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India: aumentano le importazioni e si riducono le esportazioni. Cresce l’ export italiano nel Paese.

Riguardo agli scambi commerciali, l’india sembra aver perso i ritmi di crescita che hanno caratterizzato il 2010 e 2011. – Il saldo commerciale per l’Italia è positivo, a trainare il surplus sono i macchinari meccanici e i prodotti chimici.

Intesa SanPaolo, attraverso la firma del proprio economista della Direzione Studi e Ricerche Wilma Vergi, ha pubblicato un interessante focus su Commercio e industria dell’India. La pubblicazione illustra lo sviluppo dei rapporti commerciali del Paese e in particolare mostra come sia variato l’interscambio con l’Italia.

Nel 2013, a  livello mondiale, il peso degli scambi commerciali dell’India è stato pari al 2,2%. 
L’india si è posizionata sedicesima nella classifica degli esportatori mondiali con una quota dell’1,9% e dodicesima tra gli importatori con una quota del 2,5%.
Dopo aver registrato una crescita degli scambi commerciali particolarmente sostenuta negli anni 2010 (+29%) e 2011 (+34 %) anche le previsioni del 2014 segnano una frenata (+2%), cosi come già registrato nel 2012 (+2%) e 2013 (+3%). In particolare, mentre l’import è cresciuto del 7,8% nell’anno, l’export ha fatto registrare un decremento del 5,5% a/a.
Il dettaglio merceologico delle importazioni vede la prevalenza nel 2014 di petrolio greggio, e carbone  (in generale i minerali pesano il 40,5% delle importazioni); processori, parti e accessori di computer,  apparecchi e componenti per la telefonia e i circuiti integrati. macchinari ottici e medicali (in generale i macchinari pesano per il 15,3%), pietre, vetro e ceramica (13,4%), prodotti chimici (8,3%), oltre che di metalli (5,8%), i prodotti agro-alimentari (4,2%) tra cui oli e grassi animali e vegetali, verdura e frutta. Le variazioni da segnalare per importanza sono quelle dei metalli (+12% anno/anno) e  del vetro e della ceramica (-10,6% a/a).
Le esportazioni sono rappresentate da minerali (20,3%), prodotti del tessile e abbigliamento (14,4%), pietre, vetro e ceramica (13,9%), prodotti dell’agro-alimentare (12,3%), prodotti chimici (10,6%). Tra le esportazioni, le variazioni da segnalare sono, invece, quelle dei minerali (- 13% a/a) e dei prodotti chimici (-11% a/a).I principali partner commerciali sono la Cina con una quota sull’interscambio indiano dell’8,5%, gli Emirati Arabi Uniti con l’8,3%, gli USA con l’8% e l’Arabia Saudita con il 6,1%.

L’interscambio tra Italia e India è passato da 3,3 miliardi del 2004 a 6,95 miliardi di euro del 2013. Nel 2013 le importazioni dell’ India provenienti dall’Italia sono state pari a 3,97 miliardi di euro(+6% a/a), mentre le esportazioni sono state pari a 2,7 miliardi di euro (+0,6% a/a). Nei primi undici mesi del 2014 la dinamica sembra crescente in particolare per interscambio e per import.
L’Italia ha un saldo positivo nella commercializzazione di prodotti minerari, di legno, della carta, dei prodotti farmaceutici, dei macchinari meccanici, elettrici e elettronici e ottici. Segna, invece, un  deficit per i prodotti agricoli ed alimentari, per il tessile e l’abbigliamento, i prodotti raffinati, gli articoli in gomma e plastica , i chimici ecc.
Nei primi undici mesi del 2014, l’Italia ha importato abbigliamento (24% sul totale importazioni dall’India) metalli(15%), prodotti chimici(12%) prodotti petroliferi raffinati(12%).Nello stesso periodo,l’ Italia ha invece esportato macchinari meccanici (38% sul totale delle esportazioni in India), prodotti chimici (11%), metalli (10%,) mezzi di trasporto (6%).  

Alla fine del 2013 lo stock di Ide in India era il minore tra tutti i Bric, circa pari a 227 miliardi di dollari. Gli Ide indiani all’estero sono invece pari a 120 miliardi di dollari. I flussi di IDE in entrata dal 2000 al 2014, in base a dati governativi indiani, pari a 239 miliardi di dollari, sono provenienti soprattutto da paesi asiatici. Il dato è però distorto dalla presenza di paesi di transito quali Mauritius, Cipro, Cayman. Sono le Mauritius infatti il primo paese investitore con una quota di circa il 35% del totale IDE. Seguono per rilevanza Singapore con il 13%, il Regno Unito con il 9%, il Giappone con il 7%. Tra i Paesi Ue, l’Italia è dodicesima.
I maggiori settori di destinazione dei flussi di IDE entrati dal 2000 al 2014, anch’essi sulla base di dati governativi indiani, sono quelli dei servizi (18%), delle costruzioni e delle infrastrutture (10%), delle telecomunicazioni (7%), dei computer, software e hardware (6%) e dei prodotti farmaceutici (5%).
Tra le imprese italiane operanti in India, si ricordano: Eni, Saipem, Finmeccanica, Mapei, Italcementi, Fiat, Carraro, Piaggio, Brembo, Prysmian, De Longhi, Natuzzi, Ferrero, Luxottica, Benetton ecc

L’indice della produzione industriale sembra ancora crescente ma in frenata. Dopo aver registrato nel quinquennio 2009-2014 una variazione positiva di circa il 2% a/a, nel 2014 l’aumento medio annuo sembra essere pari all’1,5%. 
Per quanto riguarda l’agricoltura, l’India è uno dei principali produttori mondiali di numerose categorie alimentari ed agricole. Rispetto al ventennio precedente la superficie destinata alle coltivazioni ortofrutticole è raddoppiata nel 2013, mentre la produzione è triplicata.
Note negative provegono dall’indice LPI (Logistic Performance Index) e dall’Indice Doing Business. Secondo l’indice LPI l’India necessita di un ammodernamento delle infrastrutture; rispetto ai Paesi asiatici, l’indice LPI indiano è penultimo davanti solo a quello filippino. L’Indice Doing Business della Banca Mondiale, che misura la facilità di fare impresa, vede l’India al 142° posto su 189 paesi, in arretramento di due posizioni rispetto all’anno precedente. 

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