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Def, l’ideona che manca per rilanciare la crescita

Il Documento economico-finanziario del Governo conferma che i conti pubblici sono sotto controllo ma non contiene lo slancio per la crescita. Bisognerebbe avere il coraggio di tagliare drasticamente la spesa pubblica improduttiva per tagliare radicalmente anche le tasse. Ma chi se la sente davvero di sfidare i corporativismi della società italiana?

Def, l’ideona che manca per rilanciare la crescita

Il Def approvato dal Consiglio dei ministri ci racconta un’Italia che ancora dovrà camminare per un bel po’ sul filo del rasoio. Il 2012 è, come sapevamo, un anno di recessione tanto che il Pil calerà, secondo le stime lievemente ottimistiche del Governo dell’1,2%. Il 2013 dovrebbe vedere una lieve ripresa (+0,5%) mentre altri centri di analisi internazionale come il Fmi prevedono che la caduta del reddito dovrebbe continuare. I conti pubblici sarano sicuramente in miglioramento ma il pareggio di bilancio nel 2013 non sarà raggiunto. Solo tenendo conto della congiuntura negativa, così come concordato in sede europea, si calcola che avremo un attivo (detto strutturale perchè depurato degli effetti della congiuntura) dello 0,6%. Il debito comincerà a calare al netto degli aiuti concessi ai paesi in difficoltà come Grecia, Portogallo ed Irlanda, collocandosi al 118 del Pil, per poi scendere al 110 nel 2015.

Cosa significano questi numeri? Ci sono aspetti positivi perchè si può dire che nel complesso i conti pubblici sono e rimarranno sotto controllo anche in una situazione congiunturale non solo italiana ma europea, estremamente difficile. Questo è costato grandi sacrifici agli italiani che sono stati chiamati a pagare nuove tasse per un importo rilevante. Tuttavia, è vano ritenere che altre strade sarebbero state possibili. Tutti coloro che strillano per la mancata crescita, a cominciare dai sindacati, si guardano bene però dal dire come in concreto questa crescita sarebbe stata attuabile. Con la solita patrimoniale? Ma via, cos’è l’Imu (la tassa più odiata dagli italiani) se non una patrimoniale ordinaria estesa a tutti?

Però questi numeri dimostrano che ci sono ancora in Italia tanti aspetti negativi che necessitano di un alto livello di attenzione se non vogliamo ricadere nel buco nero del default che abbiamo sfiorato solo cinque mesi fa. Del resto Monti ha detto chiaramente che per riconquistare credibilità e fiducia presso gli investitori occorre mantenere per un certo tempo la rotta appena intrapresa, portare avanti le riforme strutturali di cui abbiamo bisogno e ridare competitività al Paese in modo da metterlo in condizione di accelerare il ritmo di sviluppo. In questo contesto Monti non ha mancato di lanciare una frecciata ai partiti, ricordando che il ripristino della credibilità a lungo temine dipende anche da quanto i partiti sapranno riformare se stessi e le istituzioni per far capire a tutti che, dopo la parentesi del Governo tecnico, non si tornerà all’andazzo di prima, cioè alla politica basata sugli sprechi e le clientele, ma che continuerà la politica riformista e si continuerà a rendere sempre più efficiente sia la macchina dello Stato sia il funzionamento dei mercati.

Ma è proprio questo l’aspetto più critico della nostra situazione e la carenza più evidente del disegno di politica economica contenuto nel Def. Non si sa esattamente cosa si siano detti Monti ed i segretari dei partiti di maggioranza durante la cena di martedì. Viene il sospetto, stando anche alle frasi di Monti riguardanti i partiti, che si sia trattato di un dialogo tra sordi. I partiti vogliono lo sviluppo ma nessuno possiede un disegno organico e coerente per attivarlo. Alfano non vuole l’aumento dell’Iva, la Camusso la riduzione delle tasse sul lavoro. Cose giuste, ma per renderle possibili bisogna indcare da dove si possono prendere le risorse per farle.

E qui entra in campo la famosa “ideona” per avere un po’ di sviluppo che Passera sostiene non esistere perchè a suo parere, lo sviluppo è figlio di tutta una serie di aggiustamenti su tanti aspetti della nostra struttura economica, ognuno dei quali può dare un piccolo contributo alla costruzione di un assetto diverso, più dinamico e più competitivo. Ed è vero che il degrado del nostro sistema è ad un punto tale da paralizzare qualsiasi iniziativa (tranne quelle truffaldine). Infatti Passera ha proposto la revisione delle norme per la realizzazione più rapida delle infrastrutture,il riordino degli incentivi alle imprese per finanziare le iniziative realmente meritevoli,la revisione del sistema energetico e della burocrazia, per ridurre i costi che gravano su imprese e cittadini. Sono tutte misure necessarie, così come quella per pagare i debiti della PA verso le imporese, ma tutte dispiegheranno i loro effetti in tempi non brevissimi e comunque nessuna è di per sè risolutiva per farci uscire dalla recessione.

Esiste questa “ideona”? Difficile dire che un solo provvedimento possa come per incanto risolvere tutti i problemi che si sono aggrovigliati intorno al corpo del nostro sistema economico in tanti anni di mala amministrazione. Tuttavia c’è un elemento che manca nel Def, così come nei discorsi di Monti e Passera, e cioè quello del taglio drastico delle spese pubbliche in modo da poter ridurre in maniera visibile e non solo simbolica, le tasse su imprese e cittadini. Solo se si affonda il coltello sugli 800 miliardi di euro di spesa pubblica si potranno avere risorse per calare le tasse. Nè basta dire che parte degli introiti derivanti dalla lotta all’evasione verranno destinati alla riduzione dell’Irpef sui redditi più bassi. In questo caso si avrebbe un giusto effetto di redistribuzione del reddito ma non un calo della pressione fiscale complessiva che ormai supera il 45% del Pil. Senza un calo deciso delle tasse e quindi un aumento della competività delle nostre aziende non ci potrà essere ripresa.

Ma perchè c’è tanta riluttanza ad affrontare il taglio della spesa pubblica? Forse perchè è difficile, ma forse perchè gli interessi da toccare sarebbero talmente grandi che nessuno se la sente di ingaggiare una simile battaglia. Sfoltire i livelli istituzionali, tagliare i costi della politica,eliminare gli enti inutili, impedire gli sprechi clientelari delle risorse sarebbe certamente doloroso per quanti intorno a quei flussi hanno costruito il loro comodo nido. Ma questa dovrebbe essere una ragione in più per agire. Sarebbe un argomento in più di equità e di giustizia. Infatti non è equo che la crisi condanni tanti operai di aziende colpite dalla crisi e non tocchi quanti lavorano in organismi parassitari, ben al riparo dalla concorrenza e dal mutevole andamento dei mercati. Eppure Giarda si muove con i piedi di piombo, Grilli non sembra appassionarsi al tema, mentre i partiti tutto vogliono tranne che sfoltire le loro burocrazie o deludere le proprie clientele. E quindi il tema dei tagli che magari di per sè non sarà una “ideona”, ma è certo un’idea molto importante per dare una svolta in direzione della ripresa, rimane per ora sullo sfondo. E noi continuiamo a camminare tra tante tasse e dura recesione.

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