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Oggi Draghi replica alla Buba sul Qe e i mercati aspettano le parole della Yellen

Stasera il presidente della Bce Mario Draghi replicherà alla Bundesbank che vorrebbe un passo indietro sul Qe – Attesa per l’intervento di mercoledì della Yellen sui tassi Fed – Nel 2015 politiche monetarie espansive per 24 banche centrali – Goldman Sachs vede l’euro a 0,80 sul dollaro fre due anni – Marchionne pensa alle alleanze e studia le nozze Fca-Gm.

Oggi Draghi replica alla Buba sul Qe e i mercati aspettano le parole della Yellen

Partenza al rallentatore delle Borse asiatiche. In lieve ribasso i listini Asia Pacific. Sale dello 0,2% Tokyo, in attesa dei risultati del meeting della Banca centrale che dovrebbe confermare gli acquisti di titoli sul mercato. Fa eccezione Shanghai (+1%). L’indice è vicino ai massimi del 2009. Anche qui gli acquisti sono legati alle prossime mosse espansive della banca centrale. L’euro è poco sopra 1,05 sul dollaro. In apertura dei mercati è scivolato.

Ma i riflettori dell’economia globale sono già concentrati sulla riunione della Federal Reserve. Mercoledì sera, gli operatori leggeranno con la massima attenzione le parole del comunicato della banca centrale al termine della riunione del comitato monetario. Se non figurerà più la parola “paziente attesa” a proposito del rialzo dei tassi americani, vorrà dire che la Fed si accinge ad aumentare, di poco, il costo del denaro a giugno o, al massimo ad ottobre, come potrebbe lasciare intendere un’altra invenzione lessicale. 

GOLDMAN: EURO A 0,80 NEL 2017. DRAGHI REPLICA ALLA BUBA 

Da inizio 2015 sono 24 le banche centrali che hanno abbassato i tassi o adottato misure monetarie espansive. In settimana hanno tagliato i tassi la Corea del Sud e la Thailandia, preceduti da Australia, Singapore ed India. L’ultima in ordine di tempo è stata la Russia che venerdì scorso ha tagliato il tasso di sconto al 14%. Nei prossimi giorni toccherà alla Norvegia. Intanto in Turchia Erdogan ha definito “nemico della patria” chi, come il governatore della banca centrale, non intende abbassare il costo del denaro. 

Da non trascurare in settimana nemmeno la riunione della Banca Nazionale Svizzera, la prima dopo la decisione di sganciare il franco dall’euro. Intanto stasera parlerà Mario Draghi: sarà l’occasione per rispondere alla Bundesbank che già chiede un passo indietro dal Qe. 

SI VOTA IN ISRAELE, MENO TASSE A LONDRA

Altre partite, sia finanziarie che geopolitiche, avranno grosso rilievo nella settimana. Procede, in maniera alterna, il braccio di ferro tra l’Eurogruppo e la Grecia. Riflettori accesi martedì sulle elezioni in Israele, decisive per lo sviluppo del negoziato a Ginevra sul nucleare iraniano, ultima occasione di scontro a Washington tra la Casa Bianca e la maggioranza repubblicana. Mercoledì George Osborne esporrà ai Comuni l’ultima legge finanziare prima delle elezioni di maggio. Sarà l’occasione per annunciare tagli di imposte dopo gli anni dell’austerità.

BORSE, TESTA A TESTA FRANCORTE-MILANO 

La prima settimana del QE ha premiato le Borse della zona euro sostenute dagli acquisti della Bce e delle banche nazionali. Il Dax di Francoforte, ai massimi di sempre, e Piazza Affari guidano la classifica dei rialzi con un guadagno da inizio 2015 intorno al 20%. Nell’ultima settimana Milano è cresciuta dell’1,24%. La Borsa italiana resta lontana sia dai massimi assoluti (-54%, toccato il 10 marzo 2000) che dal icco del maggio 2007 (-48%) ma dai minimi del giugno 2012 ha recuperato il 71%.

Ottima la performance di Parigi (+17%).  Più staccata Madrid (+7%), frenata dall’incertezza del quadro politico: la crescita di consenso di Podemos, partito della sinistra radicale spagnola ispirato al movimento di Tsipras in Grecia, non piace agli investitori esteri. Modesta la performance di Londra +2%. Il Qe giapponese, stimolato dall’Abenomics, ha sostenuto la Borsa giapponese (Nikkei +10%), sui massimi dal 2000.

WALL STREET SEGNA IL PASSO. TREMA IL BRASILE

Al contrario, la prospettiva di un rialzo dei tassi da parte della Fed ha fortemente rallentato la marcia dei listini Usa: dall’inizio del 1015 il Dow Jones arretra del’1%, l’S&P 500 dello 0,7%. Solo il Nasdaq, grazie ai titoli pharma e a Apple sale del 2,3%. A condizionare i mercati è stata soprattutto la rivalutazione del dollaro: per un investitore di Eurolandia il dato del Dow Jones si trasforma in un +14% se si tiene conto della svalutazione del dollaro contro euro. Nel mese di febbraio ci sono stato disinvestimenti per 33,6 miliardi di dollari dai fondi azionari Usa. In parallelo sono cresciute le sottoscrizioni dei fondi azionari europei per 33,6 miliardi. 

Da rilevare ancora la massiccia caduta della Borsa brasiliana (-4%): a complicare la marcia del Bovespa, oltre alle tensioni sui tassi, sono i contraccolpi dello scandalo tangenti (Petrobras) che si estende a macchia d’olio a tutta la classe politica locale.

AUTO IN POLE POSITION. FCA GUARDA A GM

Tra i test borsistici della settimana spicca la verifica dello stato di salute dell’automotive europeo, uno dei settori benedetti dal quantitative easing. Il salone di Ginevra ha confermato la forza dei produttori di fascia alta, pronta ad invadere i segmenti inferiori. In settimana verranno annunciati i risultati di Bmw e Porsche. Sotto i riflettori, però, sarà ancora una volta Fiat Chrysler +4,6% venerdì, per la prima volta sopra la soglia dei 15 euro per la prima volta dal 1998 con un prezzo finale di 15,60 euro. Da inizio 2015 il titolo guadagna il 62%.

In attesa del collocamento di una quota Ferrari (tra il 10 ed il 20%) ad una valutazione “molto superiore ai 7 miliardi”, come chiede lo stesso Marchionne, tiene banco il tema delle nuove alleanze in arrivo per il gruppo. Marchionne ha smentito la pista Volkswagen e raffreddato quella che porta a Psa. Più calde le ipotesi Usa: in particolare Gm, che ha appena aderito alle richieste dei fondi azionisti. Le alleanze, aveva detto Marchionne, saranno inevitabili per resistere alle pressioni di hedge ed activist. 

ENI, PROVA D’APPELLO DOPO IL TONFO

Eni prova a risollevare la testa dopo la brusca caduta di venerdì: -4,6%, a 15,58 dopo aver toccato un minimo di 15,15 euro. La caduta è stata provocata dall’annuncio che il dividendo del 2015 sarà di 0,80 euro, da 1,12 euro del 2014. Un taglio che ha colto di sorpresa più di un broker: Mediobanca si aspettava un taglio a 1 euro. Qualche analista puntava alla conferma. Inoltre il piano industriale al 2018 prevede una crescita media annua della produzione di idrocarburi del 3,5%, a partire da 1,598 milioni di barili giorno di fine 2014.

Eni cederà asset per 8 miliardi di euro nell’arco piano e ridurrà del 17% gli investimenti. Saranno vendute quote di minoranza nei giacumenti di Mozambico, Congo ed Angola, più le quote residue in Galp e asset maturi nel mare del Nord e nel golfo del Messico. Sospeso il piano di buy back.

MARKET MOVER. ENEL, MPS E FINMECCANICA

Tra gli appuntamenti della settimana spicca la presentazione del business plan di Enel, in programma il 20 marzo a Londra, il giorno dopo l’approvazione dei conti 2014. L’utile ordinario netto del colosso elettrico si confermerà attorno ai 3 miliardi su cui verrà calcolato il dividendo. Ma sul risultato netto di gruppo peseranno le svalutazioni decise dall’ad Francesco Starace. Si prevede infatti la svalutazione di asset nell’ordine di almeno 1-2 miliardi, in linea con quanto deciso dai competitor E.On e Gdf (rispettivamente 4,5 e 2 miliardi), dopo aver preso atto che non è prevista una prossima ripresa dei consumi. Mercoledì è in programma anche il cda di Finmeccanica. 

Domani il cda la Fondazione Monte Paschi si riunirà per approvare la lista di maggioranza per il nuovo coniglio in vista dell’assemblea di metà aprile che approverò l’aumento di capitale per 3 miliardi da eseguire tra maggio e giugno. Nell’elenco ci sarà anche il nome di Alessandro Profumo che ha accettato una “nomina a termine”. Il banchiere infatti lascerà Siena dopo l’esecizione dell’aumento di capitale. 

FIERA MILANO SOTTO TIRO IN PIAZZA AFFARI

Si annuncia un avvio infuocato per Fiera Milano. La settimana è stata costretta a rinviare l’approvazione del bilancio di fronte alla richiesta dei revisori di svalutare i valore della controllata Fiera Milano Media di una cifra così ingente da provocare una perdita superiore ad un terzo del capitale.

La Fondazione Fiera Milano, che detiene il 62% del capitale, “ha espresso – recita una nota – forte perplessità e stupore per tale improvvisa decisione della controllata Fiera Milano che riflette evidentemente una situazione del conto economico più grave di quanto previsto dagli analisti”. L’azionista preannuncia un atteggiamento “vigoroso” auspicando che gli amministratori “pogano fine senza indugio alla situazione di incertezza”.

Parole forti che non bastano a dissipare la sensazione di una governance leggera che ha consentito il progressivo depauperamento del patrimonio: da 70,7 milioni a livello consolidato dell’esercizio a fine 2011 ai 37,6 milioni di fine 2013. 

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