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Ubs, uscire dall’euro costa 10mila euro pro capite

Secondo gli analisti della banca svizzera una decisione del genere costerebbe solo nel primo anno 10mila euro ad ogni cittadino – Fino ad ora le conseguenze del grande passo “sono state sottovalutate” – Le vecchie monete nazionali sarebbero carta straccia e questo porterebbe ad una serie di default a catena.

Ubs, uscire dall’euro costa 10mila euro pro capite

Chi esce dall’euro entra in una valle di lacrime. Sono scenari da armageddon economico quelli profetizzati da Ubs, che nel suo ultimo studio parte da una domanda semplice: cosa succederebbe se un qualsiasi Paese dell’Eurozona decidesse di abbandonare la moneta unica? La risposta è altrettanto semplice: sarebbe il caos. Eppure negli ultimi giorni sono state fatte molte ipotesi del genere per accantonare il problema greco e abbandonare Atene al suo personale oblio.

Le ultime proposte in questo senso sono arrivate da alcuni esponenti dei Governi olandese e tedesco, ma la Commissione europea si è subito affrettata a rifiutare categoricamente l’idea. “La partecipazione all’euro è irreversibile e irrevocabile. Non ci sono discussioni di sorta su questa eventualità”, ha tagliato corto Olli Rehn, commissario Ue agli Affari economici e monetari. E aveva ragione. Vediamo perché.

Secondo gli analisti della Banca svizzera, se oggi un Paese periferico dell’area euro tornasse alla vecchia moneta nazionale (lira, dracma, peso o quant’altro) andrebbe incontro ad una svalutazione ben superiore al 20% finora prospettato. Il valore di banconote e monete ormai superate sarebbe inferiore del 50-60% a quello dell’euro. Una manna dal cielo per le esportazioni? Tutt’altro. I vantaggi si dissolverebero in pochissimo tempo, travolti da una reazione a catena terrificante. I default cadrebbero uno sull’altro come le tessere del domino. I primi a soccombere sarebbero i titoli di Stato, seguiti a stretto giro dai bond societari.

La ragione è banale: qualsiasi titolo di debito emesso in euro rimarrebbe sempre e comunque denominato in euro. Rimborsare i capitali diventerebbe così una chimera, figurarsi il pagamento degli interessi (che continuerebbero a lievitare). Gli investitori metterebbero allora una grossa croce nera sul Paese, che quindi non riuscirebbe più a collocare nuovi titoli sui mercati internazionali. Tutto questo, solo nel primo anno di incubo, costerebbe ad ogni cittadino qualcosa come 10mila euro.

Fin qui le conseguenze per paesi periferici come Italia, Grecia o Portogallo. Ma lo scenario non sarebbe molto più rassicurante se ad uscire dall’Eurozona fosse un’economia forte. Prendiamo la più solida di tutte, la Germania. Perfino la locomotiva tedesca dovrebbe assistere impotente al crollo del suo commercio internazionale. L’industria andrebbe a rotoli e il sistema bancario avrebbe bisogno di una generosa ricapitalizzazione. In termini di costi, questo vorrebbe dire tra i 3.500 e 4.500 euro a cittadino, per un impatto complessivo pari a un quarto del Pil. Salvare tre dei famigerati Pigs (Grecia, Irlanda e Portogallo) costerebbe invece circa 1.000 euro ad ogni tedesco. Insomma, “la discussione ‘popolare’ circa l’ipotesi di uscita dall’euro sottostima fortemente le conseguenze”, per dirla con Ubs.

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