.

 Nella sostanza, tuttavia, il numero uno del Cane a sei zampe conferma la presa di distanze dalla stagione che lo ha preceduto. Una presa di distanze, spiega, dovuta anche ad un cambiamento di scenario che ha reso necessario il riposizionamento: “In Eni è in atto una trasformazione industriale che risponde alle esigenze di un contesto di business – prosegue infatti – che è radicalmente mutato negli ultimi anni”.

E ancora: “La governance dell’azienda è e rimane eccellente” e “Eni è ben gestita da molti anni, con processi rigorosi e segregati di risposta, valutazione e approvazione che sono stati rispettati da tutti coloro che hanno lavorato all’acquisizione dell’Opl 245 con Shell”. Insomma, in Nigeria – sottintende Descalzi a conferma della posizione già ufficializzata da Eni e sostenuta nella lettera già inviata ai dipendenti – non ci sono state irregolarità.

Su questo punto, come si sa, è in corso un’indagine della magistratura che invece sospetta che nell’acquisizione del giacimento nigeriano non ci sia stata soltanto una transazione con il governo di Abuja ma anche una brutta storia di corruzione internazionale con il coinvolgimento del precedente Ad, Paolo Scaroni, dello stesso Descalzi che allora era a capo della divisione Exploration & Production oltre che di Luigi Bisignani e Gianluca Di Nardo nel ruolo di possibili intermediari.

Si vedrà dunque, nel tempo, quale sarà l’esito dell’inchiesta. Intanto però è certo che la presa di posizione di Descalzi è suonata all’esterno come una chiara presa di distanze da un mondo e da un giro di contatti a cui il manager si dichiara estraneo: per la sua trentennale esperienza di lavoro all’estero, innazitutto, oltre che per scelte personali e di vita come quella del suo matrimonio con la signora congolese Madò. Il nuovo corso avviato all’Eni, con la ridefinizione dell’organizzazione interna, la scelta di vendere Saipem e di affrontare una volta per tutte il nodo della raffinazione, dà conto di questa volontà di cambiamento resa necessaria anche dalla diversa situazione dei mercati.

Altrettanto certo, però, è che lo sfogo con Repubblica ha provocato strascichi e polemiche: “Quell’ingrato di Descalzi deve tutto a Scaroni” è la sintesi nel titolo dell’intervista del Fatto Quotidiano a Luigi Bisignani, che ribadisce la sua estraneità ai fatti.

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