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Sud: Pil pro capite inferiore del 41% rispetto al Centro-Nord

Questo il dato più eclatante che emerge dall’ultimo rapporto “Check up Mezzogiorno”, realizzato da Confindustria e dal centro studi Srm di Intesa Sanpaolo – Rispetto ai paesi dell`Unione europea a 27, il dato dell’Italia meridionale è inferiore di oltre il 31%.

Il Sud Italia viaggia a una velocità diversa dal resto del Paese e “non mostra ancora segnali di uscita dalla morsa della crisi, zavorrato com`è da deficit strutturali che non accennano a migliorare”. Queste le conclusioni dell’ultimo rapporto semestrale “Check up Mezzogiorno”, realizzato da Confindustria e Srm (Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, un centro collegato al gruppo Intesa Sanpaolo).

“Gli squilibri – si legge nel documento – riguardano i più diversi ambiti dell`economia e della società meridionale e si condensano in un valore del Pil pro capite inferiore del 41% rispetto a quello del Centro Nord, come accade senza apprezzabili cambiamenti da vari decenni a questa parte. Rispetto ai paesi dell`Unione europea a 27, il dato del Mezzogiorno è inferiore di oltre il 31%. Tuttavia se si guarda Regione per Regione si notano divari più ampi di quelli correlati al solo livello della ricchezza”.

Quelle del Mezzogiorno “sono tra le Regioni più lontane dai target previsti da Europa 2020, ossia dalla strategia per la crescita, inclusiva e sostenibile, fondata sulla conoscenza. Sei delle dieci regioni con il più alto tasso di disoccupazione europeo sono nel Sud Italia, così come sono meridionali quattro delle dieci regioni a maggior rischio di povertà. E, ancora, la quota di spesa in ricerca e sviluppo sul Pil registra al Sud un modesto 0,9%, ben lontano dalla media UE-27 (1,92%) e ancor più dall`obiettivo fissato da Europa 2020 (3%)”.

Quanto all’industria meridionale, per il 95,8% è costituita da imprese con meno di 10 dipendenti. Le analisi sono state svolte da Intesa Sanpaolo su un campione di 6.500 bilanci aziendali. I risultati confermano l’elevato il gap in termini di efficienza della gestione industriale. Tra il 2007 e il 2009 è cresciuta dall’11,7% al 29,9% la quota di imprese il cui equilibrio economico finanziario è entrato in crisi. Le stime dicono che nel 2012 quasi la metà delle imprese meridionali non avrà ancora recuperato del tutto il terreno perso alla fine dello scorso decennio.

“Dalle analisi del Check up – osservano Confindustria ed SRM – si ricavano importanti indicazioni di policy, a cominciare dall’urgenza di intervenire sui fattori di contesto, traducendo quanto prima in misure concrete gli impegni annunciati a più riprese dal Governo dall’autunno scorso (Piano per il Sud) ad oggi (Decreto sviluppo e Manovra finanziaria). Un livello di spesa dei fondi strutturali che di poco supera il 10% dei 43 miliardi assegnati al Mezzogiorno, come anche il progressivo prosciugamento delle risorse del Fas, tagliate per circa 5 miliardi di euro lo scorso anno e, si stima, per ulteriori 4 miliardi nel 2013-14, ci segnalano che senza un rinnovato impegno delle istituzioni, dell’Amministrazione e delle Parti sociali sarà arduo colmare i ritardi del Mezzogiorno ed imboccare stabilmente la via dello sviluppo”.

Allo stesso tempo “occorre che si consolidino i germogli di vitalità che pur tra tante difficoltà stanno affiorando nella struttura produttiva meridionale. Non è un caso che gli atteggiamenti cooperativi si vadano via via rafforzando, come dimostra l’aumento della quota di imprese manifatturiere che ha fatto ricorso al contratto di rete per formalizzare accordi di cooperazione, passata dal 4,8% nel 2009 al 6,7% nel 2010”.

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