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Tangenti Mose, 35 arresti a Venezia: in manette anche il sindaco Giorgio Orsoni

Le accuse sono corruzione, concussione e riciclaggio – La procura di Venezia ha chiesto anche l’arresto di Giancarlo Galan, attuale senatore di Forza Italia, già ministro ed ex presidente della Regione Veneto – Nel mirino della Finanza milioni di euro distratti dai fondi per il Mose e portati all’estero.

Tangenti Mose, 35 arresti a Venezia: in manette anche il sindaco Giorgio Orsoni

Imprenditori, politici, perfino il sindaco Giorgio Orsoni, accusato di corruzione, concussione e riciclaggio. E’ un ciclone di arresti quello che nelle ultime ore si è abbattuto su Venezia, dove la Guardia di Finanza ha eseguito 35 misure di custodia cautelare nell’ambito di una inchiesta sull’ex ad della Mantovani, Giorgio Baita, e gli appalti per il Mose (Modulo sperimentale elettromeccanico), ovvero il sistema di paratoie mobili progettato per difendere il capoluogo veneto dall’acqua alta, separando temporaneamente la laguna dal mare. In tutto, gli indagati sono un centinaio.

Oltre ad Orsoni, sono finiti in manette anche l’assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso (Forza Italia), il consigliere regionale del Pd Giampiero Marchese e gli imprenditori Franco Morbiolo e Roberto Meneguzzo. Coinvolto anche il generale in pensione Emilio Spaziante. La procura di Venezia ha chiesto anche l’arresto di Giancarlo Galan, attuale deputato di Forza Italia, già ministro ed ex presidente della Regione Veneto. La richiesta dovrà essere vagliata dalla Camera.

Gli arresti partono da una inchiesta della Guardia di finanza di Venezia avviata circa tre anni fa. I pm Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonino (Dda) avevano scoperto che Baita (già colpito da un provvedimento di custodia cautelare lo scorso febbraio) aveva spostato alcuni fondi per il Mose creando una serie di fondi neri all’estero.

Il denaro, secondo l’accusa, veniva portato da Claudia Minutillo, imprenditrice ed ex segretaria personale di Galan, a San Marino, dove i soldi venivano riciclati da William Colombelli grazie alla propria azienda finanziaria Bmc. Secondo le Fiamme Gialle, almeno 20 milioni di euro sarebbero finiti in conti esteri e, probabilmente, erano indirizzati alla politica. 

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