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Guido Roberto Vitale e le battaglie per un’Italia migliore

Finanziere, innovatore, convinto liberal-democratico, Guido Roberto Vitale ci mancherà molto in questa fase politica ed economica di estremo pericolo. C’è da augurarsi che molti seguano la sua scia per tenere alta la modernizzazione del Paese

Guido Roberto Vitale e le battaglie per un’Italia migliore
Con Guido Roberto Vitale eravamo amici. Non una semplice conoscenza di lavoro tra un giornalista economico ed un finanziere. Negli anni settanta a Milano eravamo entrambi giovani e cercavamo di innovare il modo di fare giornalismo e la foresta pietrificata della finanza. Una delle prime importanti operazioni che lui ha seguito è stata la conquista da parte di Carlo De Benedetti della Olivetti. Come giornalista avevo in lui una preziosa fonte di informazioni. Io non tradivo la sua fiducia, ma in cambio lui non mi rifilava “polpette avvelenate”, cioè notizie false o distorte.
  Da allora ci siamo sempre frequentati con maggiore o minore intensità , e gli argomenti dei nostri incontri si sono via via ampliati dalla finanza, agli assetti economici complessivi dell’Italia e alle questioni più squisitamente politiche specie negli ultimi tempi quando era necessario interrogarsi sulle ragioni profonde che avevano condotto il paese nelle mani di un governo populista e sovranista, quanto di più lontano si possa immaginare dalla nostra cultura e dalle nostre convinzioni liberal-democratiche.
   Guido Roberto aveva individuato già da molti anni nella debolezza della borghesia italiana, oggi si direbbe dell’élite, una delle cause principali del mancato consolidamento del grande balzo in avanti fatto dal nostro paese nel secondo dopoguerra. Una borghesia debole non tanto economicamente quanto sotto il profilo culturale e politico. Non è questione di capitalisti senza capitali, ma al contrario di capitali senza imprenditori. L’ultimo libro edito dalla Vitale&Co, presentato appena due settimane fa nella milanesissima Società del Giardino in una affollatissima sala composta anche da molti giovani, individua  tra i mali dell’ Italia proprio la ritrosia degli imprenditori verso l’innovazione non solo delle tecnologie di fabbrica, quanto dei rapporti con la finanza e con la politica.
  Insomma troppi imprenditori italiani hanno cercato rifugio presso una finanza protettiva, come era quella della Mediobanca di Cuccia o verso un mondo politico disposto a dare sostegni, in cambio di non essere disturbato nei propri giochi per il potere e nella coltivazione delle proprie clientele. Ma è stata una pratica miope che ha portato alla scomparsa delle grandi aziende, per fortuna sostituite da una serie di medie imprese che hanno saputo conquistare i mercati internazionali e che da sole consentono un forte attivo della nostra bilancia commerciale.
  L’economia di mercato ed il capitalismo sono l’unico sistema capace di fare uscire dalla povertà milioni di persone, come ha scritto nella prefazione dell’ultimo libro da lui edito. Ma deve essere un mercato ben regolato dalla autorità pubbliche, ed un capitalismo basato su persone consapevoli di avere doveri nei confronti non solo delle loro aziende, ma anche della società nel suo complesso. Ed invece troppi guardano al beneficio immediato e trascurano le conseguenze delle loro azioni sul complesso del sistema. Troppi imprenditori che hanno raggiunto fama e ricchezza approfittano dei piccoli e grandi regali dello stato assistenziale. In troppi cercano di allontanarsi dal fisco  o dalla Giustizia italiane. Pochi ritengono loro dovere fare una battaglia per cambiare le cose, per avere delle istituzioni ben funzionanti e più trasparenti. e ciò anche se la trasparenza a volte può danneggiare i loro interessi immediati.
   Ma le ragioni del declino italiano sono molte e complesse. Purtroppo molti innovatori, come era certamente Vitale, non hanno trovato una sponda politica capace di sfidare i troppi conservatorismi, a cominciare da quelli della pubblica amministrazione e dei sindacati, e quindi le loro giuste intuizioni sono state vanificate dalle spinte corporative, quelle sì di casta, che puntavano a difendere la loro nicchia di privilegio senza accorgersi che prima o poi il declino avrebbe travolto tutti. Ogni tanto si accendeva una fiammella di speranza: compariva sulla scena un leader che sembrava adatto a fare quel rinnovamento tanto atteso. Ma poi per una ragione o l’altra questa illusione svaniva e ci si ritrovava sempre un pò più indietro. Guido Roberto Vitale ci mancherà molto, specie in una fase politica ed economica di estremo pericolo. C’è da augurasi che molti altri avranno voglia di mettersi sulla sua scia e tenere alta la bandiera della modernizzazione del paese.

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