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Truffe, Italia sotto attacco degli sciacalli del Covid

Nel secondo trimestre 2020 i crimini informatici sono aumentati di oltre il 250% – L’Osservatorio Cybersecurity di Exprivia ha collegato al Coronavirus la maggior parte dei fenomeni segnalati – Complici l’incremento dello smart working, una carente cultura digitale e sistemi informatici poco sicuri

Truffe, Italia sotto attacco degli sciacalli del Covid

Con la diffusione della pandemia sono aumentati anche gli attacchi informatici a danno dei cittadini italiani. In base al secondo rapporto sulle minacce informatiche nel 2020 in Italia – elaborato dall’Osservatorio sulla Cybersecurity di Exprivia – giugno è il mese in cui si sono verificati il maggior numero degli attacchi, incidenti e violazioni della privacy a danno di aziende, privati e soprattutto PA.

Su 40 fonti di informazione pubbliche è risultato che tra il primo trimestre dell’anno e il secondo, l’incremento è stato superiore di oltre il 250%, con un picco nel mese di giugno (86 attacchi). Gli sciacalli del Coronavirus hanno trovato terreno fertile soprattutto grazie all’incremento dello smart working, il maggior utilizzo dei social network durante la pandemia e la riapertura delle industrie subito dopo il lockdown.

Oltre il 60% degli episodi ha provocato il furto dei dati con una crescita rispetto al primo trimestre del 361%, superando sia le violazioni della privacy (11%) che le perdite di denaro (7%).  Alto è anche il rischio per i sistemi di videosorveglianza e i dispositivi IoT, presi di mira dagli hacker, che già nel primo trimestre hanno messo a punto il potente e pericoloso attacco con il malware MIRAI.

Inoltre, dal report di Exprivia si evince che nel secondo trimestre nel nostro Paese sono cresciuti del 700% gli attacchi di matrice hacktivista, delle vere e proprie pratiche di azione digitale in stile hacker, spesso collegate a campagne internazionali su temi di grande attualità (come “black-lives-matter” e “revenge-porn”).

Bisogna fare anche attenzione alle tecniche di phishing e social engineering (aumentate di oltre il 307% rispetto al primo trimestre), volte ad ingannare l’utente in modo da ottenere i dati finanziari oppure codici di accesso ai servizi a cui è abbonato.

Oltre il 30% dei casi, la modalità di attacco informatico rimane sconosciuta, evidenziando la necessità di elaborare sistemi di protezione più sicuri e adeguati. Invece, circa il 17% degli attacchi è avvenuto tramite malware, software o programmi informatici malevoli, che hanno trovato nel Coronavirus il modo migliore per attirare l’attenzione degli utenti. Come il “Corona Antivurs” o “Covid 9 Antivirus”, un malware che permette ai criminali informatici di entrare nel pc delle vittime per spiarne il contenuto, rubare le informazioni oppure utilizzato per altri attacchi.

Oppure il ransomware “CovidLock”, una tipologia di malware che rende inutilizzabile un sistema ed esige il pagamento di un riscatto in denaro per poterlo ripristinare, che ha preso di mira i sistemi Android quando si cercava di scaricare un’applicazione per avere aggiornamenti sulla diffusione della pandemia.

A prescindere dalla modalità, questi attacchi informatici cercano di trarre vantaggio dall’instabilità emotiva e psicologica degli italiani, ma soprattutto da una “diffusa mancanza di cultura digitale e dall’inadeguatezza con cui le aziende ed enti pubblici proteggono dati sensibili e sistemi informatici”, come ha sottolineato Domenico Raguseo, direttore Cybersecurity Exprivia.

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