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La cozza nera di Taranto: nuovo “dolce” presidio Slow Food, simbolo di rinascita

Il loro sapore dolce assicurato da fonti sotterranee che arrivano nel Mar Piccolo dalle Murge. Una bella storia di rispetto dell’ecosistema marino portata avanti da un gruppo di allevatori

La cozza nera di Taranto: nuovo “dolce” presidio Slow Food, simbolo di rinascita

Parli di Taranto e la prima cosa che ti viene in mente sono le brutte pagine di cronaca sui suoi problemi ambientali, sui danni causati dall’inquinamento atmosferico, sulle pesanti ripercussioni sulla salute umana di una città flagellata da una cattiva industria che con le sue emissioni ha seminato lutti e tumori colpendo anche bambini innocenti.

Ma Taranto racchiude in sé anche tante pagine di buone storie imprenditorial-industriali, e fra queste un posto di primo piano le viene riconosciuta per la storia della sua mitilicoltura, storia antichissima che risale ai tempi dei romani per le condizioni ambientali uniche che le hanno permesso di sviluppare nei secoli una fiorente attività di allevamento di cozze, non a caso definite l’”Oro di Taranto”.  E di quest’oro i tarantini da sempre riempiono le loro tavole.  Le amano crude, sotto forma di pepata cucinate solo con olio, aglio, pepe, sotto forma di zuppe, nella pasta abbinate con tubettini o spaghetti o ancora tubettini con fagioli e cozze o nella insuperabile Tiella con riso e cipolla

Ora la cozza nera di Taranto è diventata Presidio Slow Food un riconoscimento che va addirittura oltre le intrinseche qualità del prodotto, che sfida i pregiudizi che da anni, per ragioni prima di tutto ambientali, affliggono la città pugliese, e simboleggia la rinascita di una comunità che ha nella mitilicoltura le origini della propria storia.

Oltre trenta sorgenti sotterranee provenienti dalle Murge garantiscono una straordinaria dolcezza

Più di venti mitilicoltori della città pugliese aderiscono al progetto che prevede l’allevamento della cozza nera tarantina secondo un disciplinare che non garantisce soltanto la tracciabilità e la qualità del prodotto, ma anche il rispetto dell’ecosistema marino in un’area da tempo al centro del dibattito ambientale

L’Oro di Taranto ha una sua miniera ed è il Mar Piccolo: “uno specchio d’acqua interno   – spiega Luciano Carriero, referente dei produttori del Presidio – che è un ecosistema particolarissimo, caratterizzato dalla presenza di 34 sorgenti sotterranee di acqua dolce provenienti dalle Murge che vi confluiscono È proprio al costante approvvigionamento di acqua dolce che si deve la straordinaria dolcezza delle cozze nere di Taranto: tali fonti, infatti, oltreché una perfetta termoregolazione assicurano il controllo della salinità dell’acqua».

I benefici sono reciproci: se le cozze hanno trovato qui l’habitat ideale per svilupparsi, loro stesse fungono da “filtro” dell’acqua: «Se oggi scomparissero le cozze dal Mar Piccolo l’ecosistema cambierebbe radicalmente – spiega Marco Dadamo, direttore della riserva naturale regionale Palude Vela di Taranto e membro dell’Advisory Board di Slow Fish, che ha collaborato allo sviluppo del Presidio –. Sono un elemento importante, che contribuisce a mantenere alta la resilienza dell’ambiente garantendo servizi ecosistemici importanti quali il riciclo dei nutrienti in eccesso presenti nella colonna d’acqua».

La sfida di 20 allevatori in un’oasi straordinaria: tutti contro vecchie storie di inquinamento ambientale

Ecco perché, per Carriero, il riconoscimento come Presidio Slow Food è «l’occasione per il rilancio di un settore che ha vissuto un’epoca di crisi per ragioni ingiuste. Lavoriamo in acque controllatissime – prosegue –, ma purtroppo di Taranto si parla soltanto per l’inquinamento ambientale. Questa immagine ci ha penalizzato, pur lavorando noi in un’oasi naturale straordinaria».

A Taranto la mitilicoltura è una questione serissima e molto antica: i primi documenti che fanno riferimento alle cozze nere risalgono al 1525, e già nel 16esimo secolo i reggenti tarantini mettevano per iscritto regole precise per evitare il sovrasfruttamento delle lagune costiere.

“Di questi molluschi – spiega Bisignano – ci sono testimonianze nelle opere degli antichi classici, da Orazio a Virgilio, e più che mai nel periodo magnogreco, quando le attività di pesca e di semplice allevamento assumevano importanza industriale. In particolare, dalle ghiandole dei Murici, Murex trunchulus e Murex brandaris (in vernacolo locale Cueccel villan e Cueccel gentil), si ricavava la porpora per tingere le vesti degli imperatori romani, attraverso una vera e propria industria di estrazione chimica situata nella zona dove oggi è presente l’arsenale militare, i cui terrazzamenti sul mar piccolo furono realizzati depositando tonnellate di gusci di scarto della lavorazione degli stessi murici. Un primigenio esempio di economia circolare“.

“Il risvolto più buono, pulito e giusto di Taranto – ha commentato Carlo Petrini –  è dunque rappresentato dai 21 mitilicoltori che hanno già deciso di credere nel progetto del Presidio Slow Food, redigendo un rigido disciplinare di produzione. Tra questi molti giovani che, respirando quella vocazione storica tarantina legata al mare, si affacciano alla vita lavorativa forti di sani principi. Nel pieno rispetto ambientale, infatti, il disciplinare impone l’impiego di reti e retine esclusivamente biodegradabili e compostabili, sia per la coltivazione che per la commercializzazione. Ma si richiede anche il rispetto di particolari standard che garantiscono la massima qualità e tracciabilità delle loro cozze.

Un prodotto alimentare può essere quindi simbolo di grande speranza per intere comunità. E allo stesso tempo è in grado di caratterizzare un nuovo contesto sociale che valorizza quegli esempi virtuosi che con passione e cura interagiscono con il territorio e gli ecosistemi in cui ognuno di noi è costantemente immerso.

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