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L’industria del cibo cresce più del Pil: +3% nel 2019/2020

Secondo il Food Industry Monitor, uno degli osservatori di riferimento sulle performance delle aziende italiane del settore agroalimentare, i migliori comparti negli ultimi 9 anni sono stati farine, surgelati, caffè, olio e vino.

Se il prodotto interno lordo stagna, non lo stesso si più dire dell’industria italiana del Food, che nel 2018 è cresciuta del 3,1% e lo stesso farà, secondo le stime dell gruppo bancario Ceresio Investors e dall’Università di Scienze Gastronomiche (Unisg), nel biennio 2019-2020. E’ quanto emerge dal Food Industry Monitor, uno degli osservatori di riferimento sulle performance delle aziende italiane del settore agroalimentare, che setaccia ai raggi X un campione di 823 aziende attive in 15 comparti (dagli alimenti all’alcol, dall’acqua al packaging) che insieme fatturano 63 miliardi di euro.

Lo studio rileva che la controtendenza del settore agroalimentare rispetto all’economia nazionale non è una novità: anche negli anni peggiori della crisi, col Pil in territorio negativo, i ricavi del Food non sono mai scesi sotto la soglia di una crescita del +2% annuo, toccando il +7% nel 2011 e quasi il +4% nel 2015. Anche la redditività commerciale è ormai, dal 2014, costantemente superiore al 6% e lo sarà anche nel biennio 2019-2020, mentre quella calcolata sul ritorno del capitale investito (ROIC) supererà in questi anni la soglia del 10%, un valore degno solo di altri campioni del made in Italy come la meccanica e l’abbigliamento.

Ma al di là dei dati finanziari, il Food Industry Monitor è in grado anche di individuare i comparti migliori degli ultimi anni, quelli che sono cresciuti di più sul lungo periodo: dal 2009 al 2018 risultano essere alimenti irrinunciabili come le farine, i surgelati, il caffè, l’olio e il vino, mentre i comparti più fiacchi sono stati dolci e birra. Per quanto riguarda la sostenibilità della crescita (l’indice è calcolato considerando anche il tasso di indebitamento), il campione di solidità finanziaria risulta essere il caffè.

Le aziende analizzate producono per il 98% sul territorio italiano ed esportano in media il 34%, anche se un terzo di loro realizza metà del proprio fatturato all’estero, tramite l’export. Per il 70% sono imprese familiari, solo il 3% è quotato in Borsa e solo il 7% è controllato da un azionista stranieri, così come il 7% sono cooperative.

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