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No euro? Meglio no Lega

L’uscita dall’Euro non solo non porterebbe alcuno dei vantaggi tanto declamati, ma sarebbe una vera tragedia per l’economia e per il posizionamento politico dell’Italia – La responsabilità della nostra crisi non è della moneta unica, ma della perdita di competitività che abbiamo accumulato negli ultimi vent’anni.

No euro? Meglio no Lega

Con l’avvicinarsi delle elezioni europee del 25 maggio, si sta facendo sempre più proterva un’armata Brancaleone di azzeccagarbugli, sedicenti professori di economia, giornalisti televisivi adusi a vellicare i più bassi istinti del pubblico, politici che cercano di scaricare le loro colpe sul nemico esterno. Non sono pericolosi perché il buon senso antico della vecchia Italia contadina, capisce bene che non c’è un albero della cuccagna e che non ci sono soluzioni miracoliste per uscire da venti o forse trent’anni di cattiva gestione.

Tuttavia potrebbero catturare un po’ di creduloni e molti che, pur non credendo fino in fondo alla magica rigenerazione promessa da questi imbonitori, possono comunque pensare che tanto peggio di così non può andare, e quindi tanto vale provare. Purtroppo in politica gli esperimenti si svolgono sul corpo vivo della gente e non finiscono in poche ore come in un laboratorio di chimica, ma proseguono per anni con conseguenze terribili. I russi hanno accettato il sogno di Lenin , i tedeschi hanno votato liberamente per il partito Nazionalsocialista e poi entrambi hanno pagato a caro prezzo questo loro “esperimento”.

L’uscita dall’Euro non solo non porterebbe alcuno dei vantaggi tanto declamati, ma sarebbe una vera tragedia per l’economia e per il posizionamento politico dell’Italia. Dal punto di vista economico la teoria del ritorno alla lira di basa essenzialmente sul fatto che riducendo il valore della moneta, le nostre esportazioni ne avrebbero un vantaggio competitivo e quindi potremmo vendere di più all’estero. Questo può verificarsi, ma a patto di comprimere ancora di più la domanda interna tagliando i redditi dei lavoratori sia con le tasse (chi si ricorda di Amato che nel ’92 varò una manovra fiscale di 90 mila miliardi?) sia con il mancato recupero delle perdite provocate dall’inflazione. 

Se invece, come sembrano sostenere questi nuovi soloni dell’uscita dall’Euro, la riconquista della sovranità monetaria, consentirebbe di soddisfare tutti i nostri desideri stampando moneta, allora i vantaggi della svalutazione si scioglierebbero come neve al sole in poche settimane e noi ci troveremmo al punto di prima. Anzi peggio perché nel frattempo avremmo perso qualsiasi possibilità di avere credito dall’estero dato che nessuno dopo aver perso molti dei soldi che finora ha investito in Italia, sarebbe disposto di nuovo a rischiare un centesimo, a meno di avere tassi d’interesse stratosferici.

Ma per gli iper-semplificatori alla Mario Giordano, direttore del Tg4 berlusconiano, questi sembrano ragionamenti troppo complicati. Meglio affermare che i risparmiatori non vedrebbero decurtati i propri risparmi monetari, che lo Stato non avrebbe alcun problema a rimborsare i propri Bot in Euro con le nuove lire, e insomma che potremmo bellamente infischiarcene del resto del mondo, che del resto ci vuole male perché non solo non ci aiuta, ma che in passato ha ordito un vero e proprio “complotto” per far fuori Berlusconi ed impossessarsi dei gioielli italiani.

Meglio far finta di dimenticare che nel ’92, prima della svalutazione della lira, uscirono in pochi mesi dall’Italia ben 50 mila miliardi di lire che vennero tramutati in marchi o dollari non dai cattivi speculatori ma da piccoli e medi risparmiatori che volevano mettere al sicuro i propri sudati risparmi. Ed allora non c’era l’euro nato proprio per prevenire quelle crisi, per eliminare le svalutazioni competitive, e soprattutto per imbrigliare lo strapotere del marco tedesco obbligando la Bundesbank a condividere il potere monetario con tutti gli altri paesi rappresentati nel board della Bce.

La responsabilità della nostra crisi non è dell’Euro, ma della perdita di competitività che abbiamo accumulato negli ultimi vent’anni, tanto che la nostra crescita è stata mediamente della metà rispetto a quella degli altri paesi europei, ed al momento della crisi del 2009 abbiamo avuto un calo di quasi il 6% del Pil contro il 2% degli altri. E questo andamento negativo è dovuto agli sprechi della politica ed all’ostilità verso qualsiasi riforma. Anzi abbiamo fatto delle riforme che hanno peggiorato il funzionamento del sistema a cominciare dalla riforma dei poteri delle Regioni , paralizzando qualsiasi capacità decisionale e sforando qualsiasi limite di spesa. 

Quando poi è scoppiata la crisi la Lega (ma questo il neosegretario Salvini preferisce non ricordarlo) contribuì al crack finale opponendosi sia alla riforma delle pensioni, sia alla abolizione delle province ed allo sfoltimento della giungla delle società controllate dagli enti locali. In questo modo la Lega fu tra i principali responsabili dell’aggravarsi della crisi (quasi un crack) e della caduta del governo Berlusconi. Ed auguriamoci che Forza Italia se ne ricordi prima di fare alleanze con simili compagni di strada.

In realtà è evidente che dopo 15 anni di integrazione monetaria le economie europee sono fortemente interconnesse. Un ritorno alla lira creerebbe gravissime difficoltà alle banche ed alle aziende che hanno debiti in Euro che rischierebbero il fallimento ed in ogni caso avrebbero gravi difficoltà a finanziare i propri investimenti. I risparmiatori sarebbero fortemente penalizzati perché i loro depositi in banca verrebbero tramutati in lire con sempre minore potere d’acquisto. Avremmo più disoccupati, minore consumi, minore produzione. Altro che paese di Bengodi dove avremmo tante lire da poter soddisfare tutti i nostri bisogni.

Non parliamo poi delle conseguenze politiche di un’Italia isolata dal resto dell’Europa e guardata con sospetto ( maggiore di quello che già ci portiamo addosso ) come elemento di turbativa per tutti gli altri. Basta ricordare che il nostro paese ha avuto il suo momento migliore quando nel dopoguerra decise di aprire le frontiere ( vincendo le resistenze di Confindustria e sindacati uniti nelle chiusure conservative) e potè partecipare alla grande espansione degli scambi mondiali. L’autarchia non fa per noi. E le svalutazioni competitive porterebbero gli altri paesi a difendersi.

Ma al di là di tutti i ragionamenti economici e politici, quello che più stupisce è che tutti questi demagoghi si facciano vivi proprio ora quando ci sono segni evidenti di un miglioramento congiunturale che potrebbe irrobustirsi con adatte politiche da parte del nostro governo, tese a consolidare il buon recupero di credibilità di cui l’Italia inizia a godere. Gli investimenti esteri aumentano sia sui titoli di Stato che nelle aziende private. I tassi d’interesse stanno scendendo e le banche cominciano a dare credito come dimostra l’aumento del 18% dei mutui immobiliari erogati nell’ultimo trimestre. La domanda interna mostra piccoli segni di risveglio come dimostrano gli acquisti di auto nuove. 

Certo il sistema di governance europeo non è ottimale. Sono stati commessi errori gravi negli anni scorsi nella gestione della crisi, come ha riconosciuto il Presidente della Bce Mario Draghi. Tuttavia è stata varata l’unione bancaria europea e siamo ad un passo dall’adozione di politiche più coraggiose sia sul piano della politica monetaria che sul sostegno agli investimenti ed alla formazione. Proporre l’uscita dall’Euro oggi vorrebbe dire vanificare tutti i progressi compiuti dall’Europa e porre in soffitta i possibili cambiamenti sospinti anche dalla presidenza italiana dell’UE. Che presidenza sarebbe se fossimo fuori dall’Euro?

La verità è che i cittadini italiani hanno pagato a caro prezzo l’incapacità dei governi di centro destra di attuare quel ridimensionamento del ruolo dello Stato che pure avevano promesso, e di quelli di centro sinistra di varare quegli aggiustamenti del welfare e del mercato del lavoro necessari non per intaccare i “diritti” dei lavoratori, ma per evitare di trasformarli in milioni di disoccupati. Ci siamo illusi di poter continuare a banchettare ( ma non tutti hanno mangiato alla stessa maniera ) senza pagare il conto. Ma questo non è possibile. Vogliamo ora continuare a correre dietro ai venditori di fumo, alle avventurose illusioni dell’uscita dall’Euro, o pensiamo seriamente a rimboccarci le maniche e puntiamo su un futuro possibile ed ormai a portata di mano?

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