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Dalla panchina alle stelle: parabola di Salah, l’egiziano che fa sognare Firenze

Il ventiduenne egiziano, arrivato dal Chelsea come contropartita nell’affare Cuadrado, in un mese ha già conquistato Firenze, segnando 6 gol in 7 partite, tra cui la doppietta che ha steso la Juve allo Stadium – E ora ci si chiede come mai uno così non giocava mai in Inghilterra.

Dalla panchina alle stelle: parabola di Salah, l’egiziano che fa sognare Firenze

Lo sconosciuto

Alzi la mano chi l’aveva sentito nominare prima dello scorso gennaio. Mohamed Salah, il Messi d’Egitto, oppure il Faraone, che tanto tutti quelli che vengono da quelle parti sono un po’ faraoni, per noi. Chi l’aveva seguito durante l’anno e mezzo a Basilea (gli esordi in patria li tralascio, chè mi sembra improbabile), o durante l’anno al Chelsea (da gennaio 2014 a gennaio 2015), dove il ventiduenne egiziano che fa sognare Firenze scaldava più panchine che cuori.

Era comparso nelle cronache sportive nostrane verso fine dicembre, quando si era parlato di un’interesse della Roma, prima che Sabatini virasse sull’accoppiata Ibarbo-Doumbia (e chissà se il tempo sarà galantuomo con l’ala colombiana e il centravanti ivoriano, ma magari qualcuno, dalle parti di Trigoria, ora si sta mangiando le mani), poi era finito alla Fiorentina con un’etichetta ben stampata sul collo, di quelle che non autorizzano troppi voli pindarici, quella di “contropartita tecnica“.

Un pacco regalo, in poche parole, anche se, si dice, fortemente voluto da Pradè e Montella. Dateci Cuadrado e noi vi diamo trenta milioni e già che ci siamo vi aggiungiamo quest’altro, che tanto a noi non ci serve.

Riserva nel Chelsea, fenomeno a Firenze

Aveva giocato 13 partite nel suo anno con i blues, Salah, perlopiù spezzoni, segnando la miseria di 2 gol. Già, il gol, che, se uno va a guardare le statistiche della sua breve carriera (in fondo ha solo 22 anni) non è mai stato la sua specialità. Con il Basilea, in Svizzera, ne aveva segnati 9 in un campionato e mezzo. 

Tre in più di quanti non ne abbia segnati in un mese a Firenze. Sei in sette partite, più un assist. Gol pesanti, tra l’altro: quello che ha indirizzato definitivamente il ritorno di Europa League con il Tottenham, per esempio, oppure quello che ha deciso la sfida di San Siro contro l’Inter, ma soprattutto la doppietta dello Juventus Stadium, con cui il Messi d’Egitto ha steso gli eterni campioni d’Italia nel loro fortino (l’ultima a riuscirci era stato il Bayern quasi 2 anni fa), guadagnandosi un posto d’onore nel cuore di tutti i tifosi viola.

Due gol che sono una summa del Salah visto finora. Velocità, tecnica, freddezza. Un coast to coast da area ad area chiuso con un sinistro perfetto. Poi una palla sporca rosicchiata ad un avversario e messa dentro come se fosse la cosa più semplice del mondo.

E forse qualcuno, ora, si sta chiedendo come mai non lo sapessimo prima, che questo era tanto forte. Come mai uno come Mourinho (che non è un Paperino, ma che infallibile non è: vedi Quaresma) se n’è liberato tanto facilmente e così via. E forse alcuni risponderanno che è perchè il nostro calcio è decaduto, che è sempre una risposta buona, e lo scarto di una big inglese dalle nostre parti fa la differenza.

Oppure qualcuno parlerà di maturazioni improvvise, di fiducia dell’ambiente, di motivazioni tattiche e così via, di stato di grazia, dimenticando forse l’unica verità: il calcio è una materia misteriosa e inaffidabile. E tutti quelli che ne sono coinvolti, da chi ne parla a chi lo fa, sono umani, e dunque fallibili. E forse non durerà, ma forse Salah aveva solo bisogno di giocare, per dimostrare a tutti quanto era forte.

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