Condividi

Legumi: il riscatto dell’umile Piattella di Cortereggio, il fagiolo a rischio di estinzione scelto come cibo della Stazione Spaziale Europea

L’antica consuetudine delle famiglie canavesane di cuocere i fagioli in pignatte di terracotta che venivano portate al forno del pane del paese. La scoperta delle formidabili proprietà nutraceutiche. Col Presidio Slow Food si punta a riqualificare turismo ed enogastronomia della zona

Legumi: il riscatto dell’umile Piattella di Cortereggio, il fagiolo a rischio di estinzione scelto come cibo della Stazione Spaziale Europea

Oh gran bontà dei tempi antichi, verrebbe da dire, parafrasando la celebre considerazione di Ludovico Ariosto nel primo canto dell’Orlando Furioso quando si parla della Piattella canavesana di Cortereggio. Un nome che rievoca alla mente antiche scene di vita contadina, quasi uscite da una scena da l’Albero degli zoccoli, la grande elegia di un mondo contadino scomparso magicamente ricreata da Ermanno Olmi. Una vita fatta di duro lavoro nei campi, di sacrifici, di antiche regole, di riti arcaici, e poi di momenti di allegra condivisione quando ci si ritrovava attorno al forno del paese per cuocere il pane per casa. Era il momento in cui le donne approfittando dell’attesa si scambiavano confidenze, racconti, commentavano la vita della comunità, confessavano gioie e dolori.  Il collegamento con il forno del pane che riuniva attorno a sé il villaggio non è casuale quando si parla della Piattella canavesana, un fagiolo di antica storia importante testimonianza di quell’immenso patrimonio di biodiversità di cui l’Italia spesso è distratta custode, che per un soffio è stato salvato dalla sua estinzione.

Ogni sabato infatti era consuetudine fin dai tempi antichi nelle famiglie del paese cuocere i fagioli, la carne dei poveri,  in pignatte di terracotta che venivano portate al forno della collettività, usato in precedenza per la cottura del pane e qui i fagioli venivano cotti lentamente per 24 ore insieme a cotiche di maiale, lardo, zampino, cipolla e aromi per insaporire i pranzi durante tutta la settimana. Ogni famiglia aveva la propria pignatta, fabbricata dagli artigiani del vicino paese di Castellamonte, noto per la sua tradizione ceramista

Quando le famiglie portavano le pignatte a cuocere nel forno del pane

Come accaduto in Italia per molti altri prodotti, in particolare i legumi, la produzione del fagiolo canavesano era stata abbandonata nel corso del tempo, per difficoltà di coltivazione.

Eppure un tempo a Cortereggio, piccolo borgo del canavese fondato dai Romani nei terreni profondi e ricchi di acqua vicino al torrente Orco questi fagioli bianchi, reniformi e piuttosto piatti crescono meglio che altrove con la caratteristica che grazie alla bassa concentrazione di calcio nel terreno, sviluppano una buccia molto sottile.

Fin da bambini tutti gli abitanti di Cortereggio si dedicavano alla semina e alla raccolta dei fagioli nei campi di granoturco, una tradizione così radicata che le piattelle erano diventate una importante risorsa economica per questo paese. Ogni famiglia aveva i suoi clienti fissi che arrivavano da tutto il canavese, i soldi guadagnati servivano per acquistare l’uva nel Monferrato tanto che, a volte, le piattelle erano usate direttamente come merce di scambio con l’uva.

Tradizionalmente si seminavano insieme al mais, così il fagiolo poteva avvitarsi attorno al fusto robusto della meliga, che faceva la parte quindi del tutore. Alla raccolta si passava pazientemente tra i filari di mais cogliendo i baccelli a mano uno per uno.

Data la difficoltà della coltivazione nel mais e della raccolta, solo pochi abitanti hanno continuato a seminarla per autoconsumo nostalgico, continuando a riprodurre il seme in famiglia e conservandolo fino ad oggi, in quantità minime, salvandolo così dall’estinzione.

Il Presidio Slow Food punta sulla Piattella per riqualificare turismo ed enogastronomia della zona

Ma il santo salvatore della Piattella è un agricoltore di Cortereggio, Mario Boggio, che nel 1981 ebbe l’idea di consegnare alla banca del germoplasma dell’Università di Torino pochi chilogrammi di fagioli per conservarne la semente.

Poi è venuto il Presidio Slow Food che ha acceso i riflettori sull’umile fagiolo canavesino attirando interesse e prospettando concrete possibilità di economie. Il Presidio si è proposto di recuperare e promuovere la tradizione della Piattella, coinvolgendo in futuro anche altri coltivatori locali e lavorando con altri enti del territorio per riqualificare anche dal punto di vista turistico ed enogastronomico questo grazioso angolo di canavese.

Ed è stato costituito anche un Comitato per la tutela della Piattella canavesana di Cortereggio, formato da chi si è impegnato a seminare nuovamente il fagiolo, dagli abitanti del piccolo borgo e da amici e simpatizzanti che vogliono contribuire a riportare sul mercato questo fagiolo.

Ancora oggi, la Piattella Canavesana di Cortereggio viene raccolta a mano, battuta a mano, vagliata a mano, invasettata a mano grazie al duro lavoro della Cooperativa.

La scoperta delle formidabili proprietà nutraceutiche, inserito nel menù della stazione spaziale guidata da Samantha Cristoforetti

E poi, ironia della sorte, il povero fagiolo tenuto in vita solo da qualche coltivatore nostalgico, avviato sulla via dell’estinzione, ha rivelato tante qualità nutraceutiche straordinarie, fra cui fondamentale il suo bassissimo apporto di zuccheri complessi, da essere stato inserito nell’alimentazione degli astronauti della missione spaziale europea Iss Expedition 42/43 guidati da Samantha Cristoforetti, prima donna italiana negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea e prima donna europea comandante della Stazione spaziale internazionale che nel 2014  ha conseguito il record europeo e il record femminile di permanenza nello spazio in un singolo volo per ben sei mesi.

Commenta