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Dura lettera ai soci del Ceo di Generali, Giovanni Perissinotto: “Cda irrituale: non mi dimetto”

IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA DI PERISSINOTTO – “Sono incredulo. Cda irrituale. Mediobanca ritiene di avere diritti speciali su Generali ma per me l’indipendenza della Compagnia è tutto. Irrazionali i sospetti di Piazzetta Cuccia e assurdo destabilizzare le Generali. Noi leali sostenitori del debito pubblico italiano. Non c’è alcun motivo per dimettermi”.

Dura lettera ai soci del Ceo di Generali, Giovanni Perissinotto: “Cda irrituale: non mi dimetto”

Illustri consiglieri

Ho preso atto della prossima convocazione del nostro consiglio di amministrazione avvenuta ad opera del Presidente in presenza di una pretesa e non meglio specificata urgenza e con l’indicazione di un ordine del giorno che rimanda a norme del codice civile in maniera del tutto generica e indeterminata.

Alla luce di un incontro al quale sono stato convocato mercoledì scorso dal Presidente e Amministratore delegato di Mediobanca posso immaginare, almeno parzialmente, che la discussione del prossimo consiglio riguarderà una mozione di sfiducia espressa dal suddetto socio nei miei confronti quale Ceo di Generali.

Voglio pertanto provvedere a fornire a tutti voi una informativa sul tema di discussione in questione, affinché – almeno in parte – si possa colmare il vizio procedurale caratterizzato da una convocazione, irrituale del consiglio e voi possiate pertanto – sia pure parzialmente – essere messi nella condizione di discutere e deliberare in modo consapevole e informato.

Esprimo anzitutto la mia incredulità perché – in un momento così impegnativo e delicato sia per le Assicurazioni Generali che per il Paese del cui sistema finanziario Generali è una parte importante – il nostro socio di maggioranza relativa ritenga appropriato o consigliabile mettere ancora una volta i propri interessi sopra quelli della Compagnia, dei suoi assicurati, dei suoi impiegati e della stragrande maggioranza dei suoi azionisti.

Nonostante negli anni io abbia mio malgrado preso atto che Mediobanca ritiene di avere diritti speciali sul destino di questo Gruppo, sono ancora incredulo di fronte a quanto mi è stato comunicato dal socio Mediobanca lo scorso mercoledì, ovvero che gli amministratori su cui detto socio ritiene di esercitare una speciale influenza non avrebbero più fiducia nella mia leadership. E’ lontana da me l’idea di mettere la salvaguardia della mia personale posizione sopra gli interessi di Assicurazioni Generali. Chiunque può darmi atto che negli ormai decenni di servizio in questa Compagnia non ho mai confuso cosa fosse buono per me o per il Gruppo.

Mi aspetto di vedermi contestato il fatto che le performance dell’azione Generali sono state negli ultimi tempi insoddisfacenti. E io non posso che condividere questo punto. Tuttavia anche la più superficiale delle analisi dirà che questo non è il risultato di errori di gestione, ma è direttamente legato alla percezione dei mercati della nostra storica, attuale e significativa esposizione verso l’Italia e al fatto che siamo stati e rimaniamo leali sostenitori del debito sovrano del Governo italiano. La riprova di ciò si ricava da una comparazione con i risultati dei nostri principali competitors i quali, a tutti è noto, si sono giovati di ingenti immissioni di mezzi propri al contrario della nostra Compagnia che, per volere anche e soprattutto del suo socio di riferimento, non ha voluto scegliere questa strada. Volere dare spiegazioni differenti da questa sarebbe intellettualmente disonesto.

Vorrei inoltre ricordare che in tutti questi anni e anche in tempi recenti, vari tentativi del management di Generali di diversificare il nostro rischio verso le nuove aree del mondo a maggiore crescita sono stati ostacolati dall’azionista di riferimento. La mia impressione è che questo sia avvenuto non tanto per la preoccupazione sul futuro di Generali quanto piuttosto perché questo avrebbe potuto comportare una diluizione nel nostro azionariato e ridotto l’influenza sul Gruppo dell’azionista Mediobanca, alla luce della sua evidente indisponibilità a sottoscrivere un aumento di capitale.

So che l’indipendenza che io assieme al management abbiamo sempre cercato di perseguire è stata talvolta di poco aiuto al ruolo sistemico che alcuni ritengono Mediobanca dovrebbe giocare nel nostro Paese. Ma ho sempre considerato questo problema come un problema del nostro azionista e non nostro. E’ tuttavia chiaro per me che, in tempi recenti, questa indipendenza di spirito e di azione ha provocato un irrazionale sospetto da parte del management di Mediobanca.

Mi riferisco ovviamente all’attuale transazione fra Unipol e Fonsai che Mediobanca sta sponsorizzando. Mentre io ho seri dubbi sulla visione strategica di questa operazione, non solo per la inquietante prova che non si può certo ignorare riguardante la salute finanziaria di quello che dovrebbe essere il salvatore; al contrario di quella che sembra essere la convinzione del top management di Mediobanca, io non reputo che sarebbe corretto per me essere coinvolto in alcun modo nella vicenda Fonsai. In ogni caso, è evidente che la errata convinzione che io abbia in qualche modo aiutato – o più precisamente non abbia esercitato la mia influenza per evitare la partecipazione di una parte in transazioni che “minacciano” interessi vitali per Mediobanca – sia all’origine della mozione di sfiducia mossami quale Ceo di Generali. Non ho dubbi che dal nostro azionista di riferimento abbia già individuato un candidato “presentabile” per ricoprire la posizione di Ceo in Generali e scelto all’esterno del nostro Gruppo. Tuttavia per quanto questa persona possa essere rispettabile, la sua scelta non potrà fare a meno di essere “inquinata” dal fatto che la sua nomina è dettata da logiche che prescindono valutazioni di business.

In conclusione, voglio anticipare a tutti voi consiglieri che non ho alcuna intenzione di accogliere la mozione di sfiducia anticipatami dall’azionista Mediobanca e di presentare le mie dimissioni dalla posizione di Group Chief Executive. Ciò per la semplice ragione che non esiste un motivo oggettivo per farlo; per la verità, alla luce di quanto ho scritto prima, ci sono tutte le ragioni per non farlo. Considerando lo scenario estremamente volatile in cui stiamo operando – con un certo successo, potrei aggiungere – faccio semplicemente notare che qualsiasi mossa in grado di destabilizzare la più grande istituzione finanziaria del Paese nella percezione del mercato sarebbe quantomeno inappropriata.

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