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Serbia: Intesa Sanpaolo mantiene basso il rating del Paese più ottimista S&P

Dopo gli ultimi anni in balia della recessione “a W”, la Serbia potrebbe migliorare la performance già positiva della propria economia nazionale. Il nuovo governo pro-Europa, la fine della recessione, la crescita industriale e l’inflazione in calo non mettono però d’accordo tutti gli osservatori: Fitch e Intesa SP declassano il Paese, più positiva S&P.

Serbia: Intesa Sanpaolo mantiene basso il rating del Paese più ottimista S&P

Dalla recessione che l’aveva colpita nel 2009, la Serbia sembra essersi ripresa. Gli anni appena trascorsi sono stati in balia di quella che verrà, almeno localmente, ricordata come la recessione “a W” tutta Made in Serbia. Infatti, a partire dal 2009, anno in cui il PIL del Paese si era contratto di ben 3,5pp, la performance della Repubblica dei Balcani è stata piuttosto incerta: dopo le dinamiche positive del 2010 e del 2011, nel 2012 il PIL serbo era nuovamente calato (-1,5%). Il 2013 ha segnato l’uscita dell’economia nazionale da questo clima di incertezza e si prevede che il 2014 possa effettivamente continuare sulla scia di questi ultimi eventi positivi.

L’analisi sulla performance economica della Serbia è solo una parte della Scheda Paese rilasciata lo scorso marzo dal Servizio Studi e Richerche di Intesa Sanpaolo (a cura dell’economista Antonio Pesce). Il report propone, infatti, un quadro piuttosto completo dell’attuale situazione politico-economica in Serbia, quadro che, a nostro avviso, si potrebbe definire positivo.

Da un punto di vista politico, le elezioni appena trascorse – che hanno portato alla guida del Paese il presidente del Partito Progressista serbo, Alexander Vucic – sembrano poter rappresentare un nuovo inizio per la Serbia: lasciatosi alle spalle la recessione degli ultimi anni, il Paese si avvia a essere guidato da un partito proeuropeo (che verosimilmente favorirà l’avvicinamento e l’integrazione con l’Ue) e da un Primo Ministro che pare essere pronto ad apportare importanti cambiamenti al sistema socio-economico serbo (crediti alle banche per favorire il settore privato, emersione dell’economia sommersa, concessioni gratuite di terreni edificabili, ecc.).   

Anche da un punto di vista economico, la performance serba appare piuttosto soddisfacente. Come riportato prima, il Paese è recentemente uscito da una fase recessiva della propria economia. La spinta alla ripresa economica della Serbia è stata sicuramente trainata dalla crescita della produzione industriale (+3,8% a gennaio di quest’anno) e del settore privato. L’inflazione nazionale non ha rappresentato un ostacolo all’uscita del Paese dalla recessione in quanto, nel 2013, essa ha raggiunto il suo minimo storico, aggirandosi intorno al 2% (soprattutto grazie alla spinta dei prodotti alimentari i cui prezzi sono rimasti molto bassi). Il rapporto deficit pubblico/PIL è calato attestandosi intorno al 4,8% e spingendo il MEF a dichiarare di volerlo ridurre ulteriormente. Sempre Intesa Sp, riporta che il Paese sia dotato di un sufficiente rapporto tra riserve ufficiali e debito estero, abbastanza dunque da scongiurare eventuali allarmismi da parte degli operatori internazionali.

Alla Serbia, in definitiva, si potrebbero attualmente “contestare” pochi aspetti. Anzitutto la debolezza della domanda interna specialmente da parte delle famiglie e del settore pubblico. Una debolezza, per di più, accompagnata da una maggiore richiesta di importazioni rispetto al volume delle esortazioni del Paese che ha avuto inevitabilmente delle ripercussioni sulla bilancia commerciale del Paese, portando la stessa a ritrovarsi in una situazione di disavanzo. Tuttavia, il tallone d’Achille della Serbia, specialmente dal punto di vista degli operatori internazionali, rimane il governo dell’economia (in generale) e il rapporto debito pubblico/PIL (in particolare). Il debito pubblico del Paese rispetto al Prodotto Interno Lordo è difatti aumentato del 4,4% se lo si confronta con lo stesso valore dell’anno precedente. Nello specifico, dacché il debito pubblico si attestava intorno al 60% del PIL nel 2012, nel 2013 c’è stato un incremento dello stesso fino a rappresentare il 64% del PIL del Paese. Secondo quanto affermato dalla studio di Intesa Sp, per evitare che tale rapporto continui a crescere, sarebbe necessario riuscire a raggiungere un un deficit pubblico inferiore al 4,3% del PIL. Quest’ultimo dato rappresenta ormai un target per il Governo serbo da raggiungere entro e non oltre il 2015. 

Nonostante i risultati raggiunti, il rating della Serbia è stato di recente rivalutato da parte dell’agenzia Fitch che, ad oggi, considera la Repubblica dei Balcani come un Paese “more vulnerable” (da BB- a B+), ovvero, propenso a modificare il proprio atteggiamento in direzione di una non onorabilità dei propri debiti internazionale. Va detto, però, che l’opinione espressa da Fitch non è stata accompagnata da un eguale cambio di rotta da parte di altri operatori internazionali quali, ad esempio, S&P. 

Nell’analisi del Paese, il Servizio Studi e Ricerca di Intesa Sp è propenso ad appoggiare il declassamento di Fitch piuttosto che il mantenimento dello status quo di S&P. E ciò anche alla luce delle considerazione circa la soddisfacente disponibilità di riserve ufficiali del Paese e un reserve cover ratio superiore all’unità (circa 2,2). 

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