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R&S (Mediobanca): le banche crescono di dimensione, ma solo quelle europee si internazionalizzano

Pubblicata l’indagine annuale del servizio studi di Mediobanca. Proseguono gli accorpamenti tra gli istituti, ma quelli americani e giapponesi si concentrano sui mercati domestici. Le prime due banche di ogni Paese superano il Pil nazionale. Profili di rischio moderati per i due big italiani. Evidenti le criticità delle Landesbank tedesche.

R&S (Mediobanca): le banche crescono di dimensione, ma solo quelle europee si internazionalizzano

La R&S, la società di Mediobanca che dal 1970 compie studi economici e finanziari, ha completato l’ottava edizione dell’indagine sulle principali banche con sede in Europa, Giappone, Stati Uniti e Cina, evidenziando come dal 2000 al 2009 gli istituti presi in esame abbiano aumentato in modo considerevole la loro dimensione. La crescita dimensionale è avvenuta sia per effetto dello sviluppo interno che a seguito di fusioni ed acquisizioni. Per effetto di queste ultime il numero delle banche considerate è sceso da 99 (nel 2000) a 61 del 2009, con una “perdita” di 20 unità negli Stati Uniti, 10 in Europa e 8 in Giappone. L’indagine evidenzia anche il maggiore grado di internazionalizzazione delle banche europee rispetto a quelle di usa e Giappone, che risultano invece, con l’eccezione delle maggiori, essenzialmente concentrate nei mercati domestici. All’interno del quadro europeo e sotto il profilo del rischio la ricerca evidenzia alcune differenze sensibili tra il sistema bancario italiano e quelli dei principali paesi europei. Se i dati sul core tier I non vedono i nostri istituti nelle posizioni alte della classifica sotto il profilo delle ‘leva’ la media delle banche europee prese in esame è di 27,4, mentre Intesa Sanpaolo e Unicredit si fermano a quota 22,1 e 21,5. Un profilo di rischio ulteriormente moderato dalla bassa esposizione ai derivati (7% e 9,3% rispettivamente) contro 34,5% di Deutsche Bank, il 33,3% di Ubs e il 29,4% di Royal Bank of Scotland. La ricerca evidenzia anche alcune criticità nei bilanci delle sette maggiori Landesbank statali tedesche, esaminati per il triennio 2007-09: le perdite aggregate del biennio 2008-09 sono pari al 117% e al 26% dei ricavi rispettivamente. Tali perdite rappresentano un terzo dei mezzi patrimoniali di inizio periodo. Tra le cause principali, la cattiva qualità dei crediti e del portafoglio titoli, che hanno comportato pesanti svalutazioni al conto economico, cui si aggiunge, nel 2008, il risultato fortemente negativo dell’attività di negoziazione. Nonostante le consistenti svalutazioni al conto economico – oltre ad altre operazioni finanziarie volte a portare le attività rischiose fuori bilancio – i crediti dubbi rappresentavano ancora il 39% del capitale netto alla fine del 2009, ben 18 punti in più della media europea. Le dieci banche cinesi esaminate nell’indagine (2004-2009) sono per la quasi totalità riconducibili a controllo o influenza dominante dello Stato (una sola fa interamente capo a capitali privati). In alcuni istituti si riscontrano significative partecipazioni da parte di banche europee, anche se gli investitori esteri non possono detenere più del 20% del capitale delle banche locali. Le principali banche di investimento, sottolinea la ricerca, hanno incrementato nel 2010 i ricavi di quasi il 9%, grazie alla crescita delle commissioni nette (+16,7%), che da sole rappresentano metà dei ricavi, e dei proventi da negoziazione (+12,7%). La struttura dei costi si caratterizza soprattutto per l’elevata incidenza del costo del lavoro che ha toccato nel 2010 il 52% dei ricavi (per le banche commerciali europee tale incidenza è del 35%, per quelle statunitensi del 30%). La ricerca completa è scaricabile, assieme a tutte le tabelle che la corredano, dal sito: http://www.mbres.it/ita/res_pubblicazioni/banche.htm

Pubblicato in: News

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