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Milleproroghe, la manovra può cambiare ancora

Il Pd vorrebbe utilizzare il maxi decreto di fine anno per far passare alcuni ordini del giorno approvati dal Governo in materia di pensioni e frequenze tv, ma anche per ulteriori modifiche su Imu e liberalizzazioni di taxi e farmacie – Dal Pdl alzano le barricate – Cicchitto: “Non daremmo appoggio in Parlamento”.

Milleproroghe, la manovra può cambiare ancora

LE SPERANZE DEL PD…

Frequenze tv, pensioni, Imu, liberalizzazioni di taxi e farmacie. Sono molti gli ingredienti che fanno gola al Pd, ma quest’anno il calderone del milleproroghe rischia di rimanere mezzo vuoto. I democratici vorrebbero utilizzare il maxi decreto di dicembre – che tradizionalmente contiene il rinvio di varie scadenze di legge, ma anche correzioni alle finanziarie già approvate – per aggiustare il tiro dell’ultima manovra economica, oggi sbarcata al Senato per l’approvazione definitiva.

In particolare, dal partito di centro-sinistra chiedono l’inclusione di due ordini del giorno approvati l’altro ieri dal Governo in tema di pensioni: il taglio delle penalizzazioni per i precoci (coloro che hanno iniziato a lavorare intorno ai 15 anni d’età) e la garanzia dell’assegno previdenziale per i lavoratori licenziati al di fuori di accordi sindacali (che spesso hanno usufruito di incentivi aziendali in vista della pensione e ora vedono allontanarsi il traguardo anche di 5 o 6 anni).

…E L’OPPOSIZIONE DEL PDL

Ma dal Pdl hanno già alzato le barricate: “Non rientrerà dalla finestra quello che è stato bloccato sulla porta – ha detto il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto -. Se qualcuno pensa, con la prossima approvazione del decreto cosiddetto milleproroghe, di affrontare e risolvere in modo unilaterale solo le preoccupazioni avanzate da una parte politica o da qualche sindacato, deve sapere che non potrà chiedere alla parte opposta il sostegno in Parlamento”.

LA MANOVRA: LEGGE ENTRO LA SETTIMANA

Insomma, le trattative per modificare ancora una volta il pacchetto di misure si sono arenate prima di iniziare. Tanto più che l’ultimo passaggio parlamentare della manovra Monti sembra essere poco più di una formalità: il provvedimento arriva oggi nelle commissioni Bilancio e Finanze di Palazzo Madama (il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato per domani a mezzogiorno), ma il Governo è determinato a impedire nuovi ritocchi al testo in questa sede.

Metter mano adesso alla manovra vorrebbe dire imporre un terzo passaggio a Montecitorio, impedendo al decreto di essere convertito in legge nei tempi (fulminei) stabiliti. Ieri il presidente del Senato, Renato Schifani, ha confermato che il via libera definitivo arriverà “prima di Natale”. Con ogni probabilità l’Esecutivo porrà ancora una fiducia sul provvedimento, che dovrebbe approdare mercoledì in Aula per essere votato giovedì o al massimo venerdì.

IL NODO DELLE FREQUENZE

Il milleproroghe era quindi per il Pd l’ultima speranza di strappare qualche cambiamento in corsa. Se anche questo tentativo dovesse fallire, tuttavia, le richieste dei democratici potrebbero essere in parte accolte dal Governo nei provvedimenti che vedranno la luce il prossimo anno. In particolare, uno dei temi più caldi rimane quello delle frequenze.

Il ministro dello Sviluppo economico e delle infrastrutture, Corrado Passera, sembra intenzionato a chiedere lo stop del “Beauty Contest”, la procedura varata dal suo predecessore, Paolo Romani, che prevedeva l’assegnazione delle frequenze senza asta, favorendo così la creatura più amata da Silvio Berlusconi, Mediaset.

L’IDEA DI PASSERA: CONVERTIRLE PER LA TELEFONIA

Passera però starebbe pensando anche di congelare le frequenze per un anno e successivamente di riconvertirle per destinarle al mercato telefonico piuttosto che a quello televisivo, già affollatissimo. In realtà i passaggi sarebbero più complessi: a Rai e Mediaset potrebbe esser data la possibilità di trasformare le proprie frequenze Dvb-h (telefonia mobile) in Dvb-t (televisione).

I due big arriverebbero così al tetto di 5 multiplex a testa e sarebbero esclusi da nuove gare. Nell’asta – per la quale sarebbe comunque fissato un prezzo minimo – sarebbe così garantito spazio agli operatori televisivi più piccoli. In caso di mancata assegnazione, anche parziale, si procederebbe infine alla conversione delle frequenze e alla nuova asta fra le aziende telefoniche.

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