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Farina e De Falco: perchè l’Italia è sempre a caccia di eroi

Il calciatore del Gubbio e il comandante del porto di Livorno sono diventati i nuovi simboli dell’Italia migliore – Ma qualche dubbio sorge spontaneo: perché l’Italia ha sempre bisogno di eroi e perché persone normalissime diventano simboli? Forse è il segno di un generale degrado e del bisogno di trovare riferimenti positivi in un momento di spaesamento.

Farina e De Falco: perchè l’Italia è sempre a caccia di eroi

Sfortunato quel popolo che ha bisogno di eroi”, scriveva Brecht, perchè quel popolo ha bisogno di essere salvato. La citazione (spesso riportata erroneamente) viene pronunciata da Galileo, in “Vita di Galileo”, composta tra il 1938 e il ’39. Ma è probabile che il drammaturgo tedesco si riferisse anche alle guerre, con quella frase, all’eccezionale e unica drammaticità del suo tempo (gli anni peggiori del secolo peggiore della storia), a quell’orrore che Brecht vide e visse coi suoi stessi occhi, negli anni errabondi del suo esilio.

Eppure torna buona anche oggi, quella frase, “sfortunato quel popolo che ha bisogno di eroi”, nell’Italia moderna e (relativamente) pacificata che si aggrappa furiosamente ai suoi piccolissimi eroi di cartapesta, in televisione e sui giornali e nell’incessante tam-tam della rete (forse l’unica, vera genitrice di miti del nostro tempo), nella speranza di non sprofondare.

Così oggi nasce un eroe dal nulla, semplicemente per aver fatto il proprio dovere. Simone Farina, calciatore probabilmente mediocre, onesta (stricto sensu) riserva del Gubbio, salito agli onori della cronaca, come si suol dire, per aver rifiutato un notevole quantitativo di denaro per vendere una partita e, soprattutto, per aver abbattuto il muro di omertà, in un mondo, quello dello sport, in cui questo muro non dovrebbe avere alcuna cittadinanza (ma dove dovrebbe averla?), ma in cui invece, nella sua solita maniera strisciante, sembra essere diventata una regola di comportamento.

Da lì in poi l’escalation: la petizione di Panorama in suo nome, la convocazione in nazionale, l’invito alla cerimonia del Pallone d’oro, il cartellino viola Fair Play, il classico articolo moraleggiante di Gianni Mura, i gruppi su Facebook, i titoli dei giornali (“Simone Farina pallone d’oro della moralità” e via dicendo) e poi quella parola, eroe, o addirittura eroe buono (come se ci fossero eroi cattivi), apposta sulla sua immagine come il nome sulla maglia, un’epigrafe sovrumana, come se la fascia sottile con cui tiene su i lunghi capelli biondissimi, sopra la sua faccia normale di ragazzo normale che in fondo sembra sempre si stia chiedendo “Io che ci faccio qui?”, non fosse altro che un’aureola.

Eppure Simone Farina è stato già in parte dimenticato (perchè così come facilmente nascono, gli eroi, in questo tritacarne, così muoiono, o si eclissano), soppiantato da un nuovo e più fresco eroe, il comandante della capitaneria di porto di Livorno Gregorio De Falco.

Forse perchè la sua voce sicura e autoritaria, da padre incazzato che rampogna il figlio, è entrata nelle case di tutti noi, arricchendo la nostra mitopoiesi dell’indimenticabile (per un mesetto) “vada a bordo, cazzo” rivolto a Schettino, con cui in fondo il buon De Falco è riuscito a parlare ad una parte molto intima e secretata di noi italiani (oltre allo schifo per Schettino in sé, lo schifo per Schettino in me, parafrasando Gaber, la legittima, ma non posta domanda: “Io cos’avrei fatto, al posto suo?”). De Falco è diventato un mito perchè ci ha sgridati tutti quanti, perchè ci ha richiamati all’ordine, perchè tutti quanti, di fronte al suo “vada a bordo, cazzo!”, nel nostro chiuso, abbiamo fatto timidamente di sì, con la testa.

Se digiti la parola “eroe” su Google almeno 4 risultati, nella sola prima pagina, sono su di lui. Sui social network si sprecano i post e i tweet di apprezzamento, così come i gruppi su Facebook (si va dal sobrio “Gregorio de Falco”, che ha oltre 20.000 likers, all’elegiaco “Capitano Gregorio De Falco. Orgoglio italiano”), mentre la sua telefonata con Schettino, remixata a dovere, è diventata una hit di successo su youtube.

E quindi diventa naturale, a questo punto, interrogarsi sullo stato di salute di un popolo così bisognoso di essere salvato, uno “sventurato” alla ricerca di eroi, in una nazione in cui un ordine dominante fondato da sempre (o comunque da troppo) sull’imperfezione ha finito per ricompensare sistematicamente la meschinità, rendendo ogni forma di “bontà” (anche quella più banale, il rispettabilissimo “fare bene il proprio lavoro”) qualcosa di straordinariamente eccezionale. Qualcosa di eroico.

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